Euro digitale: cos’è e perché sarà una rivoluzione nei pagamenti e risparmi

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La Banca Centrale Europea ci sta lavorando da qualche anno e il suo debutto dovrebbe avvenire entro il medio termine. Di euro digitale si parla ancora troppo poco, sebbene si tratti di una novità destinata a rivoluzionare le nostre vite e il cui impatto è stato ad oggi probabilmente sottovalutato dal mondo dei media. Avete presente cosa accadde nel 2002, quando 12 stati comunitari decisero di adottare una moneta unica? Nel giro di una notte ci ritrovammo dall’usare le lire, i marchi, i franchi, le pesetas, ecc., al pagare tutti in euro. Fu un trauma, non soltanto per la popolazione più anziana. Dovemmo cambiare il modo di fare i calcoli e per anni continuammo a ragionare secondo il vecchio conio. La rivoluzione che si prospetta nei prossimi anni può essere persino più dirompente.

Cos’è l’euro digitale

Cos’è l’euro digitale? Da anni sentiamo parlare di monete digitali come Bitcoin ed Ethereum, il cui successo si è rivelato di gran lunga superiore alle più ottimistiche previsioni iniziali. Parliamo di un mercato delle cosiddette “criptovalute” da migliaia di miliardi di dollari. Un asset che sta già stravolgendo il mondo degli affari, sebbene ancora non sia utilizzato, se non assai marginalmente, come mezzo di pagamento. Il boom delle crypto ha rimarcato la necessità del mercato di avere un mezzo per i pagamenti non fisico, per l’appunto digitale. Prendendo atto della domanda, le più grandi banche centrali del pianeta da anni stanno studiando il lancio delle rispettive monete in formato digitale (Central Bank Digital Currencies).

La Banca Popolare Cinese è più avanti di tutte con la sperimentazione già dello yuan digitale, pur in misura ancora limitata. La Banca Centrale Europea da tempo pensa al lancio dell’euro digitale, mentre la Federal Reserve resta titubante. La politica a Washington si mostra divisa sul punto. Ma con esattezza di cosa parliamo? Sul sito dell’istituto viene spiegato che si tratterebbe di “affiancare” l’euro fisico, non di rimpiazzarlo. Di recente, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha voluto rassicurare proprio su questo aspetto: l’euro digitale non porrà fine al contante, che sarà sempre garantito dalla Banca Centrale Europea.

Duro colpo ai circuiti internazionali privati

In pratica, l’euro digitale sarebbe una moneta dematerializzata. Essa parte dalla premessa che i pagamenti elettronici, effettuati con carte o app, stiano aumentando di anno in anno. Oramai, sono diventati preponderanti. Fuori dall’Eurozona, esistono società come la Svezia, considerate “cashless”, cioè nei fatti quasi prive di contanti. La tendenza è la stessa presso le economie dell’unione monetaria. Quale sarebbe la differenza rispetto alla situazione attuale? Con l’euro digitale verrebbe creata un’infrastruttura pubblica per i pagamenti, la quale si andrebbe ad affiancare ai grandi circuiti internazionali come Visa e MasterCard. Questi sono colossi privati e americani, i quali gestiscono sostanzialmente la massa delle transazioni in dollari, euro e altre valute mondiali.

Concorrenza diretta alle banche

Praticamente, Francoforte e le altre banche centrali porrebbero fine al monopolio dei privati nella gestione dei pagamenti elettronici. Non è un fatto da poco. Il cittadino continuerebbe a poter usare le carte dei giganti privati, ove lo desiderasse, ma allo stesso tempo avrebbe la possibilità di scegliere tra questi e un’istituzione pubblica. Avrete capito che questa rivoluzione si rivelerebbe potenzialmente devastante per certi poteri finanziari. Ma non finisce qui. L’euro digitale impatterebbe anche sul sistema bancario di casa nostra. Infatti, il cittadino avrebbe la possibilità di aprire un conto direttamente presso la Banca Centrale Europea e riceverebbe per questo gli interessi, esattamente come fino ad oggi avviene portando i soldi in banca.

C’è una differenza enorme, tuttavia, tra aprire un conto in banca e farlo presso la banca centrale. La prima può sempre fallire, anche se le banche europee sono molto sicure. La banca centrale non fallirebbe mai. L’estrema sicurezza garantita ai risparmi farebbe sì che i risparmiatori porterebbero in massa i loro soldi a Francoforte. Ovviamente, non dovrebbero recarvisi fisicamente. Basterebbe fare tutto con qualche clic online. Questo aspetto preoccupa particolarmente gli istituti di credito. Se privati della liquidità di cui abbondano grazie ormai alla necessità di possedere un conto corrente per ricevere ed effettuare pagamenti, come farebbero ad attirarla se si ritrovassero in concorrenza con la banca centrale?

Per evitare che la disintermediazione bancaria porti al collasso del mercato del credito e superare le comprensibili resistenze degli istituti, la Banca Centrale Europea limiterebbe, almeno in una fase iniziale, l’entità dei depositi ammessi presso di sé da parte di ciascun cittadino. Si parla, anche se solo informalmente, di una soglia massima di 3.000 euro. Ad ogni modo, l’euro digitale stravolgerebbe lo stesso modo di pensare alla gestione del proprio denaro.

Possibili rischi da euro digitale

Esistono rischi o sarebbe tutto positivo? Iniziamo con una constatazione banale. L’euro digitale avrebbe caratteristiche del tutto differenti dalle criptovalute. Bitcoin è un token decentralizzato e il suo successo si deve in gran parte proprio al fatto che nessuno lo emetta, per cui nessuno può controllarlo. Inoltre, la privacy viene garantita in maniera assoluta, tant’è che governi e autorità finanziarie si sono mostrati spesso riluttanti ad accettarne la diffusione, sostenendo che l’asset si presterebbe a scopi criminali. Con l’euro digitale non sarebbe affatto così. Verrebbe emesso dalla Banca Centrale Europea esattamente come l’euro fisico. Per quanto questa abbia garantito la massima tutela della riservatezza, nessuno può immaginare che saremmo ai livelli delle crypto.

In altre parole, una transazione effettuata tramite l’euro digitale non potrebbe essere considerata in assoluto riservata. E’ presumibile che le autorità di polizia vi avrebbero accesso nel caso in cui lo richiedessero e gli stessi governi con la facile scusa della lotta all’evasione fiscale. Capita anche oggi con i pagamenti elettronici effettuati tramite soggetti privati, anche se preoccupa ancora di più che le informazioni saranno eventualmente sotto il diretto controllo di entità pubbliche. Infine, l’accesso diretto ai depositi della banca centrale può diventare uno specchietto per le allodole. Una volta che una grossa fetta della liquidità fosse in mano a Francoforte, chi ci garantisce che non ne approfitterebbe per porre fine al contante con il pretesto che emissione e gestione siano più costose e che sia un mezzo utilizzato da evasori fiscali e criminali? Tutte domande che si pongono gli stessi banchieri centrali, non concordi sulla totale bontà del progetto o, comunque, intenti a volerci vedere meglio sulle condizioni a cui l’euro digitale debutterebbe.

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