Polkadot 2.0: verso il supercomputer globale

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Polkadot ha attraversato negli ultimi anni una metamorfosi che definire “radicale” sarebbe riduttivo. Se analizziamo la fase embrionale del protocollo, quella che oggi chiamiamo Polkadot 1.0, l’obiettivo primario era ingegneristico: dimostrare la fattibilità pratica dello sharding eterogeneo, validare il modello delle “Parachain” e garantire una sicurezza condivisa mai vista prima.

Tuttavia, il panorama Web3 e crypto corre veloce. Oggi ci troviamo nel pieno della transizione verso Polkadot 2.0. Questa nuova iterazione non rappresenta un mero aggiornamento del software (come un fork tradizionale), ma un cambio di paradigma filosofico ed economico: il passaggio da una rete di blockchain isolate vincolate da aste rigide, a un immenso processore multi-core distribuito su scala globale, flessibile e onnipresente.

Gavin Wood, fondatore di Polkadot ed Ethereum, ha descritto questa visione non più come una semplice “rete di blockchain”, ma come una piattaforma per l’utilizzo di blockspace (spazio blocco) sicuro e verificabile. In questo articolo, analizzeremo lo stato dell’arte di questa tecnologia, esplorando le implicazioni tecniche di Agile Coretime, l’avvento di JAM, e come l’adozione reale (Real World Assets) stia beneficiando di questa architettura.

Insomma, dopo il nostro ultimo articolo in materia, giova fare il punto della situazione con un corposo aggiornamento, oggetto principale di questo articolo…

Agile Coretime e la “commoditizzazione” del blockspace

Il cuore pulsante del cambiamento di Polkadot 2.0 risiede nella radicale ristrutturazione del modo in cui la rete distribuisce le proprie risorse computazionali.

Nel modello originale (1.0), un progetto che voleva connettersi alla sicurezza di Polkadot doveva vincere un’asta per una “Parachain Slot”. Questo richiedeva di bloccare milioni di token DOT per un periodo di due anni. Sebbene questo sistema abbia garantito che solo progetti seri e ben capitalizzati (come Astar, Moonbeam o Acala) entrassero nella rete, ha creato una barriera all’ingresso insormontabile per startup agili, sperimentazioni a breve termine o progetti con budget limitati. Era, per usare un’analogia, come essere costretti ad acquistare un intero data center per ospitare un semplice sito web.

Con l’implementazione della RFC-1 e il lancio di Polkadot 2.0, il concetto di “Slot” viene sostituito dal Coretime. Polkadot viene ora concettualizzato come un supercomputer con diversi “core” di elaborazione parallela. Questo spazio di calcolo diventa una commodity scambiabile, acquistabile e rivendibile.

Il Coretime si divide in due modalità principali:

Bulk Coretime (Coretime all’ingrosso): Le risorse vengono acquistate in blocchi mensili tramite un sistema di vendita prevedibile e non tramite aste predatorie. Questo è simile al vecchio modello ma immensamente più flessibile: un progetto può acquistare un core, usarlo, e se il mese successivo il traffico cala, rivendere l’eccesso su mercati secondari come Lastic.

Instantaneous Coretime (Coretime Istantaneo): Questo è il vero “game changer”. Funziona come un mercato “on-demand” (simile a Amazon AWS Spot Instances). Gli sviluppatori possono acquistare potenza di calcolo per singolo blocco, solo quando ne hanno bisogno.

Questo approccio permette l’esistenza di “Parathreads”, ovvero blockchain che si “svegliano”, elaborano transazioni, finalizzano il blocco sulla Relay Chain e tornano in “ibernazione”, pagando solo pochi centesimi. Questa architettura democratizza l’accesso alla sicurezza di livello bancario di Polkadot, aprendo le porte a dApp che non necessitano di una blockchain attiva 24/7, ma che richiedono sicurezza assoluta quando operano.

Elastic Scaling e Asynchronous Backing: prestazioni da Web2

Nonostante la sicurezza fosse impeccabile, una critica mossa spesso a Polkadot riguardava la latenza e il throughput rispetto a nuove L1 come Solana o Aptos. Polkadot 2.0 risponde con due aggiornamenti tecnici monumentali che stanno venendo progressivamente attivati nel corso del 2024 e 2025.

Fino a poco tempo fa, le parachain avevano un tempo di blocco di 12 secondi e dovevano sottostare a regole sincrone rigide per la validazione. L’Asynchronous Backing riduce il tempo di blocco a 6 secondi e, cosa più importante, aumenta la quantità di spazio dati disponibile per blocco.

Il risultato? Un aumento della capacità di elaborazione delle transazioni di circa 8-10 volte per ogni singola parachain. Questo rende l’esperienza utente molto più “scattante”, riducendo la latenza percepita nelle applicazioni DeFi e nel Gaming

Con Elastic Scaling entriamo nel territorio del “Multicore”. In Polkadot 1.0, una parachain era vincolata a un singolo core della Relay Chain. Con l’Elastic Scaling, una singola applicazione (o parachain) può affittare multipli core simultaneamente se la domanda della rete lo richiede.

