Quando parliamo di preziosi per gli investimenti, quasi sempre ci si riferisce all’oro, in seconda battuta all’argento, poi ad altri minerali come il platino. Raramente, invece, si sente parlare dei diamanti. Anzi, quasi mai. Eppure, si tratta del minerale più resistente sulla Terra, composto da un reticolo cristallino di atomi di carbonio. Indistruttibile. Tanto che se c’è stato uno slogan pubblicitario efficace nell’ultimo secolo, è quello inventato da De Beers: “un diamante è per sempre”.
Diamanti, mercato diverso dall’oro
In questo articolo, vi spiegheremo quali sono le principali differenze tra i diamanti e l’oro, come sta vivendo il mercato questa fase e perché la rivoluzione delle crypto può sostenerne la crescita nei prossimi anni, se non decenni. Iniziamo da un dato: le compravendite nel 2023 hanno superato per la prima volta la soglia dei 100 miliardi di dollari. Gli analisti del settore stimano che entro il 2030 sfiorerebbero i 124 miliardi, segnando un tasso di crescita annuale media del 3,2% tra il 2023 e il 2030.
Il Nord America incide per il 55% del mercato globale dei diamanti e, contrariamente a quanto s’immaginava negli anni passati, il suo peso tende a crescere e non a diminuire nel tempo. Vero è, d’altra parte, che la Cina e le altre principali economie emergenti rappresentano mercati di sbocco promettenti per le vendite, dati i forti tassi di crescita del Pil e dei redditi. Infine, il 98% dei ricavi si hanno attraverso le vendite in gioielleria, nonostante l’80% delle pietre preziose estratte siano adatte perlopiù a scopi industriali, vale a dire per essere impiegate come utensili resistenti da taglio.
Dovete sapere che fino agli inizi del millennio la sudafricana De Beers deteneva un quasi monopolio mondiale nella vendita dei diamanti. La sua quota di mercato è andata erodendosi da allora e si aggira adesso intorno al 30%, a tratti superata dalla russa Alrosa e seguita dall’australiana Rio Tinto. Insieme, questi tre colossi incidono per non meno del 70-75% dell’intero mercato.
Investire in pietre preziose, peculiarità
E adesso la domanda cruciale: perché non si parla di diamanti come asset d’investimento? Per il semplice fatto che possiede caratteristiche assai poco omogenee, a differenza dell’oro. Ogni singola pietra è valutata in base a peso (in carati), colore, purezza e taglio. Queste quattro qualità incidono sulla valutazione, che potrà essere effettuata solamente da un esperto gemmologo, il quale provvederà a rilasciare l’apposita certificazione. Nel mondo ci sono diversi istituti di gemmologia che si occupano di svolgere tale lavoro.
Come avrete capito, ogni pietra può valere anche molto diversamente dalle altre, pur a parità di peso. Per questo non è possibile effettuare una quotazione generica dei diamanti come avviene per metalli come oro e argento. Per questi due, infatti, è necessario semplicemente conoscere il peso per derivarne il valore. Da questa peculiarità deriva un forte limite all’uso dei diamanti come asset per investire: la scarsa liquidità degli scambi. Intendiamoci, le pietre preziose mantengono e finanche accrescono il loro valore di mercato negli anni. Il problema è che non sono facilmente rivendibili. Potrebbe essere necessario parecchio tempo prima di trovare un acquirente interessato e non esiste una vera “piazza” in cui domanda e offerta s’incontrano.
Tra le altre cose, i diamanti più grandi valgono tantissimo, fino a decine di milioni di dollari. Da un lato, consentono al proprietario di avere con sé una fortuna, ma dall’altro rendono molto difficile la vendita. Non a caso, le grandi pietre sono battute sempre all’asta. E le aste rappresentano proprio il mercato primario, quello in cui i produttori immettono le pietre in circolazione a cadenze periodiche nel corso dell’anno.
Numerose sfide nel tempo
Negli anni passati, si è generato un allarme sui diamanti. Essendo un oggetto di sfoggio della ricchezza, gli stessi produttori hanno temuto che fosse incompatibile con i valori più egualitari delle nuove generazioni. Il timore è tutt’ora presente, ma data la crescita del mercato, starebbe rientrando. In Cina, ad esempio, l’80% delle vendite riguardano i millenials. Un altro fattore che ha rallentato le vendite è la riduzione degli eventi in cui si è stati soliti regalare diamanti. Questi sono tipicamente associati ai fidanzamenti, in vista dei matrimoni. Sappiamo quanto questo rito sia in crisi in tutto l’Occidente.
C’è stata un’altra causa di crisi in passato: i diamanti “insanguinati”. Una celebre pellicola del 2006 con Leonardo Di Caprio come protagonista e ambientato nel 1999 in Sierra Leone ha denunciato il commercio delle pietre in scenari di guerra, dove le estrazioni erano state possibili tramite torture a carico anche di bambini. Negli ultimi venti anni, la consapevolezza si è diffusa tra gli occidentali circa la scarsa sostenibilità sociale e ambientale di molte miniere di diamanti, specialmente in Africa. E come se non bastasse, un ennesimo scandalo globale ha colpito il prestigio di questo mercato, quando si è appreso che nei decenni precedenti le compagnie minerarie erano solite estrarre le pietre per nasconderle nei caveau, così da sottrarli al mercato e tenerne bassa l’offerta e alti i prezzi.
Blockchain impulso per diamanti
Dunque, i diamanti non sarebbero così rari come ci vorrebbero far credere i produttori. Il fatto che il taglio avvenga perlopiù in India, ha reso spesso molto difficoltosa la loro tracciabilità. Insomma, questo mercato ha dovuto superare diverse e dure prove. Tuttavia, gli si è aperto un mondo davanti con la diffusione delle criptovalute. Vi starete chiedendo cosa c’entrino. In effetti, non ci riferiamo ad un rapporto diretto. Anche i più critici delle monete digitali riconoscono la bontà della “blockchain”. La possiamo definire per i profani come un gigantesco registro in cui vengono annotate tutte le transazioni tramite codici alfanumerici che tutelano la privacy dei titolari.
La blockchain sta già trovano impiego su altri mercati differenti dalle criptovalute. E uno di questi è già quello dei diamanti. A che scopo? Renderne tracciabile la provenienza e risolvere alla radice le inquietudini di chi è sensibile ai temi della sostenibilità sociale e ambientale dei processi produttivi. La trasparenza sta aumentando, perché le compagnie estrattive hanno compreso che va a loro favore. Resta il fatto che le estrazioni annuali stanno diminuendo. Secondo Kimberly Process, nel 2023 sono scese a 111,5 milioni di carati nel mondo, in calo dell’8% sul 2022 e il livello più basso dall’inizio delle rilevazioni di venti anni prima, fatta eccezione per l’anno della pandemia nel 2020. Le sanzioni occidentali contro la Russia hanno contribuito solo in parte al calo. Ed entro i prossimi anni si stima l’esaurimento di miniere per una produzione complessiva annuale stimata in 29 milioni di carati. Numeri, che ci lasciano supporre che, in assenza di ulteriori investimenti, l’offerta globale sia destinata a contrarsi. E questo deporrebbe a favore dei prezzi.