Bitcoin: cos’è per i paesi emergenti?

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Bitcoin e i paesi emergenti: un connubio poco noto in Occidente, che però sta facendo la differenza a Oriente…

Le criptovalute stanno emergendo come una forza dirompente nelle economie in via di sviluppo, offrendo sia opportunità significative che sfide complesse. Questo articolo esplora l’impatto estremamente sfaccettato e multiforme delle valute digitali in questi mercati.

La rivoluzione criptomonetaria, che in generale nel nostro Occidente ha avuto un peso soprattutto di carattere finanziario — basti pensare all’iniziale scetticismo della finanza classica, oggi interessata da un ripensamento sempre più sistematico di colossi come BlackRock e JPMorgan — e che in tal senso intercetta le dinamiche del risparmio e dell’investimento, altrove ha avuto un impatto molto orientato alla sfera monetaria in senso stretto.

Le due grandi direttrici in materia di adozione da parte dei paesi emergenti, per non dire in alcuni casi espressamente terzomondisti, sono da un lato la risoluzione di problemi relativi all’accesso al sistema bancario, e dall’altro lato la possibilità di commerciare attraverso valute in grado di preservare il potere d’acquisto dagli effetti di un’inflazione ben oltre la quota strutturale presente nelle comuni valute fiat.

Bitcoin tra banked e unbanked

Uno dei vari slogan di Bitcoin è il ben noto “diventa la banca di te stesso”, un adagio che fa chiaramente riferimento alla natura decentralizzata del satoshi, e alla facilità estrema di creare in pochi minuti una locazione crittografica in grado di ricevere e inviare, senza alcun intermediario, quello che ormai viene considerato “oro digitale” a tutti gli effetti.

Se in una moderna città europea tale slogan può essere inteso da un punto di vista “proattivo”, ossia orientato al desiderio di liberarsi dalle banche e da alcune loro logiche restrittive in termini di libertà d’azione del correntista, spostandoci in luoghi come Nigeria, Vietnam e Filippine, la situazione si ribalta.

Un gran numero di potenziali utenti del sistema bancario, di fatto, desidererebbe eccome essere “banked”, ma non può farlo per le ragioni più disparate, intimamente connesse con la struttura sia economica che fisica di quei luoghi:

  • mancanza di sportelli bancari nella propria zona (magari non servita da un efficiente sistema di trasporto pubblico);
  • mancanza di potere d’acquisto adeguato a sostenere le spese fisse di tenuta conto, ragioni politiche, razziali, religiose, persecutorie che rendono impossibile rivolgersi a un certo istituto (in molti di questi paesi esistono regimi estremamente corrotti, che chiaramente estendono il loro influsso anche nelle attività private limitrofe);
  • condizioni di commissioni alla rimessa e costi di transazione elevati (magari nel rapporto con persone della famiglia emigrate all’estero per lavorare e far pervenire i proventi di tale lavoro a chi è rimasto nel paese d’origine).

Le criptovalute, soprattutto Bitcoin, in particolare nel suo Lightning Network, ma anche le stablecoin in grado di transitare lungo layer sempre più efficienti e a bassissime commissioni di invio, stanno aprendo via via sempre nuove possibilità per le popolazioni non bancarizzate.

In questi paesi, dove una grande percentuale della popolazione non ha accesso ai servizi bancari tradizionali, le criptovalute offrono un modo per partecipare all’economia digitale. Questo significa anche interazione a distanza, apertura, conoscenza delle altre realtà commerciali ed economiche, opportunità di scambio, comunicazione e crescita.

Attraverso un semplice smartphone, le persone possono inviare, ricevere e conservare denaro. Non stupisce dunque minimamente il fatto che colossi della finanza decentralizzata come Tether, in assoluto la stablecoin più celebre e adottata, vedano la maggior parte dei loro investimenti proprio in paesi in via di sviluppo; soprattutto in quelli che vedono nel dollaro statunitense ancora un punto di riferimento per il breve-medio termine di conservazione del potere d’acquisto, a fronte di valute nazionali spesso interessate dal fenomeno della super-inflazione.

