Negli ultimi anni sui mercati abbiamo assistito alla nascita e alla propagazione di un fenomeno che fino a poco tempo prima ritenevamo persino impossibile che potesse verificarsi. Parliamo delle “meme stock”, un’espressione che ai più non dice nulla, ma che tanta apprensione ha creato tra gli investitori per le dimensioni che ha assunto.
Meme stock, cosa sono
Le meme stock sono titoli azionari diventate popolari grazie ai social. Sono anche dette “stonks”, che è una storpiatura di “stocks” (azioni), intendendo qualcosa che porta generalmente una buona notizia. Se n’è iniziato a parlare in piena pandemia. Siamo agli inizi del 2021 e il mercato notò movimenti abbastanza irruenti e anomali a favore di determinati titoli. Questi erano rimasti sostanzialmente anonimi fino a quel momento, riflettendo società a bassa capitalizzazione quotate a Wall Street.
Episodi di inizio 2021
Quale fu l’anomalia notata? Boom azionari improvvisi senza alcuna spiegazione logica. Due furono inizialmente i titoli beneficiari: GameStop e AMC Entertainment Holdings. Il primo esplose da una quotazione di 4,42 dollari del 4 gennaio fino a un massimo di 81,25 dollari del 25 gennaio. Un’impennata del 1.740% in tre settimane esatte. Il secondo passò dai 9,44 dollari del 9 gennaio ai 261,44 massimi del 18 giugno: +2.670%. Da notare il business delle sue società. La prima era ed è ancora oggi attiva nelle vendite di videogiochi tradizionali, mentre la seconda è a capo di sale cinema. Entrambe in forte malora. GameStop risentiva della crisi legata all’avanzata dei giochi online, mentre AMC pagava i “lockdown” contro la pandemia sul territorio americano.
Non solo non vi era alla base di questi rialzi alcun fondamento logico, ma anzi si trattava di azioni fortemente “shortate”, cioè oggetto di vendite allo scoperto copiose. E proprio queste caratteristiche attirarono coloro che diedero vita al fenomeno delle meme stock. Si capì che numerosi utenti iscritti al social Reddit avevano discusso circa la necessità di impartire una lezione alla finanza tradizionale, rea di speculare al ribasso ai danni di alcuni titoli in maniera particolare. Alcuni di loro notarono questi due titoli e proposero di investirvi per aumentarne le quotazioni in breve tempo e in misura imponente.
Queste mosse effettivamente ebbero l’effetto di provocare l’esplosione dei prezzi, al punto che i ribassisti reagirono con quello che in gergo è noto come “short squeeze”. Avendo scommesso al ribasso e andando le quotazioni in direzione opposta, al fine di limitare le perdite entrarono sul mercato acquistando anch’essi per “ricoprirsi”. La domanda salì ulteriormente, finendo per amplificare i guadagni.
Fenomeno nato con la pandemia
Un aspetto interessante delle meme stock consistette (ed è ancora oggi così) nel fatto che gli investitori fossero in gran parte giovani e giovanissimi, molti dei quali costretti al tempo a restare a casa per via dei “lockdown”. Puntarono i loro risparmi, che in buona parte provennero dai sussidi erogati dal governo americano contro la crisi. Fu quasi un gioco di massa, un passatempo contro la noia, ma che stravolse la borsa americana e inflisse perdite agli investitori tradizionali, specialmente istituzionali. Davide batteva Golia, in buona sostanza.
Social sempre più influenti sul trading
Su questi episodi la Securities and Exchange Commission, che corrisponde alla nostra Consob, non intravide operazioni illegali, in quanto gli acquisti non sarebbero stati “concordati” sul social online, bensì più semplicemente discussi. E sarebbe stata esclusa una regia dietro le meme stock. Sta di fatto che il mercato iniziò ad interrogarsi se fosse normale che alcuni titoli salissero per il semplice fatto che se ne parlasse su un social. Questo aspetto è diventato oggi ancora più inquietante. In molti casi, è stato sufficiente che alcuni grossi investitori sui loro profili social abbiano dichiarato il loro favore in favore di questa o quella crypto per alimentarne il boom immediato.
I casi più lampanti hanno riguardato anche di recente Michael Saylor ed Elon Musk, entrambi forti sostenitori di Bitcoin. Il secondo sarà nominato a capo del Dipartimento per l’Efficienza Governativa dal presidente eletto Donald Trump. E molti hanno notato che l’acronimo di questo organismo sia DOGE, il nome della criptovaluta preferita dallo stesso fondatore di Tesla. Non a caso, ciò ne ha foraggiato gli acquisti e sostenuto i prezzi.
Caratteristiche essenziali
Veniamo alle caratteristiche essenziali delle meme stock. La prima è la più elementare: sono azioni in borsa particolarmente seguite sui social media. La seconda risiede nella loro volatilità. La terza riguarda i volumi di trading particolarmente fluttuanti. Acquisti massicci in un arco di tempo molto breve possono portare a problemi di liquidità negli scambi. La quarta consiste nell’alto interesse riscosso tra gli investitori individuali, specialmente giovani. Infine, le quotazioni diventano del tutto sconnesse dai fondamentali.
Il fenomeno è stato considerato conseguenza di una sorta di democratizzazione del mondo degli affari. Poiché la tecnologia consente la circolazione delle idee e il facile accesso alle piattaforme di trading, sono sempre più numerosi gli investitori individuali e la capacità solo dei grandi investitori istituzionali di direzionare i prezzi sarebbe in buona parte venuta meno. Da questo punto di vista, non sarebbe necessariamente un fatto negativo. E’ positivo che non ci sia solamente una cerchia ristretta di persone ed entità a fissare nei fatti i prezzi. Il problema, però, è un altro: se è opinabile che le valutazioni di pochi incidano sulla direzione del mercato, d’altra parte non è affidandosi agli umori che si trovi il rimedio.
Meme stock rischio non effimero
Dietro alle meme stock non esiste alcuna analisi degna di nota. C’è un senso di rivalsa contro presunti “speculatori” (perché i rialzisti non dovrebbero essere considerati tali?) e quasi niente più. Se è vero che gli effetti sono spesso di breve durata, non è sempre così. Le azioni GameStop ancora oggi valgono circa sei volte in più rispetto a prima che scattassero gli acquisti concordati sui social. E questo comporta conseguenze significative per l’azienda beneficiaria. Il boom azionario consente, ad esempio, di effettuare aumenti di capitale con cui raccogliere ingenti risorse insperate fino a poco prima da utilizzare per abbattere i debiti e cercare così di rilanciare l’attività. Tutto questo è in apparenza positivo, ma il punto fondamentale è che avviene senza alcuna logica sottostante. E’ come vincere al lotto. Non è per questo che è nata la borsa. Il rischio è di inserire in portafoglio azioni sopravvalutate e slegate totalmente dai profitti passati, presenti e prospettici.
Un effetto indesiderato delle meme stock è che per le società con capitalizzazione medio-bassa diventa più rischioso vendere allo scoperto le azioni. I ribassisti possono andare incontro ad una sanzione di parte del mercato, non perché le loro valutazioni siano errate, bensì perché considerate “immorali”. Ma i ribassisti servono esattamente quanto i rialzisti. Aiutano a capire se un titolo sia sopra- o sottovalutato e forniscono liquidità quando tutti vendono. Se questo fenomeno si propagasse, in pochi anni avremmo un mercato azionario sempre meno affidato alle analisi e sempre più in balia degli umori social. Il rischio di un’errata allocazione del capitale si farebbe forte.