Cosa sono le obbligazioni convertibili e perché possiamo definirli un asset “ibrido”

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Investire sui mercati finanziari significa per prima cosa chiedersi quale sia il grado di rischio che s’intende accettare. Per questo si è abbastanza diffuso nel corso dei decenni passati il portafoglio d’investimento 60/40, composto per il 60% da azioni e il 40% da obbligazioni. La sua adozione comporta rischi bilanciati. Ma all’interno delle due macro-categorie esistono differenze. Ad esempio, le obbligazioni convertibili possiamo definirle un asset con caratteristiche “ibride”, cioè che posseggono qualità sia dei titoli di credito ordinari, sia anche dei titoli azionari. In questo articolo, cerchiamo di capire cosa sono, come funzionano e quando si prestano per un investimento potenzialmente proficuo.

Cosa sono le obbligazioni convertibili

Le obbligazioni o bond sono asset finanziari che assegnano al possessore il diritto di ricevere cedole periodiche a tassi generalmente prefissati fino alla scadenza, quando riceveranno indietro il capitale nominale. Questi può coincidere con il costo effettivamente sostenuto all’atto dell’investimento, oppure risultare superiore o inferiore. Va detto che le obbligazioni, specialmente se di breve durata come i Buoni ordinari del Tesoro in Italia, possono anche non prevedere lo stacco di alcuna cedola. L’investitore le compra per ricevere un flusso di reddito nel tempo, a parte il caso appena menzionato, vale a dire per impiegare il capitale con la certezza di un dato rendimento.

Le obbligazioni convertibili funzionano grosso modo allo stesso modo. Ma c’è una differenza rilevante che le distingue dalle emissioni ordinarie: possono trasformarsi in azioni, vale a dire nei titoli di partecipazione al rischio d’impresa. In che modo? L’emittente consente al creditore di convertire i titoli posseduti in azioni della medesima società o anche di società terze controllate o controllanti, alla scadenza o a partire già da una certa data. In fase di emissione, vengono fissati i criteri per la conversione: rapporto e prezzo di conversione.

Esempio di investimento

L’esempio di seguito ci permette di comprenderne meglio il funzionamento. La società A emette obbligazioni convertibili con taglio minimo di 1.000 euro e della durata di cinque anni. Consente alla scadenza che i possessori, anziché pretendere il rimborso del capitale, lo trasformino in azioni della stessa società secondo il seguente rapporto: 1.000 euro contro 100 azioni A. In altre parole, l’obbligazionista ha la possibilità di passare dalla condizione di creditore a quella di azionista, “acquistando” il titolo a 10 euro ciascuno. Ovviamente, si tratta di una scommessa per entrambi. L’investitore spera di poter guadagnare dall’eventuale differenza, se positiva, tra quotazione di mercato e prezzo di conversione.

Immaginiamo che alla scadenza dei cinque anni le azioni della società A valgano in borsa 15 euro. All’investitore conviene esercitare la facoltà di trasformare le obbligazioni convertibili in azioni. Potrà acquistarle nei fatti per 10 euro e rivenderle nell’immediato per 15 euro. Avrà riportato un margine di profitto di 5 euro per ciascuna azione di cui entrerà in possesso, cioè 500 euro per ogni taglio minimo di 1.000 euro. Si tratterebbe di una plusvalenza del 50%. Invece, se il prezzo di mercato alla scadenza risultasse inferiore al prezzo di esercizio, all’investitore non converrebbe esercitare la facoltà. Pagherebbe le azioni più di quanto potrebbe acquistarle sul mercato.

Benefici e costi per investitore ed emittente

Quali sono benefici e costi delle obbligazioni convertibili per entrambi i lati del mercato? Per l’investitore c’è la possibilità di speculare sul rialzo della quotazione in borsa. Otterrebbe un guadagno extra rispetto alla cedola. Costi e rischi? Questi titoli offrono cedole inferiori a quelle fissate dallo stesso emittente per scadenze simili, ma dal funzionamento ordinario. In pratica, l’investitore riceve un flusso di reddito più basso, che è il “premio” che deve pagare per ottenere la possibilità di guadagnare dai futuri rialzi delle quotazioni azionarie. Inoltre, dal momento stesso in cui passa dalla condizione di creditore a quella di socio, il suo profilo di rischio muta. Di questi aspetti bisogna tenere conto, anche perché non è affatto detto che le condizioni favorevoli di mercato si verifichino. Se alla scadenza la conversione non fosse conveniente, avrebbe nel frattempo ricevuto cedole inferiori a quelle che avrebbe incassato investendo in obbligazioni ordinarie. E anche se l’esercizio avviene, non è detto che il margine di guadagno sia tale da compensare il minore rendimento percepito negli anni.

E perché una società o banca emette obbligazioni convertibili? Esse le consentono di trasformare un debito in capitale di rischio. Ciò le aiuta a migliorare la struttura finanziaria. Indebitarsi eccessivamente non fa bene ai conti aziendali, perché impatta attraverso il pagamento degli interessi ai creditori. Questi bond prevedono, come detto, cedole relativamente contenute e la possibilità che alla scadenza almeno parte del debito non debba essere restituita, venendo trasformato in azioni. Il costo di simili operazioni è che il titolo in borsa ne soffre. Dovendo scontare il possibile aumento del flottante, il prezzo unitario scende quasi sempre al solo effetto annuncio. Ed è necessario il via libera dell’assemblea degli azionisti, visto che si tratta di aumentare potenzialmente il numero delle azioni in circolazione con conseguente abbassamento del valore unitario di mercato.

Rendimenti spesso anomali

Le obbligazioni convertibili tendono ad apprezzarsi man mano che il corso azionario sale. La ragione è facilmente intuibile: aumentano le probabilità di convertire il titolo con profitto. Può anche accadere che per questo motivo il rendimento nominale scenda a livelli apparentemente insensati. In effetti, esso può sprofondare anche ben sotto lo zero. E’ accaduto negli anni recenti alle obbligazioni convertibili emesse da Tesla, in conseguenza del boom in borsa del titolo ben sopra i valori di conversione.

Obbligazioni convertibili, quando convengono

Quando conviene acquistare obbligazioni convertibili? Certamente, quando ci aspettiamo che il corso dell’azione sottostante sia destinato a salire sopra il prezzo di conversione fissato. Bisogna fare attenzione all’andamento storico del titolo. Se tale prezzo non è mai stato raggiunto in passato o lo è stato per brevi periodi, è già un segnale di allarme. Tuttavia, se facciamo riferimento alle azioni di società in crescita e dall’alto potenziale, magari attive in nuovi business o in quanto nuove realtà sul mercato, l’andamento storico ci dice poco sulle potenzialità future. Pensiamo a colossi come Tesla, Apple, Nvidia, ecc. In questi anni, una società americana ha fatto largo uso delle obbligazioni convertibili per investire in Bitcoin i relativi proventi. Si tratta di MicroStrategy, il cui prezzo in borsa è esploso di quasi il 2.350% in poco più di quattro anni.

In generale, le obbligazioni convertibili diventano appetibili quando il mercato sembra avere toccato un punto di minimo a seguito di una correzione o una vera e propria caduta delle borse. Ciò non esenta l’investitore dal fare attenzione ai prezzi di conversione fissati, perché sull’onda dell’entusiasmo possono risultare eccessivamente ottimistici. Per quanto il rimborso del capitale resti garantito, salvo nei casi di insolvenza aziendale, si rischia di portare a casa un rendimento inferiore alle alternative offerte dal mercato.

 

 

 

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