Portafoglio crypto: l’arte della diversificazione

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Portafoglio crypto: l’arte della diversificazione, ovvero consigli pratici per minimizzare i rischi negli investimenti in criptovalute, scegliendo opportunamente la quantità e tipologia di asset digitali.

Portafoglio crypto: il concetto di diversificazione

Nell’affascinante e volatile mondo delle criptovalute, diversificare il proprio portafoglio è una strategia fondamentale, da considerare a monte di qualsivoglia scelta di investimento, per ridurre i rischi e massimizzare i potenziali guadagni.

La diversificazione non solo protegge gli investitori dalle fluttuazioni selvagge di un singolo asset, che nel caso del mondo crypto può alludere a dinamiche di volatilità anche piuttosto rilevanti, ma permette anche di partecipare alla crescita di diversi settori dell’ecosistema stesso.

In questa guida, esploreremo come creare un portafoglio diversificato di criptovalute.

Perché diversificare?

La diversificazione di portafoglio non nasce certo con Bitcoin, Ethereum e tutta la gamma di asset digitali che ogni giorno nascono lungo la direttrice delle tecnologie blockchain. Parliamo infatti di un concetto alla base di ogni strategia di investimento, sia a breve che a lungo termine.

La criptovaluta è però nota per la sua potenziale volatilità, che deve essere trattata con un’attenzione e una prudenzialità di base leggermente superiore a quella dedicata a qualsiasi altra tipologia di asset.

Investire tutto in una sola criptovaluta come Bitcoin, sebbene possa sembrare allettante, e per quanto — nello specifico della moneta del mitico e leggendario Satoshi Nakamoto — abbia di fatto garantito plusvalenze corpose, è estremamente rischioso, soprattutto per chi intenda realizzare guadagni nel breve e medio periodo, o per chi abbia scelto determinate strategie senza aver prima considerato con estrema lucidità le sue specifiche esigenze, oltre che i suoi specifici capitali.

La diversificazione aiuta a mitigare il rischio sistemico e specifico, permettendo di bilanciare adeguatamente le relative perdite di un asset con i guadagni di un altro. Inoltre, con la rapida evoluzione del settore, nuove opportunità sorgono continuamente, rendendo la diversificazione un approccio più prudente per catturare il valore emergente.

Come diversificare in crypto: consigli pratici

Per diversificare efficacemente un portafoglio, scegliendo una “rosa” di criptovalute adatta al proprio “stile” di investimento, nonché, come ovvio, alle proprie disponibilità economiche intese come porzione di risorse che siamo disposti a rischiare, ed eventualmente a perdere, sia pure entro un certo margine di tolleranza, è necessario considerare contemporaneamente una serie di scenari paralleli, atteggiamenti da tenere, indicatori da monitorare e strategie che andiamo rapidamente a elencare.

La tolleranza al rischio e gli obiettivi di investimento

Dato un certo capitale di investimento, che per definizione non dovrebbe mai essere né l’interezza né una quota maggioritaria del nostro intero capitale “liquido”, la prima domanda da porsi è la seguente: quanto di questo capitale intendo rischiare con alta probabilità di perdita (e relativi alti guadagni in caso di andamento positivo), e residualmente quanto invece intendo dedicare a investimenti percentualmente meno redditizi, ma strutturalmente e storicamente attestati come a basso rischio?

La risposta “pro quota” a questa domanda, laddove sincera e attendibile, ovvero non viziata da un “sentiment” a vario titolo corrotto da mode, FOMO (in gergo, Fear Of Missing Out, ossia la paura di essere esclusi da un certo trend di guadagno) o altre dinamiche vagamente irrazionali, dovrebbe indicare con una certa approssimazione la nostra tolleranza al rischio, con relativa indicazione degli obiettivi di investimento.

Supponendo, a puro titolo di esempio, di voler dedicare un 80% del capitale a crypto estremamente capitalizzate e a crescita storicizzata (es. Bitcoin), oppure a progetti specifici come quelli del mondo Ethereum (che prevedono peraltro meccanismi di remunerazione automatizzati e non semplicemente connessi alla rivalutazione, come il classico staking), ne deriva un 20% disponibile per allocazioni in crypto che al limite potrebbero anche essere interessate da movimenti più volatili, ma incrementi valoriali estremamente interessanti lungo la direttrice del “gioco” al rialzo. In questo specifico caso siamo al cospetto di uno stile di investimento piuttosto equilibrato, che confina la parte più sfidante a una quota largamente minoritaria di risorse.

Di contro, un’allocazione che puntasse su asset “sicuri” solo al 50% andrebbe ad alludere a una propensione al rischio molto più rilevante, con guadagni che potrebbero attestarsi a livelli estremamente più alti, ma anche con segno negativo e relativa erosione di parte del capitale.

