La bolla IA sta scoppiando? Ecco cosa significa il caso DeepSeek per le borse mondiali

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Lunedì 27 gennaio rischia di diventare una data cerchiata sul calendario degli investitori, perché potrebbe essere stato il giorno d’inizio per lo scoppio della bolla IA, cioè del comparto legato all’Intelligenza Artificiale. E’ successo che, come preannunciavano i futures prima dell’apertura, il titolo NVIDIA è precipitato del 17% nel corso della seduta. Si è trattato del crollo più grande dal 2020, ma in valore assoluto il più grande di sempre in tutto il mondo. La società ha perso in un solo giorno circa 590 miliardi di dollari di capitalizzazione. Numeri spaventosi, che si devono al fatto che la stessa società fosse arrivata a capitalizzare quasi 3.600 miliardi, arrivando prima al mondo per valore di borsa, superando perfino Apple e con un rapporto prezzo/utili molto elevato. Altri colossi tech sono implosi, tra cui Oracle che ha perso il 16%.

Perché si parla di bolla IA

Per capire cosa sia accaduto, dobbiamo andare dall’altra parte del mondo e per l’esattezza in Cina. Una settimana prima, il 20 gennaio, data dell’insediamento del presidente Donald Trump (coincidenza?), viene resa disponibile al pubblico DeepSeek, un’app che funziona come chat bot similmente a Chat GPT. Sul mercato americano si sono registrati 1,6 milioni di download tra lunedì e sabato e già questo dato è stato considerato una minaccia per l’industria legata all’IA americana. Ma il peggio è stato scoprire che l’app cinese sia risultata persino superiore alle concorrenti della Silicon Valley, specialmente sul fronte dei calcoli matematici e delle capacità di rispondere alle domande degli utenti.

Ma non è neppure questo il dato che ha fatto trasecolare la finanza a Wall Street. Sapete quanto risulta essere il capitale sociale di DeepSeek? Appena 10 milioni di yuan, che al cambio fanno 1,4 milioni di dollari. E per testare l’app sono stati spesi circa 6 milioni di dollari, quando negli Stati Uniti si sono impiegate centinaia di miliardi e per giungere a risultati del tutto comparabili o addirittura peggiori. Questo è un grosso, potenziale guaio per il sistema finanziario americano. C’è il serio rischio che gli analisti, basandosi sulle osservazioni di quanto accaduto in questi anni, abbiano di gran lunga sovrastimato gli investimenti necessari per sviluppare l’IA. Se fosse così, valutazioni stratosferiche come quelle di NVIDIA non si reggerebbero più in piedi.

Cina scombina i piani della Silicon Valley

NVIDIA è una società fondata nel 1993 e che fino a qualche tempo addietro era nota per vendere schede grafiche alle società di videogiochi. Ma poi si è riconvertita puntando al business dell’IA e ha iniziato a produrre tanti chip costosissimi alle società che girano attorno ai chat bot. In appena 5 anni il titolo in borsa è esploso del 2.250%. Dai massimi toccati nelle scorse sedute, perde il 21%. Non è tantissimo, ma un segnale preoccupante. Infatti, se i cinesi sono riusciti a creare qualcosa di simile a Chat GPT con una frazione millesimale dei costi, volete vedere che non serviranno tutti questi investimenti preventivati e che alla fine si sia alimentata in questi ultimi anni una potentissima bolla IA?

La domanda appare ancora più lecita, se si considera che a distanza di un paio di giorni dal crollo di NVIDIA in borsa è arrivata un’altra pessima notizia dalla Cina: Alibaba sostiene di avere creato un chat bot ancora migliore di DeepSeek e che è una versione nuova di Qwen 2.5. La Cina potrebbe avere scoperto il vaso di Pandora. Bisogna essere molto cauti quando abbiamo a che fare con essa. I dati forniti da Pechino non sono il ritratto della trasparenza, né sappiamo se per raggiungere questi risultati si sia fatto ricorso a pratiche come lo spionaggio industriale e l’aggiro dell’embargo sui chip imposto dall’America già con la prima amministrazione Trump.

Criptovalute vicine ai massimi

Tuttavia, sembra indubbio che non solo la Silicon Valley sia in grado di compiere quel salto tecnologico di cui tutti parliamo negli ultimi tempi. E questo può scatenare una competizione ancora più agguerrita tra superpotenze, così come avvenne 60 anni fa con la corsa verso lo spazio. La bolla IA, se scoppiasse, non sarebbe roba di poco conto. Ci sono a rischio centinaia, anzi migliaia di miliardi di dollari di investimenti. Soldi di tutti noi, vuoi direttamente, vuoi attraverso banche, fondi e ETF. Sarà forse anche per questo che le quotazioni delle crypto siano rimaste solide nelle ultime sedute. Bitcoin è risalito sopra 100.000 dollari dopo essere sceso per poco sotto tale soglia. In qualità di asset alternativi ai titoli finanziari tradizionali, possono fare la differenze nei portafogli degli investitori.

Se ci pensiamo bene, Bitcoin debuttò nel 2009 proprio come reazione alla crisi delle borse mondiali e alla sfiducia verso le banche centrali. Questa volta, la bolla IA può consolidare un trend già irrobustitosi con l’elezione di Trump a novembre. Anche oggi il titolo NVIDIA cede al Nasdaq qualcosa come circa il 5%. Una situazione che ricorda lo scoppio della bolla dotcom di 25 anni fa. E allora fu in grado di provocare una breve recessione dell’economia americana dopo una lunga fase di espansione. La storia non si ripete mai allo stesso modo. Sono diversi i tempi, le condizioni dei mercati e le politiche dei governi, a partire dagli Stati Uniti. All’epoca c’erano gli avanzi di bilancio dell’amministrazione Clinton, oggi i “buchi” spaventosi lasciati in eredità a Trump dall’amministrazione Biden.

Bolla IA in era Covid

Le stesse banche centrali sono entrate in un’era nuova dopo il 2008, tra tassi azzerati e negativi e acquisti all’occorrenza di bond e altri asset finanziari per pompare liquidità nel sistema. Tutto questo rende le crisi molto meno dure e probabili di un tempo. Ma l’effetto collaterale sta tutto nell’esplosione dei corsi finanziari. La bolla IA non si è alimentata in un periodo a caso. E’ arrivata in coincidenza con la pandemia, quando i governi di tutto il mondo hanno intrapreso una politica fiscale estremamente lassista, con aiuti generosissimi e generalizzati a famiglie e imprese. Nel frattempo, le banche centrali azzeravano i tassi e acquistavano bond come mai prima. La liquidità è esplosa al punto da avere contribuito in misura determinante al boom dell’inflazione un po’ in tutto l’Occidente.

A fianco alla bolla IA c’è stato il fenomeno delle meme stock, che continua ad esistere. Segno che sui mercati ci sia ancora denaro in eccesso da investire. Tutto questo non fa che sostenere le quotazioni delle crypto. E man mano che i rendimenti delle obbligazioni scenderanno con il taglio dei tassi, l’appeal dei token digitali si farà ancora più forte.

 

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