Tassazione crypto in Italia: aggiornamenti e colpi di scena

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Tassazione crypto in Italia: a che punto siamo? Gli eventi si sono succeduti molto in fretta, e con essi le dichiarazioni. Vediamo di riassumere e aggiornare la questione.

In seguito alle ormai celebri dichiarazioni del Viceministro all’Economia Maurizio Leo circa la volontà di innalzare il prelievo fiscale sulle plusvalenze da criptoattività al 42%, si è scatenato un effetto domino di critiche, dichiarazioni e controdichiarazioni, nonché di prevedibili reazioni del mondo sia politico che degli operatori di settore, che ancora perdura, costellato peraltro da veri e propri colpi di scena.

In questo articolo cercheremo di riassumere tutta la vicenda, aggiornando puntualmente i termini della questione e aggiungendo quanto accaduto nel frattempo.

Tassazione crypto in Italia: verso fine anno…

La Legge di Bilancio 2025 si prospetta complessivamente come un iter legislativo particolarmente articolato, ivi comprese le nuove disposizioni sulla tassazione delle criptovalute, accompagnate dalle relative polemiche sorte in questi ultimi giorni. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha recentemente depositato in Parlamento la versione preliminare del testo, che sta già generando significative discussioni. La scadenza per l’approvazione definitiva è fissata al 31 dicembre 2024.

Il documento dovrà attraversare un duplice passaggio parlamentare, richiedendo l’approvazione sia della Camera dei Deputati che del Senato della Repubblica. Nonostante l’attuale governo goda di una maggioranza parlamentare formalmente solida, che teoricamente garantirebbe un’approvazione quasi certa, il testo attuale potrebbe subire modifiche sostanziali durante l’iter legislativo, anche in ragione delle non poche dispute interne affiorate subito dopo le dichiarazioni del Viceministro all’Economia Maurizio Leo durante la conferenza stampa del 15 ottobre.

Si tratta di dichiarazioni che, giova ricordarlo, non solo non sono state minimamente smentite dal Ministro Giancarlo Giorgetti, ma addirittura risultano confermate da una generale riluttanza del medesimo verso il mondo crypto in generale, ritenuto, come confermano sue recenti uscite pubbliche, fonte di grande rischio per l’investitore.

La questione cruciale della tassazione crypto

La proposta più dibattuta riguarda l’articolo 4, comma 2, che prevede un incremento significativo dell’aliquota sulle plusvalenze da criptovalute, portandola dall’attuale 26% a un considerevole 42%. Una misura che ha sollevato preoccupazioni non solo intrinsecamente legate al malcontento per un così corposo incremento di punti percentuali sulla plusvalenza da cashout, ma anche per il potenziale impatto indiretto sul settore crypto italiano, con il rischio concreto di una fuga di capitali verso giurisdizioni fiscalmente più vantaggiose, come la Svizzera.

La Lega, seconda forza politica della maggioranza, ha manifestato la propria contrarietà alla misura, annunciando la presentazione di emendamenti. Tuttavia, la situazione politica presenta alcune complessità: la proposta originale proviene dal viceministro Maurizio Leo, esponente del partito in assoluto maggioritario anche all’interno delle forze di governo, ossia Fratelli d’Italia; il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti appartiene a sua volta alla Lega; l’opposizione difficilmente sosterrebbe un emendamento proposto comunque da una forza di maggioranza. Almeno, non lo farebbe utilizzando il dettato preciso e puntuale, nero su bianco, di chi a rigore è e resta un avversario politico.

Gli scenari più probabili si delineano quindi in due direzioni: o il mantenimento dell’aliquota al 42%, come deciso; oppure l’approvazione di un’aliquota intermedia tra il 26% e il 42%, per mitigare il dissenso interno attraverso una forma di compromesso.

L’ipotesi di una completa eliminazione della norma appare invece poco realistica, considerando il contesto politico e istituzionale. La percentuale finale dell’aliquota rimane oggetto di discussione, e la Lega non ha ancora specificato quale valore alternativo intenda proporre.

La necessità di bilanciare le diverse posizioni politiche e gli interessi economici in gioco renderà il dibattito parlamentare particolarmente significativo nelle prossime settimane.

Capaccioli e il colpo di scena: l’aliquota del 12,5%

Come se non bastasse, la notizia del momento è certamente quella della scoperta di una “falla” pregressa nell’intero sistema del prelievo fiscale da cripto-attività in Italia, evidenziata dal commercialista ed esperto di fiscalità e asset finanziari Stefano Capaccioli.

Attraverso un’analisi approfondita del dettato legale in vigore dalla manovra 2022, infatti, Capaccioli è riuscito a dimostrare quanto la sola aliquota effettivamente in vigore stando alla legge — da regole risalenti alla normativa fissata addirittura dal 1997, precisamente la modifica all’articolo 5 comma 2 Dlgs 461/1997 tramite lettera c-sexies all’art. 67 del Tuir — sia addirittura quella del 12,5%.

In altre parole, la stessa aliquota evidentemente già praticata e considerata come assolutamente nota e acquisita del 26% sarebbe frutto di un errore interpretativo, causato con tutta probabilità da una convergenza di eventi: la sostanziale novità del mondo crypto per la legislazione italiana, la presenza di inquadramenti sovraordinati in arrivo dall’Europa, e non da ultimo la sovrabbondanza e ardua leggibilità dei “rimandi” a normative precedenti; tutte cose che sono evidentemente sfuggite in sede applicativa, generando la discrepanza in termini percentuali di cui sopra.

