Ethereum: La Blockchain che ha Rivoluzionato il Mondo Crypto

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Ethereum: La Blockchain che ha rivoluzionato il mondo Crypto, compie oltre dieci anni, raccogliendo una corposa serie di innovazioni lungo tutta la sua storia. Ma facciamo un passo indietro, e vediamo di spiegare in termini semplici e comprensibili di cosa si tratta, e perché questo protocollo  è così centrale nella storia delle crypto.

Ethereum: le origini

Nel 2013, un giovane programmatore russo-canadese di nome Vitalik Buterin ebbe un’intuizione rivoluzionaria: e se una blockchain potesse fare molto più che trasferire denaro? Da questa idea nacque Ethereum, lanciato ufficialmente nel 2015 dopo una campagna di crowdfunding che raccolse oltre 18 milioni di dollari.

Ethereum è molto più di una semplice criptovaluta. È una piattaforma tecnologica completa che permette di creare applicazioni decentralizzate (dApp) e contratti intelligenti (smart contract). La sua moneta nativa si chiama Ether (ETH) e viene utilizzata per pagare le operazioni sulla rete.

Ethereum e gli smart contract: cos’è un contratto intelligente?

Se bisogna decentralizzare, allora è evidente che bisogna eliminare qualunque forma di intermediazione “umana” tra l’utente A e l’utente B.

Ma se tra questi due estremi non ci deve essere nulla, intendendo con “nulla” l’idea di terze parti di cui ci si deve per forza fidare, allora è altrettanto evidente che il concetto di “automazione” diventa fondamentale.

Per spiegare il concetto di “smart contract” si utilizza solitamente un esempio molto eloquente e comune, rappresentato dalle ormai note e onnipresenti macchine distributrici automatiche di merendine, sigarette, medicinali e numerosissime altre categorie merceologiche.

Il funzionamento di questi apparati era originariamente solo meccanico, e via via è andato a introdurre miglioramenti non estranei al mondo squisitamente elettronico e, ultimamente, informatico, nonché infotelematico, visto che molte di queste macchine sono ormai connesse anche in rete.

Tuttavia l’idea è sempre la stessa: la macchina sostituisce un comune commesso, ovvero riconosce le monete o le banconote, chiede all’utente di selezionare il prodotto desiderato, effettua se previsto l’emissione del resto, e infine eroga il prodotto desiderato.

Nel complesso, l’intero processo implementa un contratto tra due parti, con la sola differenza che tale contratto non necessita di interlocuzioni, trattative, figure professionali intermedie, contrattazioni e via discorrendo: le fasi sono semplici, chiare, univoche, e conducono a un risultato che può essere appunto automatizzato.

Se consideriamo che la decentralizzazione connette in rete una quantità esorbitante di “nodi speciali” che si connettono a (semplifichiamo) “nodi di utenza”, è chiaro che una tale struttura può da subito far pensare alla possibilità di far girare letteralmente una macchina virtuale in grado di mettere in gioco automazione, potenza di calcolo e procedimenti crittografici atti a validare transazioni, operazioni e procedure in totale sicurezza.

Ecco dunque spiegato il concetto di “contratto intelligente”, in sostanza la “macchinetta distributrice” applicata alla tecnologia blockchain.

Immaginate quindi un contratto che si auto-esegue quando vengono soddisfatte determinate condizioni, senza bisogno di intermediari.

Questo è uno smart contract: un programma che funziona automaticamente sulla blockchain di Ethereum. Per esempio, può gestire automaticamente il pagamento dell’affitto, l’acquisto di un bene, una procedura di acquisto o vendita in caso di verifica di determinate condizioni (si pensi al mercato borsistico), e via discorrendo.

Ethereum macchina virtuale: le dApp

Le dApp sono applicazioni decentralizzate, che funzionano sulla rete Ethereum. Si tratta di una conseguenza piuttosto diretta del concetto stesso di contratto intelligente.

Se con Ethereum si delinea una sorta di “grande computer decentralizzato in rete”, allora è piuttosto naturale chiedersi quali possano essere i “programmi”, ossia in gergo più moderno e attuale le “applicazioni” che possono “girare” in questo computer — chiaramente dotato di sistema operativo che in tal caso si identifica nell’ecosistema Ethereum — al fine di realizzare le più disparate funzioni.

A differenza delle app tradizionali, queste non sono controllate da un’unica entità, ma operano come detto in modo decentralizzato.