Asset allocation, grado di diversificazione per settore

Un principio saggio ed equilibrato di gestione di una certa porzione di portafoglio è ragionevolmente legato all’equa ripartizione in crypto che si riferiscono a “settori diversi”, e dunque alimentano un andamento diversificato, che ben più probabilmente può tradursi in decrescite di certi settori, bilanciate da crescite in altri.

In questo senso, buona cosa è dunque riconoscere da subito — magari attraverso la lettura approfondita dei relativi whitepaper — la specifica “tipologia di appartenenza” della crypto che stiamo prendendo in considerazione.

Esistono infatti crypto direttamente connesse a progetti ad alta innovazione, accanto a crypto impiegate puramente come strumenti di pagamento, o a funzionalità avanzate di governance. Il mondo crypto ha visto e vede continuamente la nascita di nuove coin, o token connessi a determinate blockchain di riferimento, con orizzonti estremamente diversi: dalle crypto impiegate per proteggere la privacy a quelle con collaterali in moneta fiat o metalli preziosi, dalle memecoin ai token specificamente dedicati a progetti high-tech, e via discorrendo, lungo una carrellata che come ovvio non può essere in questa sede esaurientemente descritta.

La regola di base rimane però molto chiara: mai fossilizzare il proprio portafoglio su crypto facenti riferimento a un solo settore. Come in un qualsiasi mercato azionario, anche le crypto fanno riferimento a fluttuazioni che coinvolgono veri e propri settori economici: basti pensare al settore energetico (minare Bitcoin), all’intelligenza artificiale, all’internet of things, alle stesse valute fiat (stablecoin), al campo della protezione della privacy (privacy coin), ai rapporti tra finanza classica e finanza decentralizzata (DeFi), e via discorrendo…

Asset allocation: hodling e staking

Come sappiamo, la detenzione di crypto può essere implementata in più modi, con due estremi piuttosto precisi: da un lato la pura e semplice detenzione, in attesa di rivalutazioni che possano essere sufficientemente interessanti da giustificare un cash-out parziale (hodling); dall’altro lato meccanismi automatizzati, che stivando una certa quantità di asset al fine di mettere in sicurezza e gestire la governance entro un certo ecosistema permettono di ottenere non solo la rivalutazione basica della crypto di riferimento, ma anche un surplus di remunerazione stabilita dagli smart contract che presiedono all’ecosistema stesso (staking).

Un buon bilanciamento di queste due modalità costituisce certamente un’altrettanto buona prassi nella gestione equilibrata di un portafoglio crypto.

Asset allocation: ribilanciamento periodico

Nel mondo delle crypto è estremamente opportuno, specie in riferimento a progetti criptovalutari recenti inseriti in portafoglio per ragioni di testing o trading, ma anche nel caso di proporzionalità che possono diventare nel tempo obsolete e non in linea coi trend più consistenti, prendere in considerazione alcune modifiche percentuali del proprio capitale.

Osservare costantemente l’andamento del proprio portafoglio è di fondamentale importanza per essere tempestivi nel modificare eventuali squilibri dovessero sorgere nel tempo: sezioni poco profittevoli, o addirittura in perdita; categorie di asset che meritano più liquidità per raggiungere livelli di remunerazione più interessanti; sotto-portafogli da dismettere completamente, per dirottare risorse altrove; e via discorrendo.

Considerazioni aggiuntive e conclusioni

Giova sempre ripetere un concetto: in ragione dei capitali investiti, le perdite in criptovalute possono essere molto ingenti, almeno tanto quanto i guadagni. Questo significa che è necessario non solo limitare la propria esposizione a ciò che “possiamo permetterci di perdere in tutto o in parte”, ma anche che oltre un certo livello di capitale resta consigliabile, per non dire obbligatoria, l’assistenza di personale esperto, certificato e avente i titoli per erogare serie consulenze crypto-finanziarie, al fine di individuare strategie capillari di allocazione e trattamento della ricchezza del cliente.

Più in generale, il consiglio “aureo” resta quello di dedicare alla formazione continua e alla conoscenza del mondo crypto la stessa attenzione che si dedica all’investimento. Il settore blockchain, infatti, è in continua evoluzione, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche sul piano della regolamentazione e del trattamento normativo.

Diversificare un portafoglio di criptovalute non è solo una strategia; è un’arte che richiede conoscenza, monitoraggio e adattabilità. Creare un portafoglio diversificato non garantisce guadagni, ma certamente aiuta a gestire meglio i rischi.

Il successo in questo settore spesso dipende non solo dalla scelta degli asset, ma anche e soprattutto dalla gestione saggia del portafoglio lungo l’asse del tempo.

Filippo Albertin

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