Immaginiamo un gioco Web3 basato su Polkadot che lancia un evento speciale attirando 100.000 utenti in un’ora. Con l’Elastic Scaling, la chain del gioco può “allargarsi”, occupando 2, 3 o 10 core temporaneamente per gestire il picco di traffico, per poi restringersi quando la domanda cala. Nessun’altra blockchain al momento offre questa capacità di ridimensionamento dinamico senza compromettere la sicurezza decentralizzata.

Il “Multiverso” applicativo: oltre lo smart contract

Polkadot non è una “smart contract platform” generalista come Ethereum; è una Layer-0, una Meta-Blockchain. Questo significa che il suo ecosistema è composto da blockchain specializzate che eccellono in compiti specifici. La vera innovazione sta nel protocollo XCM (Cross-Consensus Messaging), che permette a queste specializzazioni di comporsi tra loro.

Mentre su altre reti la DeFi soffre di frammentazione della liquidità (con ponti insicuri che collegano isole di valore), su Polkadot protocolli come Hydration (precedentemente HydraDX) stanno ridefinendo lo standard.

Hydration utilizza l’Omnipool, un design unico dove tutti gli asset (DOT, USDT, BTC, ETH) sono depositati in un unico bacino di liquidità oceanica. Questo elimina la necessità di coppie di trading frammentate (es. A/B, B/C per scambiare A con C) e riduce drasticamente lo slippage.

Inoltre, grazie all’integrazione nativa di USDC e USDT (emessi direttamente su Asset Hub e non tramite bridge terzi), la DeFi su Polkadot ha ora accesso a rampe di liquidità istituzionali.

Parallelamente, Interlay sta costruendo l’infrastruttura per rendere Bitcoin programmabile. Attraverso il token iBTC, Interlay crea un ponte trustless (senza intermediari centralizzati) che porta la liquidità di BTC nel mondo DeFi di Polkadot, permettendo prestiti, trading e yield farming su Bitcoin reale, protetto dalla stessa rete di validatori di Polkadot.

Gaming e intrattenimento: il caso Mythos

Una delle notizie più rilevanti dell’ultimo anno è stata la migrazione della Mythos Chain (che gestisce giochi come Blankos Block Party e il marketplace DMarket) dall’ecosistema Ethereum a Polkadot.

Perché questo spostamento? Mythos è una delle chain con il maggior volume di transazioni al mondo (spesso superando intere L1). La necessità di throughput elevato e costi prevedibili ha reso Polkadot la scelta logica, specialmente in vista dell’Elastic Scaling. Questo dimostra che il settore gaming AAA sta iniziando a vedere Polkadot non come un’alternativa esotica, ma come l’unica infrastruttura capace di reggere carichi “Web2”.

Real World Assets (RWA) e Identità Sovrana: adozione istituzionale

Mentre il mercato retail insegue le memecoin, le istituzioni stanno costruendo silenziosamente su Polkadot per via della sua architettura modulare e sicura.

Uno dei pilastri dell’adozione reale è KILT Protocol. KILT gestisce Identità Decentralizzate (DID) e Credenziali Verificabili (VC). A differenza dei sistemi di login tradizionali (Google, Facebook), KILT permette a utenti e macchine di possedere i propri dati.

A titolo di caso concreto, la validazione di questa tecnologia è arrivata con la partnership tra KILT e il gigante della revisione Deloitte. Deloitte utilizza la blockchain di KILT per emettere credenziali digitali riutilizzabili per i requisiti KYC (Know Your Customer) e KYB (Know Your Business) nel settore della logistica marittima. Questo non è un “progetto pilota”: è tecnologia blockchain usata per snellire processi burocratici reali, riducendo frodi e tempi di attesa nei porti globali.

Un altro gigante, Energy Web, sta migrando la sua infrastruttura verso Polkadot per creare la Energy Web X. La loro missione è decarbonizzare la rete elettrica globale. Utilizzando la tecnologia di Polkadot, Energy Web permette di creare “passaporti digitali” per asset energetici (pannelli solari, batterie, veicoli elettrici).

Questi asset possono scambiare energia e dati in modo sicuro. Ad esempio, una flotta di auto elettriche può vendere l’energia immagazzinata alla rete locale durante i picchi di domanda, con transazioni regolate automaticamente e in modo trasparente sulla blockchain.

Ma abbiamo anche esempi dallo scenario finanziario. Leader indiscusso nella tokenizzazione di asset reali, Centrifuge connette il capitale della DeFi con le necessità di finanziamento delle PMI. Fatture, mutui e royalties future vengono trasformati in NFT, impacchettati in pool e usati come collaterale per ottenere liquidità in stablecoin.

