C’è preoccupazione a Londra per l’esplosione dei rendimenti inglesi negli ultimi mesi e che all’inizio di questo nuovo anno hanno raggiunto livelli che non si vedevano da diversi decenni a questa parte. Sarebbe più corretto parlare di rendimenti “britannici”, interessando i bond emessi dal Regno Unito, cioè a nome dei quattro stati che lo compongono: Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. I Gilt della durata di 10 anni, così si chiamano in gergo i bond governativi di Londra, hanno superato il 4,90% di rendimento, il livello più alto dal 2008. I Gilt a 30 anni hanno sfiorato il 5,50%, arrivando ai livelli più alti dal 1998. In pratica, c’è una generazione di sudditi che non aveva mai visto rendimenti a lunga scadenza così alti.
Rendimenti inglesi in forte rialzo e sterlina in crisi
L’esplosione dei rendimenti inglesi sta coincidendo con la caduta della sterlina, un fatto che sta facendo scattare l’allarme a Downing Street, sede del primo ministro. Il cambio contro il dollaro si è portato ai minimi dal settembre del 2023 a circa 1,23. Nel settembre scorso viaggiava ancora sopra 1,33. I due fenomeni, messi assieme, ci dicono che ci sarebbe in corso una vistosa fuga dei capitali. Qualcosa di simile accadde nell’autunno del 2022, ci arriveremo tra poco.
Il Regno Unito esce da un periodo di bassa crescita. Nel 2023 il suo PIL era aumentato solamente dello 0,4%, mentre nel 2024 avrebbe registrato un’inattesa accelerazione all’1,1%. Ha un alto debito pubblico, ormai al 100% del PIL. Il governo dell’ex premier conservatore Rishi Sunak aveva attuato una politica di austerità fiscale, cioè di riduzione della spesa e, in misura inferiore, di aumento delle entrate. Una mossa che si era resa necessaria dopo che i mercati avevano tolto la fiducia al governo più breve della storia britannica, guidato dalla premier Liz Truss. In occasione della presentazione del bilancio per l’esercizio 2023, furono annunciati corposi tagli alle tasse in deficit. I rendimenti inglesi s’impennarono e si rese necessario l’intervento della Banca d’Inghilterra per calmierarli su sollecitazione dei fondi pensione, preoccupati per l’impatto devastante che ciò avrebbe avuto sugli asset gestiti per conto dei clienti.
Vittoria dei laburisti alle elezioni
Il governo Sunak fu travolto dall’impopolarità, complici alcuni scandali interni ai Tories. Nel luglio scorso si sono tenute elezioni anticipate, che il Partito Laburista di Keir Starmer, attuale primo ministro, ha vinto nettamente conquistando appena un terzo dei voti per effetto del sistema uninominale. La sinistra, che era stata all’opposizione fin dal 2010, ha promesso aumenti sostanziosi alla spesa pubblica per migliorare servizi come sanità e trasporti. Ma era anche consapevole che sarebbe potuta incorrere nella stessa sanzione dei mercati comminata ai danni di Truss. Per questo avrebbe scelto nei mesi immediatamente successivi alla vittoria un approccio prudente ai conti pubblici. Alla fine di ottobre il test più importante con la presentazione del bilancio per il 2025 da parte di Rachel Reeves, cancelliere dello Scacchiere e braccio destro di Starmer.
Tassa e spendi con nuovo bilancio
Il nuovo bilancio prevede aumenti delle entrate per 40 miliardi di sterline, ma anche aumenti della spesa pubblica ancora più corposi. La reazione immediata dei mercati non è stata positiva, ma neanche allarmante come due anni prima. A Londra si pensava di averla scampata. Invece, con il passare delle settimane la situazione si è aggravata. I rendimenti inglesi non hanno fatto che salire insieme ai bond americani, specie dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni di novembre. Poiché i mercati scontano inflazione e crescita economica più alte negli Stati Uniti per via di una politica più espansiva, a pagarne lo scotto sono stati e continuano ad essere i titoli obbligazionari. Stanno facendo eccezione in questa fase i rendimenti dei bond cinesi.
Prima ancora che Trump s’insedi, l’inflazione sta risalendo presso un po’ tutte le grandi economie del pianeta, compreso il Regno Unito stesso. Ciò allontana la prospettiva di tagli dei tassi ulteriori nell’immediato. Anche per questo i rendimenti inglesi, così come nell’Area Euro, stanno risalendo. C’è stata, in un certo senso, una revisione delle aspettative per il medio termine. Ma sta di fatto che gli investitori si mostrano preoccupati per la politica dei laburisti, che di tagli alla spesa non ne vorrebbero sentire parlare. E questi si renderebbero necessari per rispettare i loro stessi obiettivi di bilancio, dato che l’aumento dei rendimenti eleva i costi di emissione del debito, cioè la spesa per interessi.
Rischi da risalita dell’inflazione
La caduta della sterlina è preoccupante, per quanto il cambio contro il dollaro sia tutt’altro che a livelli di per sé allarmanti. Nell’autunno del 2022 era sprofondato quasi alla parità, toccando i minimi di sempre. Il problema è che oggi i tassi di interesse sono alti e se il cambio s’indebolisce, c’è il rischio che l’inflazione torni a salire. A quel punto, la Banca d’Inghilterra o sospenderebbe l’allentamento monetario o sarebbe persino costretta a riavviare la stretta. Questo scenario porterebbe a una crisi dei conti pubblici in assenza di interventi decisi per ripristinare l’equilibrio fiscale. Al di là di tutto, quando la fiducia degli investitori viene meno, recuperarla è difficile. Serve tempo.
Non è passato così tanto tempo dall’attacco alla sterlina del 16 settembre del 1992 ad opera del finanziere ungherese e naturalizzato americano George Soros. Quell’evento segnò un’era. Il cambio sprofondò di oltre il 25% in sei mesi e portò l’allora governatore Robin Leigh-Pemberton ad alzare i tassi repentinamente dopo avere resistito alla stretta. Una crisi fiscale, invece, fu sfiorata nel 1976 e portò il governo a chiedere un prestito di 3,9 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale. Fatti che scorrono adesso nella memoria di chi li visse e che interroga sul destino di sterlina e bond in questi mesi. E forse anche questi timori stanno scaldando le criptovalute, dalla loro nascita considerate alternative alle monete fiat.
Rendimenti inglesi in mano a Trump
I rendimenti inglesi potranno salire ancora nelle prossime settimane, se lo stesso faranno quelli americani. A questo punto, il loro futuro sarà nelle mani di Trump. Una volta assunta ufficialmente la carica di presidente, scatenerà una guerra dei dazi o cercherà prima di stringere accordi commerciali con le singole nazioni? Una partenza irruenta avrebbe effetti depressivi sui bond, cioè aumenterebbe ulteriormente i rendimenti offerti. La Banca d’Inghilterra potrebbe sempre intervenire, tra l’altro sospendendo il Quantitative Tightening, ossia la vendita di bond con scadenze tra 7 e 20 anni. Ma in quel caso rischierebbe di provocare una crisi ancora più acuta della sterlina. E da lì a perdere il controllo della situazione non ci vorrebbe molto. Ecco perché gli analisti seguono con molta attenzione quanto sta accadendo a Londra, cercando di fiutare qualche novità positiva da parte del governo per allontanare lo spettro di una più vasta crisi finanziaria.