Trust Wallet: una guida pratica all’uso

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Trust Wallet è un dispositivo mobile piuttosto conosciuto nel mercato crypto, recentemente integrato da un plugin per browser, che supporta blockchain multiple e permette di gestire in modo semplice numerosissimi crypto, nonché applicazioni dApp e Web3.

Questo wallet è uno dei più noti standard del settore, specie per DeFi e mondo post-Ethereum, e permette di accedere a numerose funzioni che vanno dallo “swap” decentralizzato di token alla gestione di NFT, nonché di interagire praticamente con la totalità delle applicazioni decentralizzate presenti sul mercato.

Per quanto, come detto, esista una sua versione in forma di plugin per browser (che formalmente somiglia molto a Metamask, per il quale rimandiamo al nostro articolo dedicato), la nostra descrizione analitica andrà tuttavia a riguardare solo il ben più noto, apprezzato e testato software per smartphone, ritenuto peraltro anche più solido e convincente della sua controparte per browser. Vediamo da subito i passi per attivarlo e usarlo al meglio…

Trust Wallet: installazione e setup

Una volta istallato Trust nel nostro abituale devide mobile – sia esso Android o iOS – e una volta aperta l’applicazione per la prima volta, ci verranno chieste espressamente alcune scelte alternative per i successivi passaggi.

Nel caso non si disponga ancora di un wallet, ovvero delle 12 parole che compongono la sua relativa seed phrase, la procedura di creazione ex novo è estremamente semplice e guidata passo passo dallo stesso Trust.

Alla voce “crea nuovo wallet” il sistema andrà a impostare di default la modalità multichain, che ci permetterà di utilizzare la locazione crittografica intercettata dalla chiave privata attraverso numerosissimi indirizzi in altrettante blockchain.

Qualora invece si voglia inserire una propria pregressa seed phrase, è possibile farlo con estrema semplicità: in questo caso il sistema ci chiederà di scriverla parola per parola in un apposito form successivo alla scelta “importa wallet”, e subito dopo ci chiederà anche se desideriamo operare in regime multichain, oppure se riteniamo più utile scegliere una specifica e unica chain dedicata a quello specifico wallet (Polygon, Arbitrum, Optimism, e via discorrendo).

Una seconda operazione fondamentale, che l’applicazione ci richiede in fase di apertura nuovo wallet o ripristino di wallet preesistente, è quella di aggiungere un codice personale di sei cifre, che sarà importantissimo — oltre che per accedere all’app, impedendo ad altri di farlo — per “firmare” le transazioni in uscita, nonché per apporre analogo consenso alle procedure di autenticazione in siti Web3 e affini.

Da notare che, una volta inizializzato con le semplici procedure descritte, Trust permette di ripetere questa operazione di aggiunta o creazione seed phrase quante volte desideriamo, al fine di generare e gestire tanti wallet quanti quelli di cui abbiamo bisogno. I wallet sono disponibili attraverso un semplice commutatore nelle aree che successivamente andremo a descrivere, e possono essere denominati di modo da riconoscerli con facilità.

Come accade in svariati altri software di gestione chiavi private, il sistema, nel caso di wallet creato dal nuovo, ci richiede però uno sforzo in più, che consiste nel validare manualmente le 12 parole (che avremo annotato con diligenza su un pezzo di carta) una per una, nell’ordine preciso. Una volta effettuata questa “prova del nove”, il nuovo wallet è definitivamente pronto all’uso.

A tale proposito, consigliamo sempre di leggere con attenzione la nostra guida alla gestione della seed phrase, che contiene svariati buoni consigli per la gestione ottimizzata e in sicurezza delle nostre chiavi private.

Trust Wallet: schermata principale

In generale, la schermata principale di Trust Wallet si presenta da subito come estremamente sintetica, pulita, chiara e molto intuitiva. Le opzioni principali di “invio” e di “ricezione” compaiono di fronte a noi, accanto ad altre come “compra”, scelta che allude al collegamento dell’app con piattaforme ed exchange di acquisto, tra cui MoonPay, Simplex e lo stesso Binance.

