Il diamante Blue Mellon è stato battuto all’asta in settimana per oltre 25 milioni di dollari

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Se siete amanti delle aste, non vi sarà sfuggita quella che in settimana si è tenuta a Ginevra, Svizzera, dove Christie’s ha battuto un diamante per il prezzo di 17,4 milioni di franchi. Incluse le imposte e facendo la conversione del cambio, ben 25,6 milioni di dollari. Centrate perfettamente le stime della vigilia, che erano comprese tra un minimo di 20 e un massimo di 30 milioni. La pietra in oggetto è il Blue Mellon da 9,51 carati. La cifra è elevatissima, ma lontana dall’essere un record. La stessa pietra, infatti, nel 2014 era stata battuta all’asta nel 2014 per 32,6 milioni. E nel 2016 il Blue Oppenheimer da 14,62 carati fu venduto per oltre 57 milioni. Il Pink Star da 59,60 carati, invece, rappresenta ancora oggi il massimo storico per il prezzo mai raggiunto da un diamante in asta: 71,2 milioni nel 2017, battuto da Sotheby a Hong Kong.

La storia del Blue Mellon

In totale, l’asta di Ginevra ha esitato una vendita complessiva per 102,5 milioni di dollari, in crescita del 24% rispetto all’anno scorso. Oltre al Blue Mellon c’erano in vendita anche tre collezioni private: Rainbow Collection, Private Jar Collection e un cofanetto di gioielli antichi. I Magnific Jewels hanno racimolato in tutto 75,6 milioni. In settimana, sempre a Ginevra sono stati battuti all’asta alcuni gioielli appartenuti a Napoleone Bonaparte. La spilla perduta durante la battaglia di Waterloo è stata venduta per 3,5 milioni di franchi (circa 4,1 milioni di euro). Diametro di 4,5 centimetri, contiene un diamante di 13,04 carati fissato al centro e centinaia di piccoli diamanti disposti su due file concentriche.

Prima di addentrarci nell’analisi del Blue Mellon, dobbiamo ripercorrerne velocemente la storia. Si chiama così, perché in passato appartenne a Rachel Lambert Mellon, nota anche come “Bunny”. Nacque nel 1910 a New York e morì alla veneranda età di 104 anni in Virginia nel 2014. Proveniva da una ricca famiglia di industriali e si sposò con Paul Mellon, a sua volta proveniente da una nota famiglia di banchieri. I soldi non mancavano di certo a casa. Ma la donna fu interessata per tutta la vita più allo stile che alle luci della ribalta. La sua eleganza fu notata dall’allora presidente John Fitzgerald Kennedy, che le commissionò di curare il Roseto della Casa Bianca nel 1961. Ella fu filantropa, collezionista d’arte e orticoltrice.

Prezzo in calo rispetto all’asta del 2014

A conferma del suo carattere, dovete sapere che non usò il Blue Mellon come pietra incastonata in un anello, bensì come pendente di una collana. Lo sfoggio non le apparteneva. Il successo dell’asta di questa settimana svela che il mercato sia interessato e affascinato non solo alle pietre preziose in sé, ma anche alla storia che vi sta dietro. La narrazione diventa importante per poter giustificare richieste di prezzo apparentemente altissime. Molti di voi si staranno chiedendo come mai la pietra sia stata battuta ad un prezzo più basso di quello spuntato all’asta nel 2014. Perché, in effetti, il calo c’è stato e non lo si può nascondere. Prima di affrontare il discorso più generale delle condizioni del mercato dei diamanti, dobbiamo sapere che la pietra è stata trasformata da pendente ad anello in platino, incorniciati da brillanti a taglio singolo e con l’incisione “Fancy Vivid Blue”. Vedremo più avanti il senso di tale scritta. A quanto pare, però, forse la scelta di mutare la destinazione della pietra non è stata premiata.

Caratteristiche salienti del diamante battuto all’asta

Andiamo alle caratteristiche salienti del Blue Mellon. Come detto, è di 9,51 carati e appartiene alle pietre rarissime e per questo preziosissime, definite Fancy Color. Significa che è privo di imperfezioni interne, tra l’altro straordinario anche per il colore e il suo grado di purezza. In passato abbiamo affrontato il mercato dei diamanti e vi abbiamo spiegato che esso funziona secondo regole tutte proprie. Sbaglia di grosso chi ritiene che sia accomunabile a quello dell’oro. Ad esempio, non esiste un vero indice per monitorarne le quotazioni internazionali in tempo reale. Il fatto è semplice: non esiste un prezzo unico per tutti i diamanti come per l’oro in base semplicemente al peso. Sono diversi i criteri che incidono sulle valutazioni finali e per questo gli scambi sono molto meno frequenti e il mercato ne risulta molto meno liquido.

Fattori che incidono sul prezzo

Riassumendo, il valore di un diamante dipende da quattro caratteristiche basilari. Anzitutto, il peso: 1 carato equivale a 0,2 grammi. Poi, bisogna considerare il colore. Si va dai diamanti incolori e più preziosi, classificati con la lettera D e si arriva a quelli di colore giallo e marrone chiaro, classificati con la lettera Z. Ci sono pietre particolari, classificate “Fancy Color”, che si distinguono per presentare una colorazione particolare e in maniera naturale. Quelle di colore blu sono le più preziose. Il Blue Mellon, come suggerisce il nome stesso, appartiene a questa sottocategoria ricercatissima. Terzo requisito è il grado di purezza. I diamanti come quello battuto all’asta a Ginevra sono classificati anche come Flawless/Internally Flawless, cioè senza imperfezioni visibili anche con ingrandimento 10x. Chiaramente, se una pietra presenta una qualche imperfezione, vale di meno. Infine, il taglio determina la brillantezza.

Il prezzo di Blue Mellon giù con la crisi del mercato

C’è un’altra ragione per la quale il Blue Mellon in settimana è stato venduto all’asta a un prezzo nettamente inferiore rispetto a 11 anni fa. Il mercato dei diamanti è ultimamente in crisi. I prezzi segnano un calo generale del 10% nell’ultimo anno e del 45% dai picchi del 2022. Non è che l’interesse verso questo oggetto del lusso sia venuto meno. Più che altro, è lievitata l’offerta per via dei diamanti artificiali, quelli “coltivati” in laboratorio. Il loro prezzo risulta nettamente inferiore a quello di pietre con caratteristiche omologhe e senza che all’occhio umano siano distinguibili dalle seconde. Soprattutto molti clienti più giovani si stanno rivolgendo a questo segmento, vuoi per risparmiare, vuoi anche per non incappare in pietre dall’origine discutibile. Agli inizi del millennio, infatti, un grosso scandalo attorno ai cosiddetti “diamanti insanguinati” ha colpito la reputazione di questo mercato. La crisi è tale da avere spinto Anglo-American a vendere la partecipazione di controllo per l’85% in De Beers, sebbene nei mesi scorsi l’operazione non sia andata in porto.

 

 

 

 

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