Esempi popolari includono:

piattaforme di finanza decentralizzata (DeFi), cioè meccanismi che automatizzano ciò che di solito viene svolto nella finanza classica, ma in una dimensione appunto virtuale (concessione di prestiti e mutui, calcolo ed erogazione di interessi su fondi più o meno vincolati, calcoli complessi di liquidità e relative contromosse per mantenere un asset al suo valore stabile, e via di questo passo);

giochi blockchain, con tanto di connessione a veri e propri universi con regole proprie, fino addirittura ai cosiddetti “metaversi”, in grado di interfacciarsi con l’utente attraverso apparati di realtà virtuale;

mercati digitali per NFT (Token Non Fungibili), vale a dire entità che, a differenza delle criptomonete, che per forza di cose devono essere fungibili esattamente come un pezzo da dieci euro deve essere scambiabile con due pezzi da cinque, possono veicolare “pezzi unici”, magari anche affiancati da materiali multimediali (foto, immagini, video) esattamente come in un’opera d’arte;

applicazioni svariate che sfruttano l’univocità delle registrazioni in blockchain come analogo digitale di atti notarili, certificazioni di filiera produttiva (per settori quali produzione agricola, alimentare, nonché per monitorare i materiali utilizzati nella produzione di un manufatto al fine di sancirne la conformità), e moltissimi altri che sarebbe impossibile riassumere.

Da Proof of Work a Proof of Stake

Nel settembre 2022, Ethereum ha completato un importante aggiornamento chiamato “The Merge”, passando dal sistema Proof of Work (che richiedeva un enorme consumo energetico) al Proof of Stake, riducendo il consumo energetico del 99.95%.

La PoS è un criterio di validazione e messa in sicurezza del sistema alternativo alla ben più famosa e “originaria” PoW, caratteristica della moneta digitale decentralizzata più celebre, oltre che prima in ordine sia anagrafico che di importanza, vale a dire Bitcoin.

La Proof of Stake spiegata semplice

Questo metodo alternativo alla Proof of Work è utilizzato per verificare e aggiungere nuove transazioni alla blockchain. Il concetto base è molto semplice: se un nodo intende essere “speciale” rispetto agli altri per essere “scelto” come validatore per il successivo blocco di transazioni, molto banalmente deve “pagare”, ossia deve sostenere quello che in termini semplicistici ma non troppo lontani dall’effettivo funzionamento della blockchain può essere pensato come un “sacrificio pecuniario”.

Nello specifico, questo pagamento viene bloccato, ossia messo in “staking” (una specie di fondo vincolato o deposito cauzionale).

Se la condotta del validatore è opportuna alle regole, lo stesso riceve una ricompensa in termini di partecipazione alle commissioni di transazione in rete. Se, al contrario, si evidenziano procedure malevole, i fondi in staking vengono persi, esattamente come andrebbe a capitare per un deposito cauzionale.

Per quanto l’impatto energetico, nonché ambientale, della Proof of Work di Bitcoin sia stato largamente ridimensionato da studi molto approfonditi, c’è da dire che il modello a Proof of Stake ha una macroscopica tendenza a efficientare di molto il dispendio energetico dell’intero sistema, e produce transazioni più veloci.

Usi pratici: la finanza decentralizzata

Anche solo a livello intuitivo è facile convincersi del fatto che Ethereum porge uno schema di funzionamento esso stesso sovrapponibile a quello di un sistema economico e finanziario classico, quindi non stupisce se la grande maggioranza dei suoi utilizzi vada a “mimare” effettivamente operazioni che conosciamo bene anche nel mondo centralizzato (banche, istituti di credito, assicurazioni, etc…).

A parte ovviamente gli scambi in rete di ETH, ossia il token “motore” dell’intero sistema, che a rigore non è stato studiato per essere una moneta, ma di fatto, essendo portatore di un valore costantemente mappato dal mercato, veicola anche transazioni, la blockchain Ethereum è celebre per svariate altre procedure: prestiti peer-to-peer, ossia concessione di determinati asset in cambio di garanzie in altri asset; prodotti finanziari innovativi; assicurazioni decentralizzate.

Usi pratici: gli NFT e le applicazioni affini

Attraverso il costrutto dei cosiddetti NFT, ossia Token Non Fungibili, il mondo dell’arte e del collezionismo di “certificati unici di proprietà connessi a opere multimediali” ha invaso il mercato, creando appositi portali (OpenSea, Rarible) per la pubblicizzazione, l’acquisto e lo scambio — logicamente a fronte di un pagamento sempre in crypto, a sua volta gestito dai già citati smart contract — di opere uniche o in tiratura limitata.

