Anche se non fossimo mai stati investitori sui mercati finanziari, è assai probabile che chiunque di noi abbia sentito parlare almeno una volta nella vita di Euribor. Il termine è molto in voga nel settore bancario per le ragioni che spiegheremo tra poco. Per prima cosa, diciamo cosa significa. E’ l’acronimo per Euro Inter-Bank Offered Rate e rappresenta il tasso di interesse a cui le istituzioni finanziarie nell’Area Euro si prestano denaro tra loro per periodi di tempo brevi. Il suo valore viene pubblicato giornalmente dallo European Money Markets Institute (EMMI).
Cos’è l’Euribor
Praticamente, l’Euribor è il tasso sul mercato monetario, cioè quello altamente liquido. Ad essere più precisi, ne esistono diversi tassi, ciascuno per le scadenze considerate: 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 12 mesi. Parlavamo di banche e non soltanto perché nei fatti sono esse stesse che lo fissano attraverso i prestiti per l’appunto “interbancari”. Chi ha contratto un mutuo a tasso variabile o abbia anche solo preso in considerazione di farlo, avrà dato certamente un’occhiata proprio a questo tasso, che funge da riferimento per questa tipologia di prestito ipotecario.
In genere, è l’Euribor a 3 mesi ad essere utilizzato per fissare le rate mensili. Il suo valore a una certa data del mese determina ne determina il costo. Le banche aggiungono ad esso un certo margine, definito in gergo “spread”. Ad esempio, una banca può offrire al cliente un mutuo a tasso variabile con Euribor a 3 mesi più spread di 100 punti base, cioè dell’1%. Se alla data di valutazione il primo fosse del 3%, il tasso finale sarebbe del 4% (3% + 1%). Chiaramente, il cliente che contrae questo genere di mutuo, si espone al rischio che il tasso possa salire. Per questa ragione esistono soluzioni miste, come un mutuo a tasso variabile con cap, che impedisce l’aumento dei tassi sopra un certo livello. Tuttavia, le banche pretenderanno in partenza uno spread maggiore.
Tassi negativi fino al 2022
Nel recente passato si è assistito ad un fenomeno mai visto prima. L’Euribor a 3 mesi, e non solo, è arrivato a scendere sotto lo zero. E per tanti anni, quasi sette. I contratti stipulati quando ancora tale scenario sembrava impossibile, previdero spesso spread troppo bassi per compensare l’ipotesi di un Euribor negativo. I clienti si sono ritrovati a pagare tassi iniziali bassissimi, spesso praticamente quasi nulli. Negli ultimi anni, invece, l’Euribor è salito in misura inattesa e considerevole. Dovete pensare che la scadenza a 3 mesi toccava un valore al minimo storico del -0,56% agli inizi del 2022, mentre nell’autunno dell’anno successivo avrebbe toccato l’apice del 4%. Una batosta per le famiglie esposte con mutui a tasso variabile.
Al momento, viaggia appena sotto il 3%. A cosa si deve questa variazione nel tempo? I tassi a breve termine risentono direttamente della politica monetaria. Nello specifico, sono le mosse della Banca Centrale Europea a determinare il livello del costo del denaro nell’Area Euro. E lo fa in considerazione del suo obiettivo di stabilità dei prezzi al consumo. Questa è intesa come un’inflazione nel medio termine del 2%. Quando l’inflazione sale sopra tale obiettivo o anche solo le previsioni portano a credere che lo faccia, l’istituto alza i tassi. In questo modo, raffredda i consumi colpendo prestiti e investimenti. Viceversa, quando l’inflazione scende sotto l’obiettivo o segnala di farlo.
Segnale su politica monetaria
L’Euribor a 3 mesi nell’Area Euro risulta allineato al tasso sui depositi bancari fissato proprio dalla Banca Centrale Europea. Apriamo una breve parentesi: l’istituto fissa tre tassi. Il primo è il tasso di riferimento sui prestiti alle banche commerciali. Il secondo è il tasso che concede alle banche stesse sulla liquidità depositata in eccesso presso di sé rispetto ai requisiti regolamentari. Infine, il terzo è il tasso di rifinanziamento marginale per i prestiti emergenziali alle banche. Quest’ultimo è il più alto, mentre quello sui depositi bancari risulta essere il più basso dei tre. Negli anni, è proprio questo ad avere assunto la funzione di fatto di tasso di riferimento nell’Area Euro.
Perché è importante sapere che l’Euribor a 3 mesi tende a coincidere con il tasso sui depositi bancari? Dovete sapere che non solo ogni giorno possiamo monitorarne l’andamento attraverso le pubblicazioni dell’EMMI. Grazie ai contratti futures, siamo in grado di conoscere anche le aspettative del mercato circa l’andamento dell’Euribor a 3 mesi nel breve, medio e lungo termine. Indirettamente, questo ci consente di capire quali siano le aspettative anche riguardo alla politica monetaria nell’Area Euro.
Ad esempio, in questa fase sappiamo che l’Euribor a 3 mesi a fine 2025 è atteso sotto l’1,90%. A quel livello sarebbe, quindi, il tasso sui depositi bancari. Poiché esso oggi si trova fissato al 3,25%, stiamo deducendo che il mercato si aspetti un calo dei tassi cumulativo dell’1,35%. E sapendo che Francoforte taglia i tassi di solito al ritmo dello 0,25%, questa previsione suggerisce 5-6 tagli per tale entità da qui ad allora. Da notare anche che l’Euribor a 3 mesi vigente sul mercato può differire rispetto al tasso fissato dalla BCE. E questo avviene perché gli investitori tendono ad anticipare le mosse di quest’ultima. Già oggi si pone dello 0,25% al di sotto, scontando la certezza di almeno un taglio dei tassi nell’immediato.
Previsioni sull’Euribor non sono certezze
Grazie alla curva dei futures sull’Euribor alle varie scadenze siamo in grado di farci un’idea approssimativa su quale possa essere il costo del denaro nel futuro. E’ chiaro che nessuno ha la sfera di cristallo per conoscere cosa accadrà anche tra svariati anni. Dobbiamo intendere tale curva come una previsione basata sulle informazioni attuali disponibili. Gli investitori aggiornano le loro previsioni anche repentinamente, in base ai dati macroeconomici aggiornati e alle dichiarazioni rese dai policy makers. Nessuno aveva previsto il boom dei tassi tre anni fa, perché nessuno immaginava che l’inflazione sarebbe esplosa di lì a poco. Infatti, la curva dei futures non segnalava novità dirompenti neanche nel lungo periodo.
L’Euribor può essere un indicatore anche dello stato di salute dell’economia. Quando è troppo basso, significa che i tassi di mercato non riescono a salire, evidentemente perché tra gli investitori c’è avversione al rischio e/o l’inflazione è bassissima per assenza di crescita o vera recessione. Quando è troppo alto, può essere sintomatico di un’economia che si è troppo “surriscaldata”, mandando l’inflazione in orbita e richiedendo un intervento della banca centrale per ripristinare la stabilità dei prezzi. Valori eccessivi sono anche la spia di forti tensioni sul monetario, magari in coincidenza con crisi finanziarie o di natura geopolitica. Accadde, ad esempio, nell’autunno del 2000 con la crisi della “new economy” e nel 2008 con il fallimento della banca americana Lehman Brothers. Pur brevemente, in entrambi i casi l’Euribor a 3 mesi arrivò a superare il 5%.