Se a questo aggiungiamo Bitcoin, il quadro è completo, in quanto l’utilizzo congiunto della più celebre crypto deflativa accanto alle nuove metodiche di cambio rese possibili dalla DeFi a marchio Ethereum e derivati, tra token e stablecoin, permette all’utenza diffusa di queste zone di accedere al mercato globale delle transazioni con un potere di autodeterminazione che prima era assolutamente impossibile, oltre che inimmaginabile.

La questione delle risorse tecnologiche di massa

A differenza di quanto accade in USA, Russia, Cina ed Europa, dove il mercato degli smartphone individua prodotti di fascia essenzialmente medio-alta di prezzo, con categorie merceologiche essenzialmente rappresentate da “acquisti dal nuovo”, oppure una fascia di prezzo tendenzialmente alto, rappresentato da modelli e marche top di gamma come i device Apple o quelli Google (al limite rettificati nel nuovo business del ricondizionato di qualità), nei paesi emergenti sussiste un florido mercato di prodotti usati, che nonostante le condizioni estetiche non particolarmente blasonate risultano perfettamente adatti a far girare comuni applicazioni wallet per Bitcoin ed Ethereum.

Esistono addirittura noti brand occidentali e asiatici che producono a bassissimo costo degli smartphone che vengono direttamente dedicati a quei mercati, con dotazioni hardware minimali che appunto appaiono più che bastanti a supportare le comunicazioni globali e l’uso dei sopraccitati wallet.

Questi prodotti, uniti alle esigenze spicciole della popolazione, si intersecano formando condizioni ideali per la generazione di vere e proprie “economie circolari” che non sono portano i satoshi e gli USDT nei mercati e nei rioni, per le spese di ogni giorno, ma addirittura permettono ai micro-imprenditori di generare entrate commerciali attraverso relazioni con altri operatori, e col resto del mondo.

Bitcoin e i vantaggi delle rimesse

Le rimesse rappresentano una parte significativa del PIL di molte economie emergenti, che appunto vedono negli introiti da lavori svolti da manodopera emigrata altrove una componente fondamentale del proprio bilancio.

Molti cittadini di questi paesi lavorano all’estero e inviano regolarmente denaro ai propri familiari rimasti nel paese d’origine. I circuiti Western Union sono stati per molto tempo la struttura di sportelli più in voga per ovviare all’inadeguatezza del sistema bancario classico in questo genere di transazioni.

Come detto, infatti, la presenza di uno sportello di banca in remote regioni dell’Africa o dell’Asia è tutt’altro che scontata, mentre una banale tabaccheria o drugstore affiliato al circuito è di certo più semplice da individuare.

L’avvento del mondo crypto ha però rivoluzionato radicalmente anche questo campo, con commissioni, tempi d’attesa e logistica di servizio chiaramente molto più efficienti e preferibili.

Le criptovalute offrono un’alternativa economica e veloce. Utilizzando monete digitali, i lavoratori all’estero possono inviare denaro alle proprie famiglie con trasferimenti a costo quasi zero, che avvengono o istantaneamente, o in poche decine di minuti.

Questo non solo riduce le spese di trasferimento, ma permette anche di evitare le fluttuazioni nei tassi di cambio, caratteristiche dei sistemi pregressi. Tale modalità si è peraltro rivelata molto vantaggiosa anche in riferimento a quei paesi dove sono molto rigide le regolamentazioni sui cambi, e dove l’acquisto di valuta estera è assoggettato a restrizioni.

Bitcoin e la difesa dall’inflazione

Paesi come Nigeria, Venezuela e Zimbabwe sono vittime di tassi inflativi del tutto abnormi rispetto alla comune inflazione sperimentata nei paesi a base dollaro o euro, e le criptovalute fungono veramente e autenticamente da riserva di valore alternativa, anche nell’ottica del breve termine. Comprare Bitcoin, in particolare, si è rivelata una prassi in molti casi addirittura irrinunciabile.

Se nel resto del mondo Bitcoin viene impiegato soprattutto come riserva a vario titolo speculativa, anche in presenza di una struttura dinamica che di per sé potrebbe già rendere questo asset del tutto adatto agli scambi giornalieri — dalla grande transazione per l’acquisto di una casa o di un’automobile attraverso mainnet, al cappuccino e brioche preso al bar attraverso Lightning Network — nell’ambito delle economie emergenti si assiste al fenomeno opposto:

Bitcoin è da subito stato salutato come moneta in grado di risolvere problematiche estremamente concrete e spicciole, tra le quali appunto un’inflazione potenzialmente in grado di erodere, da un giorno all’altro, i già magri stipendi erogati dal sistema economico circostante.

