Inflazione attesa, come il mercato è in grado di misurarla

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Ci sarà capitato più di una volta, seguendo le cronache finanziarie, di leggere che l’inflazione attesa dal mercato in un dato momento fosse questa o quella percentuale, in accelerazione o in calo. Si tratta di un concetto importante, perché un investimento lo si giudica in base alla sua capacità di esitare un rendimento reale positivo nel tempo. Ad esempio, se dico che un titolo azionario mi ha reso il 30% netto in un certo numero di anni, non significa di per sé niente. Devo rapportare tale percentuale alla variazione del costo della vita nel periodo considerato per capire se ho investito bene o se ho accusato perfino una perdita. Se l’inflazione fosse stata nello stesso tempo del 25%, il mio guadagno reale sarebbe stato solamente del 5%. Se fosse stata del 35%, avrei registrato un risultato reale negativo; insomma, avrei fatto un cattivo affare.

Inflazione attesa tramite i bond

Nessuno può sapere in anticipo quale sarà il tasso d’inflazione negli anni successivi. Il livello dei prezzi dipende da numerose variabili e non è obiettivamente possibile farsi un’idea abbastanza sicura su quali saranno i fattori che incideranno in un senso o nell’altro. Ma ugualmente gli analisti effettuano previsioni, così come governi ed organismi sovranazionali. Comunque, esiste un modo elementare per orientarsi sul mercato e capire quale sia l’inflazione attesa dagli investitori. Come vedremo sin da subito, questo metodo ha a che vedere con il mercato obbligazionario. Prima di approfondire questo argomento, vale la pena chiarire che un metodo efficace per proteggere il capitale dall’inflazione consiste da secoli nell’investire in oro nel lungo periodo. In tempi più recenti si prendono in considerazione asset come le azioni e, negli ultimissimi anni, un numero crescente di investitori adocchia a tale proposito le criptovalute.

Noi tutti sappiamo che le obbligazioni sono titoli del debito emessi da un soggetto privato (azienda, banca) o pubblico (stato centrale, ente locale, ente sovranazionale, ecc.) e acquistati dagli investitori in cambio di un flusso di reddito fino alla scadenza. Questo prende il nome di cedola e generalmente la sua corresponsione è semestrale o annuale, anche se sono possibili altre cadenze. Il rendimento annuale dipende anche dal prezzo di acquisto del titolo, che può essere sopra, alla o sotto la pari. Per farvela breve, se acquistiamo un titolo ad un prezzo superiore a quello di rimborso alla scadenza, il rendimento risulterà inferiore al tasso cedolare. Viceversa, sarà superiore ad esso.

Confronto tra cedole fisse e indicizzate

L’obbligazionista spera sempre che il rendimento netto, cioè dopo il pagamento delle imposte, sia almeno sufficiente a coprire l’aumento del costo della vita. Se così non fosse, come abbiamo spiegato sopra, riporterebbe una perdita in termini reali. Anziché guadagnare, avrà intaccato il capitale. Ecco perché sul mercato esistono le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Le tecniche possono essere differenti, ma in generale esse consistono in titoli del debito che riconoscono all’investitore cedole agganciate alla variazione dei prezzi al consumo nel Paese in cui avviene l’emissione. Ad esempio, se in dato periodo (trimestre, semestre, anno, ecc.) l’inflazione è stata del 5% e la cedola minima garantita è del 2%, grosso modo l’obbligazionista riceverà un pagamento pari al 7% (5+2) del capitale nominale.

Anche le obbligazioni indicizzate si muovono sul mercato e possono essere comprate sopra, alla o sotto la pari. Esse esiteranno così un dato rendimento, definito reale, cioè al netto dell’inflazione a cui risultano agganciate. A questo punto, immaginiamo che un’obbligazione con scadenza a 5 anni e cedola fissa offra un rendimento del 3%. E supponiamo anche che un’altra obbligazione con scadenza a 5 anni e cedola indicizzata all’inflazione renda l’1%. Esiste una differenza del 2%, che evidentemente ha senso solo se il mercato sconta un’inflazione attesa in media per il periodo di tale entità. Infatti, se l’inflazione attesa fosse solamente dell’1%, il rendimento dell’obbligazione indicizzata si fermerebbe al 2% e risulterebbe inferiore al 3% offerto dall’obbligazione con cedola fissa. La domanda si sposterebbe dalla prima alla seconda fino a livellare i rendimenti di entrambe.

Breakeven a 5 anni riferimento negli USA

Nel caso in cui l’inflazione attesa fosse superiore al 2%, la domanda si sposterebbe dall’obbligazione con cedola fissa all’obbligazione con cedola indicizzata fino a ripristinare anche stavolta l’equilibrio. Dunque, la differenza tra il rendimento nominale del bond fisso e il rendimento reale del bond indicizzato è anche noto come tasso di “breakeven”. Negli Stati Uniti è monitorato con grande attenzione il “breakeven” a 5 anni. Esso si ottiene dalla differenza tra il Treasury a 5 anni con cedola fissa e il TIPS (Treasury Inflation Protected Security) a 5 anni. Perché proprio questa scadenza? Essa non è né eccessivamente breve, né eccessivamente lunga. Un lustro è un orizzonte temporale idoneo per fare previsioni che siano credibili, pur esposte anch’esse a variabili non sempre anticipabili.

In questo momento, il “breakeven” a 5 anni si aggira sopra il 2,40% ed è sopra l’obiettivo d’inflazione del 2% fissato dalla Federal Reserve. Per questa ragione il mercato ritiene che nei prossimi mesi il taglio dei tassi di interesse subirà probabilmente una battuta di arresto. Ovviamente, non è solo questo il dato preso in considerazione per fare una simile ipotesi. Inoltre, bisogna ammettere che derivare l’inflazione attesa dal metodo sopra indicato si presta a più di una critica. Il fatto che gli altri si attendano un certo tasso d’inflazione non implica che abbiano ragione. Possono anche più semplicemente ignorare alcuni fattori che incidono in un senso o nell’altro sui prezzi al consumo.

Inflazione attesa in Italia, due tipi di bond indicizzati

In Italia abbiamo due tipologie di bond governativi per derivare il tasso d’inflazione attesa alle varie scadenze. Ci sono i BTP Italia, le cui cedole sono agganciate all’inflazione italiana. E poi abbiamo i BTP-i, le cui cedole sono indicizzate all’inflazione nell’Area Euro. Essi rispondono a due esigenze differenti: il primo tipo protegge dall’aumento del costo della vita nel nostro Paese, mentre il secondo dall’aumento del costo della vita nell’Area Euro. Tra i due sussistono differenze sul piano tecnico, che trascuriamo per ragioni di semplicità e in quanto non mutano il senso del nostro discorso.

Ovviamente, esistono anche altri modi per capire quale sia l’inflazione attesa dal mercato. Ve n’è uno più semplice e, in un certo senso, più grezzo. Si ricava somministrando sondaggi agli operatori, siano essi investitori, imprese o anche famiglie. Le banche centrali sono soliti realizzarli con cadenze regolari, compresa la Banca Centrale Europea. Tuttavia, sono ritenuti meno attendibili del metodo sopra spiegato.

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