A parte il mondo dell’arte, per cui questo meccanismo è piuttosto comprensibile in quanto del tutto identico a quello reale (pago un’opera unica coi fondi presenti nel mio wallet digitale, ricevo la medesima in forma di NFT nel mio wallet digitale), il meccanismo NFT è stato utilizzato per numerosi altri ambiti “ibridi”, tra i quali:

Collezionismo di immagini o video in tirature limitate, spesso associati a titoli spendibili nel mondo fisico (come fossero biglietti o tessere di affiliazione): eventi, serate, presentazioni, meeting, e via discorrendo.

Titolarità mappabile in wallet di airdrop (in gergo, diffusione di token all’interno di una comunità, come premio o incentivo a detenerli o usarli), prova di partecipazione a congressi e tavole rotonde; acquisto di manufatti digitali impiegabili in videogame e affini.

Da notare che modelli estremamente simili a quelli degli NFT sono utilizzati anche nella notarizzazione digitale di documenti cruciali, sensibili o di elevata importanza strategica, che oggi possono avere validità legale senza passare attraverso i costi ovviamente maggiorati delle procedure centralizzate.

Il futuro di Ethereum

Gran parte del futuro di Ethereum — che include anche una larga fetta del suo presente — è caratterizzato dalla continua ricerca di soluzioni ottimizzate lungo la direttrice della scalabilità, vale a dire dell’efficienza e velocità di transazione, nonché dell’economicità generale del sistema.

A distanza di oltre dieci anni dal suo avvento, Ethereum vanta oggi decine di “autostrade alternative”, ossia soluzioni cosiddette di layer 2, che permettono di usufruirne con processi di validazione e di transazione sempre più veloci, sicuri ed economici. Ricordiamo a tale proposito alcuni progetti ormai maturi di layer 2, che comunque continuano ad annettere aggiornamenti e innovazioni: Polygon, Arbitrum, Optimism, Base, etc…

Un altro enorme campo applicativo inglobato nel mondo Ethereum (e da qui esportato anche altrove, in blockchain ulteriori e alternative) e nei suoi vari “vassalli” di layer 2 è certamente quello delle cosiddette “stablecoin”, ossia dei token particolari il cui valore — sempre attraverso appositi smart contract — è tale da riprodurre quello di un’unità di valuta classica, come il dollaro, o recentemente anche l’euro.

Le stablecoin, come per esempio la celeberrima Tether (USDT), sono fondamentali in quanto permettono a trader e investitori di scambiare criptovalute volatili nel breve periodo con moneta digitale altrettanto decentralizzata, ma stabile nel breve-medio periodo in quanto legata a fondi fisici in “moneta comune”, oppure a procedimenti automatizzati di intervento sulla liquidità generale al fine di mantenere tale stabilità e corrispondenza biunivoca con la stessa.

Da notare che l’ecosistema Ethereum è anche alla base di ciò che già oggi chiamiamo Web3, ossia un costrutto in grado di aggirare la centralizzazione di Internet attraverso l’interazione tra wallet privati, che diventano il cuore decentralizzato di un nuovo Web, interamente gestito dai singoli utenti, con immense ricadute in termini di incensurabilità, sicurezza, indipendenza.

Già oggi numerose dApp permettono di avere domini stivati direttamente nei propri wallet crittografici, e di gestire siti, social network, blog, anche nell’ottica di monetizzare direttamente e senza le spesso opache intermediazioni del mainstream il proprio lavoro (basti pensare ai cosiddetti creatori di contenuti, ai testimonial e agli influencer).

Si stima che la rivoluzione del Web3 avrà lo stesso impatto del passaggio avvenuto tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila al World Wide Web.

Conclusione

Ethereum, che ancora oggi rappresenta il token crittografico decentralizzato più capitalizzato, famoso, utilizzato e valorizzato dopo Bitcoin, ha trasformato il mondo delle criptovalute, passando dall’essere una semplice alternativa a Bitcoin a diventare un’infrastruttura tecnologica completa che sta ridefinendo il futuro di internet e della finanza. La sua capacità di evolvere e adattarsi alle nuove sfide lo rende uno dei progetti più promettenti nel panorama blockchain.

Grazie a questo fondamentale tassello, oggi numerosi mondi — dalla finanza al Web, passando attraverso l’arte, il collezionismo, la documentazione legale digitalizzata, il gaming e le più disparate applicazioni in ambito produttivo e industriale — sono più moderni, liberi, efficienti e globali.

Filippo Albertin

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