Da considerare che queste applicazioni di terze parti per l’acquisto di crypto sono inserite nell’app di default, chiaramente in seguito ad accordi pregressi tra il team di sviluppo e le rispettive aziende di exchange.

Il nostro consiglio è di separare nettamente la parte “wallet non-custodial” da quella relativa all’acquisto, al fine di ottenere condizioni più economiche rispetto a quelle, standardizzate, che in app vengono presentate come default.

Sotto queste tre funzioni principali, ecco che andremo a visualizzare le criptovalute supportate dal wallet, insieme al relativo prezzo di mercato.

Per quanto sia estremamente difficile non trovare all’interno di Trust la crypto di nostro interesse, qualora ci sia la necessità di aggiungere un token non in elenco la procedura è estremamente semplice: basterà digitare il segno “più” in alto a destra e inserire manualmente, nell’apposito form, l’indirizzo di contratto del token. Una volta dato l’ok, il token sarà disponibile assieme a tutti gli altri.

Le funzioni cardine: Token, Finanza, Asset

Al centro della solita schermata troviamo alcune specifiche funzioni che vale la pena descrivere: Token, Finanza e Asset. Si tratta di vere e proprie “macroaree” della cryptosfera, che fanno capo ad altrettanti mondi tecnologici a base blockchain, con le loro specifiche e uniche funzioni.

La schermata Token è quella in cui effettivamente vengono a visualizzarsi tutte le nostre crypto. Attraverso opportune scelte alla voce “impostazioni” possiamo scegliere se far comparire tutti gli asset oppure se nascondere quelli a saldo zero.

Nella schermata Finanza, invece, andiamo ad accedere a funzioni particolari, come per esempio la messa in staking di determinati asset al fine di ricevere ricompense e contribuire alla sicurezza dei relativi network.

La funzione sottesa dal campo “Finanza”, come detto, ci permette appunto di sottoscrivere particolari offerte di staking che nello stesso wallet ci permettono di accumulare compensi: quelli che andranno a evidenziarsi come interessi (su base annua) verranno automaticamente denotati in verde.

Scorrendo lungo la lista di opzioni, notiamo come si possa anche cambiare e scegliere il nodo validatore preferito, cliccando semplicemente sopra il suo nome.

Nella pagina che segue si potrà dare l’ok all’intera operazione e la procedura di staking risulterà completata, operativa e attiva.

Alla voce “Asset” compaiono invece gli eventuali NFT — opere d’arte digitali, collezionabili, oppure particolari certificati attribuiti al wallet, come per esempio un dominio — che avremo acquistato e custodito.

La finestra delle dApp

Una delle caratteristiche principali di Trust Wallet è quella di essere tra i primi ad aver integrato un vero e proprio “browser Web3” al suo interno, per consentirci di manovrare agevolmente una quantità innumerevole di applicazioni decentralizzate, in primis legate al mondo Ethereum e ai suoi layer secondari o sidechain.

La sezione riporta numerosi progetti tra i quali scegliere — tra cui applicazioni di swapping token, social network, portali di acquisto e scambio NFT, provider di liquidità, e moltissimi altri — ma è comunque possibile utilizzare il suddetto browser integrato per navigare nel sito Web3 desiderato e connettersi attraverso il wallet, che verrà riconosciuto in automatico.

La funzione scambio

Tra le funzioni evidentemente più utili e gettonate di Trust c’è sicuramente quella che permette automaticamente lo “swap” (scambio) tra crypto e token di varia natura.

Questa funzione permette di selezionare in automatico i DEX (in gergo, exchange decentralizzati) in grado di effettuare il cambio attraverso opportuni smart contract, trattenendo le fees di servizio e scaricando i fondi desiderati direttamente nel wallet.

La funzione di scambio è gestita da una sequenza di schermate ordinate che seguono l’utente passo dopo passo, riassumendo infine l’operazione in una schermata finale e chiedendo, attraverso opportuna firma, di convalidarla.