Ne consegue l’evidente via libera a una serie di richieste di rimborsi all’Agenzia delle Entrate, che con tutta probabilità avranno un ulteriore peso sulla già intricata vicenda, e che stando alle informazioni in nostro possesso sono di fatto già iniziate.

Parliamo infatti di richieste che andranno potenzialmente a rettificare di oltre il 50% l’ultimo prelievo in materia di plusvalenze da cashout di criptovalute, dettaglio che, per quanti si tratti di voci di bilancio certamente secondarie e di almeno un ordine di grandezza inferiori rispetto a quelle di primario interesse da parte del fisco, non potrà passare inosservato, soprattutto in relazione alle recenti polemiche che già imperversano.

Considerando che sono già vari i partiti, sia nella maggioranza che nell’opposizione, ad aver espresso forti riserve sulla manovra di inasprimento della quota fiscale a carico del mondo degli investitori crypto, si prevede per i prossimi giorni uno scontro piuttosto aspro, o almeno svariate interlocuzioni volte a determinare come minimo un ripensamento e aggiustamento attraverso opportuni emendamenti.

Si spera che queste dinamiche possano essere proficue, e non orientate a uno sterile gioco delle parti solo al fine di difendere rispettive posizioni pro o contro il generico operato della compagine governativa. Ideologie e orientamenti a parte, infatti, è in gioco l’appetibilità tecnologica del Bel Paese al cospetto di luoghi — lontani, ma anche vicini e vicinissimi — che potrebbero diventare meta di una fuga di capitali, risorse umane e opportunità.

Per esempio, in materia si è anche espresso un certo gruppo di protagonisti del PlanB, evento crypto tra i più importanti a livello mondiale, da poco conclusosi a Lugano.

Proprio a Lugano è venuto infatti a fare un giro il già citato parlamentare Giulio Centemero, ripetendo che il suo partito è assolutamente contrario alla misura. Per quanto la cosa possa sembrare strana, viste le recenti dichiarazioni del ministro Giorgetti, anche lui leghista, che in materia di crypto ha ribadito un suo sostanziale scetticismo, di certo una prosecuzione della linea dura in manovra finanziaria avrebbe l’ovvio risultato di indirizzare altrove le attenzioni di investitori, imprenditori e aziende.

Al palazzo dei Congressi, lo stesso sindaco Michele Foletti ha espresso la sua forte solidarietà verso gli italiani circa questa ingiustizia; una solidarietà che si è ben presto trasformata in invito a visitare il ticinese per venire a conoscenza delle proposte “a tasse zero” tipiche della locale legislazione.

A Foletti ha fatto praticamente eco Paolo Ardoino, celeberrimo CEO di Tether, la più importante e diffusa stablecoin planetaria (nonché sponsor primario del sopraccitato PlanB luganese), parlando di una tassa che andrà a confinare ulteriormente l’Italia nel ghetto dei paesi più arretrati in materia di tecnologie blockchain e relativa appetibilità per imprenditori, aziende, progetti e iniziative.

Insomma, tra Svizzera e Italia si sta muovendo un vero e proprio movimento di idee e interlocuzioni, caratterizzato da sfumature estremamente varie, che contribuisce a rendere ancora più caldo e turbolento un argomento già di per sé interessato da un continuo rimbalzo mediatico tra mainstream e testate specializzate.

La domanda sorge quindi spontanea: tra politica e tecnologia, centralizzazione e decentralizzazione, finanza classica e finanza del futuro, burocrazia e libertà, chi la spunterà in Italia?

Conclusioni

La vicenda legata alla paventata manovra di prelievo del 42% sulle plusvalenze da attività crypto ha innescato un dibattito molto fitto, ben lontano dall’essere definitivo e chiaro.

Tale dibattito ha a fasi alterne, e crescenti, coinvolto vari esponenti della politica nazionale, sia di maggioranza che di opposizione. Queste personalità hanno pubblicamente espresso forti critiche per la scelta di penalizzare gli investitori in criptovalute, soprattutto in relazione ad alcune discrepanze piuttosto palesi (si pensi, solo a titolo di esempio, alle aliquote relative al ben più dannoso gioco d’azzardo, che si aggirano sul 20%).

La questione ha travalicato i confini nazionali, attivando l’interesse di nostri “vicini di casa” come la città di Lugano, intesa come avanguardia piuttosto riconosciuta nel campo degli investimenti nel settore (PlanB e iniziative ad esso affini e connesse).

Come se non bastasse, è intervenuta la scoperta di un errore addirittura nella tassazione pregressa, ad opera di un commercialista, Stefano Capaccioli, che ha già fatto partire la macchina delle richieste di risarcimento per il “gap” dal 12,5% al 26%.

Lo scenario è quindi estremamente convulso e brulicante di fatti e dichiarazioni che possono avere un peso determinante nelle decisioni finali del Governo, e nelle immediate conseguenze.

La comunità crypto si è mossa e continua a muoversi per sensibilizzare sulla questione quanto più pubblico possibile, cercando di volgere in positivo una vicenda che sembrerebbe essere ben altro. A parte l’assunto di base, infatti, c’è da dire che le dichiarazioni di Maurizio Leo hanno rilanciato un tema che in Italia è sempre stato confinato entro il recinto professionale degli addetti ai lavori, ponendolo per la prima volta sotto i riflettori mediatici mainstream.

L’occasione, sia pure nel generale malcontento che aleggia come ovvio sull’intera vicenda, può rivelarsi in parte anche positiva, almeno come catalizzatore e pretesto mediatico indiretto per diffondere la voce della comunità crypto, e permettere a nuova utenza di approfondire tematiche come Bitcoin, blockchain, DeFi e opportunità ad esse legate.

Filippo Albertin

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