Grazie alla natura multichain di Polkadot, Centrifuge può attingere liquidità da diverse parachain (come Acala o Hydration) e persino da Ethereum, agendo come il motore finanziario che porta rendimenti “reali” (yield non inflattivi) nel mondo delle criptovalute.

XCM e la fine dei bridge vulnerabili

Uno dei problemi storici e più costosi del mondo crypto sono i “ponti” (bridges). Negli ultimi anni, miliardi di dollari sono stati rubati a causa di vulnerabilità nei bridge che collegano chain diverse (es. l’hack di Wormhole o Nomad).

Polkadot risolve il problema alla radice con XCM e la Shared Security…

Quando un asset si sposta da Asset Hub a Moonbeam, non sta “lasciando” la sicurezza di Polkadot. I validatori che proteggono la transazione sono gli stessi. XCM non è solo un modo per inviare token, ma un linguaggio di comunicazione universale: permette di inviare istruzioni.

Esempio pratico di componibilità XCM; Un utente potrebbe avere dei DOT su una chain (es. Polkadot Asset Hub). Tramite un’unica transazione firmata dal suo wallet, potrebbe:

  1. Spostare i DOT su Hydration
  2. Scambiarli per USDT.
  3. Inviare gli USDT a Interlay per fornire liquidità.

Tutto questo avviene in background (“intent-centric”), senza che l’utente debba navigare su tre siti diversi o preoccuparsi di bridge insicuri. Inoltre, il recente lancio di Snowbridge colma il divario con Ethereum. Snowbridge è un ponte trustless (senza intermediari fidati) che utilizza la finalità della Relay Chain di Polkadot e quella di Ethereum per verificare le transazioni. È considerato un bene pubblico (“common good”), non ha token propri e non applica fee predatorie, garantendo un corridoio sicuro tra le due più grandi economie di sviluppatori del Web3.

Governance 2.0: modello OpenGov

Nessuna discussione su Polkadot è completa senza menzionare OpenGov. Polkadot ha implementato il sistema di governance on-chain più sofisticato al mondo.

In OpenGov, il “Consiglio” centralizzato è stato abolito. Ogni detentore di DOT ha il potere di proporre e votare cambiamenti. La vera innovazione è la gestione della Tesoreria (Treasury). La tesoreria di Polkadot detiene milioni di DOT destinati alla crescita dell’ecosistema.

Attraverso OpenGov, la comunità ha finanziato iniziative di marketing globali (come la sponsorizzazione dell’Inter Miami CF o piloti della Indy 500) e lo sviluppo tecnico, in un processo di trasparenza radicale. Mentre altre fondazioni decidono a porte chiuse come spendere i fondi, su Polkadot ogni singola spesa è visibile, dibattuta e votata on-chain.

Sebbene caotico (a ben vedere come ogni vera democrazia), questo sistema rende il protocollo resistente alla censura e non dipendente dall’umore di un CEO o di una singola entità legale, un fattore cruciale per ottenere lo status di “non-security” agli occhi dei regolatori.

Oltre l’orizzonte: JAM e il futuro del calcolo

Se Polkadot 2.0 è il presente, JAM (Join-Accumulate Machine) è il futuro. Presentato nel recente “Graypaper” da Gavin Wood, JAM rappresenta l’erede della Relay Chain. Attualmente, la Relay Chain gestisce principalmente la validazione delle Parachain. JAM trasformerà Polkadot in un ambiente ancora più generalista. Permetterà l’esecuzione di “Core Services” direttamente sul layer principale, non limitandosi alle blockchain.

In parole semplici, JAM permetterà a Polkadot di eseguire codice smart contract direttamente sui suoi core (senza bisogno di una parachain intermediaria) e di gestire calcoli complessi e massivi, potenzialmente aprendo la strada a logiche di Intelligenza Artificiale decentralizzata o calcolo scientifico distribuito, mantenendo la stessa sicurezza crittografica.

Conclusioni

Polkadot non sta cercando di vincere la gara della “blockchain più veloce del mese” per cavalcare l’hype del momento. Il suo obiettivo è molto più ambizioso: diventare l’infrastruttura sottostante, invisibile e resiliente, su cui poggerà l’intero Web3.

Con l’avvento di Polkadot 2.0, la rete si trasforma da un arcipelago di isole a un continente interconnesso. Il Coretime diventa la nuova elettricità del Web3, l’Elastic Scaling fornisce la potenza necessaria per le applicazioni di massa, e le partnership con giganti come Deloitte e Mythos dimostrano che la scommessa sulla qualità tecnica sta iniziando a pagare dividendi nel mondo reale.

Il futuro non appartiene a chi urla più forte su Twitter, ma a chi costruisce le strade su cui viaggerà il valore del domani. E quelle strade, oggi, si stanno costruendo certamente anche su Polkadot.

Filippo Albertin

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