Bitcoin a 100.000 dollari entro Natale scenario possibile, ecco cosa spinge la criptovaluta

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Pur in calo del 2% nella giornata di lunedì 30 settembre, Bitcoin rimane in fortissimo rialzo del 44% da inizio anno. La quotazione si aggira intorno ai 63.600 dollari e gli analisti iniziano a puntare sul raggiungimento della soglia dei 100.000 dollari entro la fine dell’anno. Considerando che manchino appena tre mesi, si tratterebbe di mettere a segno una crescita del 57% rispetto ai valori odierni. Ma è quanto emerge dalle scommesse del mercato attraverso i contratti di opzione sui grandi exchange mondiali di “criptovalute”. Si tratta di titoli che garantiscono al possessore la facoltà, seppure non l’obbligo, di acquistare o vendere un asset sottostante a un dato prezzo (“strike price”).

Bitcoin già al 94% dell’offerta massima

Prendendo in considerazione tutti gli exchange, le opzioni puntano a nuovi massimi storici in area 75-80.000 dollari entro Natale. Ed è quanto crede che possano raggiungere i Bitcoin nel breve termine anche il capo analista di Swyftx, Pav Hundal. A suo avviso, la soglia dei 100.000 dollari non sarebbe da escludere, ma dovrebbe andare tutto nella giusta direzione nei prossimi mesi.

Bitcoin è la più diffusa criptovaluta nel mondo e vanta da solo una capitalizzazione di mercato superiore ai 1.250 miliardi. In circolazione vi sono 19,76 milioni di unità, pari al 94% dell’offerta totale massima prevista. Ci sono divergenze attorno alla data entro cui le emissioni saranno esaurite. La previsione da sempre preponderante è che ciò avverrà al 2140, mentre per qualche analista già entro i prossimi decenni sul mercato vi sarebbe in circolazione il 99% dei Bitcoin. Il ritmo a cui saranno “estratti” dipende dalla capacità di calcolo dei cosiddetti “miners”.

Soglia dei 100.000 dollari appesa alle elezioni Usa

Dicevamo, possibile il raggiungimento dei 100.000 dollari entro pochi mesi, purché tutto vada per il verso giusto. Dal punto di vista delle quotazioni, servirebbe senz’altro la vittoria alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti di Donald Trump. Il magnate, già presidente tra il 2017 e il 2021, è diventato un grande sostenitore delle crypto, nonostante agli inizi della sua carriera politica le avesse definite “una truffa”. Adesso, in piena campagna elettorale ha promesso la costituzione di una riserva federale in Bitcoin, nonché la promessa che non venderebbe i token digitali già in possesso dello stato federale attraverso i sequestri realizzati in questi anni.

A dire il vero, anche l’attuale vicepresidente Kamala Harris, che corre come candidata per il Partito Democratico, ha rilasciato dichiarazioni di riappacificazione con il mondo delle crypto, garantendo il sostegno all’innovazione digitale e all’Intelligenza Artificiale. Diversi esponenti del suo partito, che capeggiano l’ala più liberal, si mostrano contrari al mercato dei token, sostenendo che siano una minaccia ai risparmi e che andrebbero fortemente regolamentati.

Boom quotazione con maggiore liquidità

A seguito di queste nuove posizioni, chiunque vinca le elezioni del 5 novembre Bitcoin non dovrebbe accusare il colpo. Tuttavia, è naturale immaginare che le quotazioni accelereranno la corsa nel caso in cui prevalesse il repubblicano. Indipendentemente dalle condizioni politiche, Cointelegraph ha rimarcato come Bitcoin abbia storicamente guadagnato la media dell’83% nei dodici mesi successivi all’aumento dei depositi bancari e della liquidità in circolazione. In altre parole, quando la politica monetaria diventa meno restrittiva, le criptovalute tendono ad apprezzarsi. Un po’ come l’oro. Lo abbiamo spiegato nei giorni scorsi con un apposito articolo (leggi anche: Criptovalute, ecco l’impatto del taglio dei tassi Fed in formato ‘maxi’).