Grazie invece all’opzione “borsa” possiamo impostare una vendita al limite, cioè un ordinativo che preveda l’effettiva vendita di un certo asset a valore variabile al prezzo che riteniamo possa essere ragionevolmente raggiunto.

Grazie a questa seconda funzione possiamo impostare tanto un acquisto quanto una vendita definendo il prezzo esatto al quale intendiamo effettuare la transazione. Ciò ci permetterà di impostare l’ordine al prezzo desiderato, evitando di controllare continuamente gli indici relativi alla fluttuazione della crypto in questione.

Sezione impostazioni

Tutte le funzioni di personalizzazione e utilizzo pratico dell’app che risultano reperibili alla voce “impostazioni” risultano estremamente semplici e intuitive, anche per l’utente meno esperto. Tuttavia possiamo elencare quelle più interessanti, con una breve descrizione per ciascuna.

Wallet — Come detto, Trust permette di gestire molteplici wallet in contemporanea, senza dover ricorrere a più applicazioni diverse. Il tasto in questione permette di accedere agli specifici wallet, di rinominarli, di mostrare la seed phrase (ovviamente digitando l’opportuna password di firma e riconoscimento) e di esportare le chiavi pubbliche qualora risulti necessario.

Dark mode — Ormai questa funzione è diventata un classico, sia nel mondo delle applicazioni mobili che a livello desktop. Si tratta banalmente di un “tema scuro” che, a parte la funzione banalmente estetica, che potrebbe essere preferita a quella chiara, contribuisce a diminuire la componente luminosa bluastra tipica degli schermi, rendendo l’esperienza d’uso molto più riposante per gli occhi.

Sicurezza — Sezione dedicata a tutto ciò che concerne la messa al sicuro dell’applicazione: non solo password di accesso, ma anche possibilità di impostare un codice a sei cifre oppure un accesso all’impronta digitale registrata nel nostro device.

Avvisi sui prezzi — L’applicazione è impostata per avvisarci in automatico quando un certo asset effettua dei movimenti valoriali significativi. Funzione estremamente utile per trader e investitori.

WalletConnect — Questa sigla rappresenta un importante standard di connessione, utilizzabile qualora, in un sito dApp consultato esternamente al browser interno, non compaia la voce “Trust Wallet” come standard. In questo caso basterà accertarsi che sia presente nel sito la voce WalletConnect, sceglierla e inquadrare il QR-code col nostro device (chiaramente dopo aver concesso a Trust di utilizzare la fotocamera).

Preferenze — In questa sezione è possibile personalizzare alcune variabili per massimizzare la comodità d’uso. Per esempio, impostando la valuta fiat a quella locale, o a quella preferita per questioni di trading.

Conclusioni

Trust Wallet è un’applicazione estremamente semplice per gestire al meglio i nostri token, soprattutto nel caso di asset come Ethereum e suoi layer secondari o sidechain. Inoltre, permette di controllare anche asset in blockchain del tutto dedicate, con la comodità di averle sempre con sé attraverso dispositivo mobile.

Essendo la componente sicurezza affidata essenzialmente alla responsabilità dell’utente, come in un qualsiasi altro wallet di carattere non-custodial, si rammenta sempre di seguire le citate indicazioni in materia di conservazione al sicuro della seed phrase.

Oltre a questo, comunque, giova ricordare che comunque l’applicazione deve essere sempre aggiornata basandosi sui patch informatici derivanti da fonti ufficiali, e mai da fantomatici aggiornamenti che ci vengono proposti da canali esterni, quali mail o messaggi chat.

Statisticamente, ricordiamo che la stragrande maggioranza degli attacchi informatici giunti a buon fine derivano da comportamenti superficiali dell’utente, che magari è stato tratto in errore e ha espressamente digitato password personali o peggio seed phrase in siti traccianti di carattere fraudolento. In questo senso, la sicurezza d’uso di Trust Wallet non fa eccezione.

Tenendo a mente queste semplici nozioni, Trust Wallet si può tranquillamente considerare un ottimo wallet per la gestione a trecentosessanta gradi dei propri asset crittografici.

Filippo Albertin

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