La scorsa settimana si è svolto a L’Aia, nei Paesi Bassi, un importante vertice della NATO, l’alleanza militare che un tempo includeva gli stati sotto l’egida degli USA e contrari al blocco comunista. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica si è allargata a 32 stati fino a comprenderne alcuni ex membri. L’evento ha sancito ufficialmente la corsa al riarmo dell’Europa. L’amministrazione Trump ha chiesto e ottenuto che gli alleati s’impegnassero a raggiungere il 5% del PIL in termini di spesa militare. Nel dettaglio, il 3,5% per finanziare voci di spesa direttamente collegate alla difesa e l’1,5% per voci indirette e aventi a che fare con le infrastrutture. L’obiettivo sarebbe di rendere con gli anni il Vecchio Continente più autonomo nel garantirsi la propria stessa sicurezza.
Riarmo e mercati, cosa succede
Il riarmo era già stato annunciato a fine inverno dall’Unione Europea dopo la vittoria dell’attuale cancelliere Friedrich Merz alle elezioni federali in Germania. Lo stesso Merz ha sin da subito sposato in pieno questa linea, varando un piano straordinario di debiti per 1.000 miliardi di euro in 10 anni e destinato a finanziare per metà la difesa e per l’altra metà le infrastrutture domestiche. Questo cambio di impostazione economica dopo decenni di austerità fiscale apparentemente incrollabile stravolse a marzo il mercato obbligazionario. I rendimenti tedeschi salirono repentinamente e, cosa ancora più clamorosa, più velocemente degli altri. Di conseguenza, gli spread con i Bund nell’Area Euro si restrinsero. I decennali italiani arrivarono ad offrire un premio inferiore all’1%.
Il trend era stato interrotto dall’annuncio dei dazi USA, ma è ripreso nelle ultime settimane con l’allentamento delle tensioni commerciali. Oggi, lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi è sceso sotto i 90 punti base (0,90%) e ai minimi dal 2010. Questo è un primo assaggio dell’effetto riarmo. Perché sta accadendo questo? La Germania è tra i pochissimi stati europei a potersi permettere di fare nuovi debiti. Gli investitori lo stanno tenendo in considerazione per scontare un aumento del debito tedesco più veloce che in Francia e Italia. In un certo senso, stanno prevedendo una sorta di normalizzazione di Berlino sul piano delle politiche fiscali. Le distanze con gli altri stati dell’Area Euro sono attese in diminuzione, cosa che sta trascinando al rialzo i rendimenti tedeschi contro una tendenza più stabile altrove.
Rendimenti a lungo termine in rialzo
E il riarmo sta avendo effetti non solo differenziati tra stato e stato, ma anche all’interno dello stesso mercato obbligazionario. Trattandosi di un maxi-stimolo per le economie europee, i mercati ipotizzano che finirà per aumentare il tasso di crescita del PIL continentale. E con esso è in aumento anche l’inflazione attesa. Sarà anche per questo che gli investitori sono tornati da qualche mese a comprare Bitcoin. Le quotazioni della criptovaluta sono aumentate di oltre il 15% quest’anno e oggi risultano salite a quasi 108.000 dollari, vicine ai massimi di sempre di quasi 112.000 dollari toccati a maggio. Questo asset nacque nel 2009 proprio con l’intento di proteggere il potere di acquisto dalle stamperie monetarie delle principali banche centrali. Negli ultimi mesi, è sorretto anche dalla crescente adozione sul mercato americano con il secondo mandato del presidente Donald Trump, che sta legiferando a favore dei token digitali, rimuovendo numerosi ostacoli normativi e regolamentari del recente passato.
I timori per l’accelerazione dell’inflazione e i deficit hanno avuto effetti anche sulla forma della curva dei tassi. In effetti, questa è diventata più ripida sia in Europa che negli USA. Il rendimento decennale tedesco dalla fine di febbraio è salito di oltre 20 punti base (0,20%), mentre quello a 2 anni è sceso dello 0,14%. Il tratto breve sta arretrando praticamente ovunque, mentre il tratto lungo s’impenna. Questo è dato dal fatto che il riarmo spinge a ritenere che inflazione e debiti nel medio-lungo termine aumentino, mentre per il breve termine i prezzi al consumo sono attesi stabili o solo in moderata accelerazione. I rendimenti a breve risentono della politica monetaria, per cui seguono l’andamento dei tassi di interesse. I rendimenti a lungo scontano l’inflazione attesa e altri fattori strutturali come per l’appunto le aspettative sul debito pubblico di ciascuno stato.
Anche oro e borse su
Il riarmo sta surriscaldando anche l’oro, le cui quotazioni flirtano con i record di aprile e si aggirano attorno ai 3.300 dollari, aiutate anche dal deprezzamento del dollaro contro le principali valute mondiali. La maggiore spesa militare è considerata da un lato un sostegno all’economia europea e, quindi, una possibile causa di inflazione. Dall’altro può portare a un aumento del già elevato disordine fiscale globale, facendo traballare perfino i conti pubblici di stati finora considerati dalla condotta ineccepibile come la Germania e gli alleati del Nord Europa.
Sta di fatto che il riarmo sembra dare una mano alle borse europee. Queste segnano nuovi massimi storici, mentre nel caso dell’Italia gli indici azionari si sono riportati ai massimi dal lontano 2007, cancellando le perdite patite con il crac di Lehman Brothers. Ad avvantaggiarsi del nuovo corso sono particolarmente i titoli delle società legate alla difesa. Leonardo guadagna da inizio anno oltre l’83% e quasi il 120% nell’ultimo anno. Ancora meglio sta facendo Fincantieri a +136% e +226% rispettivamente. Il mercato fiuta l’arrivo di ricche commesse di stato per potenziare la difesa.
Impatto del riarmo incerto tra dazi e guerre
In generale, guardando all’impatto di questi mesi, possiamo affermare che il riarmo sta facendo bene al mercato azionario e male al mercato obbligazionario. Nel secondo caso, a farne le spese sono soprattutto i possessori dei bond a lunga scadenza per quanto abbiamo spiegato sopra. E aleggia una certa incertezza per via dei dazi. Finora questi si sono tradotti in un apprezzamento dell’euro, che sta frenando l’inflazione nel nostro continente, aiutando la Banca Centrale Europea ad abbassare i tassi e consentendo ai rendimenti di breve termine di proseguire la discesa.
Tuttavia, le possibili minori esportazioni sul mercato americano possono almeno in parte compensare i benefici del riarmo in termini di crescita economica. Se prevalesse questo effetto negativo, i mercati sarebbero indotti prossimamente a rivedere le loro aspettative su azioni e bond. Le prime ripiegherebbero e i secondi, specialmente a lunga scadenza, tornerebbero ad apprezzarsi. Le tensioni geopolitiche a cui stiamo assistendo e sempre più numerose aumentano ulteriormente il grado di incertezza. E’ bastato l’intervento di poche ore degli USA in Iran per fare impennare il prezzo del petrolio, anche se per poche sedute. Ma è stata la dimostrazione che non è facile fare previsioni attendibili a medio e lungo termine in una fase complicata come questa.