Scommettere sui Bitcoin attraverso le azioni MicroStrategy

Se si vuole scommettere sui Bitcoin, non è detto che bisogna acquistarli direttamente. Un po’ come accade per l’oro, il cui trend si può sfruttare acquistando azioni delle società minerarie estrattive. Nello specifico, da quattro anni esiste un titolo azionario che più di ogni altro si è legato indissolubilmente alla moneta digitale più popolare: MicroStrategy. E’ un’azienda nata alla fine degli anni Ottanta, attiva nella fornitura di servizi software mobile e cloud. Il suo fondatore e allora amministratore delegato Michael Saylor, tuttavia, nei giorni precedenti al Ferragosto del 2020 annunciò la svolta: la sua creatura si sarebbe occupata di investire in Bitcoin.

Ad oggi, la società ne ha acquistati 252.200 per un costo complessivo di 9,91 miliardi, cioè al costo cadauno medio di quasi 39.300 dollari. Ai prezzi di mercato odierni, il portafoglio varrebbe sui 16 miliardi. In pancia, quindi, MicroStrategy detiene una plusvalenza lorda virtuale di oltre 6 miliardi. Pensate che essa capitalizzava prima dell’annuncio appena 2 miliardi contro i 27,85 miliardi attuali. In borsa, quindi, è cresciuta di quasi il 1.300%, cioè di poco meno di 26 miliardi. E’ chiaro che tale boom sia legato a quello che è diventato a tutti gli effetti il nuovo business societario. Ormai, MicroStrategy è un “whale”, letteralmente una “balena”. Così sono definiti i titolari di grossi portafogli crypto. Detiene nei fatti l’1,28% di tutti i Bitcoin sinora “estratti”.

Cosa ancora più importante, Saylor ha dichiarato più volte che non venderà mai e poi mai i Bitcoin posseduti. Da un lato questo sostiene le quotazioni dell’asset, trattandosi di un grosso investitore intento solamente ad acquistare. Dall’altro non si capisce come la società possa trarre valore dal rialzo dei prezzi. Quand’anche questi arrivassero a livelli sinora inimmaginabili, la plusvalenza per MicroStrategy non verrebbe mai realizzata, restando virtuale. A meno che, raggiunti certi numeri, non cambi idea.

Bitcoin sostenuto da quarto halving di aprile 2024

Non dobbiamo dimenticare che nell’aprile scorso vi è stato il quarto “halving” per Bitcoin. E ogni volta esso ha alimentato il boom delle quotazioni nei mesi seguenti. Il precedente si ebbe nella primavera del 2020 ed entro 18 mesi Bitcoin passò da circa 8.000 a 69.000 dollari, toccando l’allora massimo storico battuto solamente quest’anno. Di cosa parliamo? I “miners”, coloro che “estraggono” il token, devono risolvere complessi calcoli matematici. Se e quando vi riescono, il sistema li remunera con il rilascio di un dato numero di Bitcoin. All’inizio, era di 50 per ogni blocco. Con l’ultimo “halving”, che letteralmente significa per l’appunto “dimezzamento”, si è passati da 6,25 a 3,1250 unità. E questo significa nel concreto che l’offerta globale rallenta il suo tasso di crescita. A parità di aumento della domanda, le quotazioni non possono che aumentare.

Al momento, Bitcoin vale un po’ meno rispetto alla data ufficiale dell’ultimo “halving”, anche se il mercato aveva scontato la crescita nelle settimane precedenti. Se raggiungesse i 100.000 dollari già a Natale, per fine anno accrescerebbe la capitalizzazione di altri 700 miliardi. A sua volta, l’intero mercato delle criptovalute sarebbe trainato prevedibilmente di un valore quasi doppio, tenuto conto del fatto che solamente Bitcoin incide per metà dell’intera capitalizzazione delle migliaia di token compravenduti negli exchange nel mondo.

 

 

 

 

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