Trasparenza

In molte economie del terzo mondo, la corruzione e la gestione altamente inefficace delle risorse pubbliche sono problemi che hanno raggiunto proporzioni disastrose.

La trasparenza offerta dalla tecnologia blockchain rende le criptovalute in genere uno strumento potenzialmente molto efficace per calmierare questi fenomeni.

Come sappiamo, infatti, a parte certi protocolli espressamente dedicati alla privacy (Monero, Z-cash), le transazioni effettuate su una blockchain pubblica sono per definizione visibili a tutti e non possono essere né alterate né cancellate senza il consenso della rete.

Alcuni governi virtuosi hanno infatti iniziato a esplorare l’uso delle criptovalute proprio per il monitoraggio di finanziamenti, elargizioni, donazioni, sussidi e stanziamenti di fondi pubblici destinati a progetti specifici. Sebbene queste iniziative siano ancora in fase sperimentale, rappresentano un passo avanti verso l’utilizzo della tecnologia blockchain in contesti governativi.

Se a questo aggiungiamo che comunque, anche nell’ambito di un uso meramente personale e privato, dei fondi conservati all’interno di un wallet crittografico sono di fatto protetti da una semplice seed phrase, che chiunque può conservare al sicuro in luoghi estremamente controintuitivi per eventuali malfattori — che come evidente sono in certi luoghi, purtroppo, tanto abbondanti quanto violenti — il quadro è completo.

La decentralizzazione rappresenta quindi anche uno strumento per la sicurezza personale e la protezione basica del patrimonio.

Le sfide del prossimo futuro

Considerando il grande interesse di tutto il mondo crypto per i paesi in via di sviluppo, c’è da dire che, nonostante i grandi passi avanti compiuti nell’ultimo decennio in materia di integrazione economica, sviluppo, progettualità e crescita attraverso l’adozione di Bitcoin, Altcoin e Stablecoin, la strada ancora da percorrere individua alcune sfide molto importanti.

Infrastrutture tecnologiche: In Africa sono stati testati con successo sistemi che utilizzano una vetusta rete GSM per l’invio di BTC. Si tratta di implementazioni assolutamente geniali, che però non sostituiscono una rete di nuova generazione. La cablatura infrastrutturale dei paesi del terzo mondo costituisce una delle più importanti frontiere per avere accesso a un bacino d’utenza incredibilmente vasto.

Educazione finanziaria e tecnologica: L’uso che in questi paesi viene fatto del denaro è spesso intuitivo, e si lega a morfologie molto basiche del commercio e dell’economia.

Pensando a un futuro in cui le transazioni potranno essere molto più articolate e raffinate, è evidente che servirà anche fare un salto di qualità in materia di educazione sia alla finanza che all’utilizzo consapevole delle nuove tecnologie (basi pensare ai pericoli connessi al crimine informatico, che sono diventati un’emergenza anche in Occidente).

Regolamentazioni: Il tema delle regolamentazioni diventa ancora più spinoso quando si tratta di armonizzare e uniformare leggi e disposizioni che operano in paesi diversi e lontani. Il mondo crypto è necessariamente globale per sua stessa definizione, ma non sono come ovvio altrettanto globali le decisioni che i singoli territori planetari assumono in materia di inquadramento, gestione e sanzione delle eventuali scorrettezze.

Nel caso del rapporto tra Primo e Terzo Mondo, queste tematiche diventano ancora più dirimenti, e costituiscono uno dei filoni più importanti dei decenni a venire.

Conclusioni

Il tema delle economie emergenti è di centrale importanza per capire il ruolo delle crypto nel mondo contemporaneo. Molte fenomenologie osservate e studiate nei paesi in via di sviluppo hanno ricadute anche in Occidente, e suggeriscono errori da evitare e opportunità da cogliere, sia nel mercato interno che nei rapporti con quegli stessi paesi.

Filippo Albertin

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