Cos’è un contratto swap e perché può essere usato per proteggere il capitale e per fare speculazione

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In questo articolo analizzeremo uno dei più diffusi contratti derivati, cioè che derivano il loro valore da uno strumento sottostante: gli swap. Il termine inglese significa letteralmente “scambio”. E come vedremo, effettivamente si tratta di scambiare qualcosa con un’altra. Nello specifico, abbiamo due parti che decidono “over the counter” (OTC), all’infuori dei mercati regolamentati, di stipulare un contratto in base al quale scambiarsi due flussi di denaro secondo determinate condizioni pattuite. Proprio per il fatto che i contratti siano OTC, risultano altamente personalizzabili e poco standardizzati.

Cos’è uno swap

La forma più comune è l’Interest Rate Swap (IRS). A e B si accordano per scambiarsi flussi di denaro fino a una scadenza prefissata e su di un capitale cosiddetto “nozionale” per entrambi del medesimo importo. La differenza sta nel fatto che A verserà a B un tasso di interesse fisso e B verserà A un tasso di interesse variabile. Quest’ultimo è generalmente legato all’andamento dell’Euribor nell’Area Euro, mentre negli Stati Uniti al Libor, che progressivamente sta venendo soppiantato dal SOFR.

Cosa succede in buona sostanza? I pagamenti avvengono al netto delle cifre dovute dalla controparte e non si verifica alcuno scambio del capitale sottostante. In pratica, le parti si scambiano solamente i flussi di denaro nettati. Ed è così che se il tasso variabile sale al di sopra del tasso fisso, sarà B a dover versare ad A un importo superiore. Se il tasso variabile scende al di sotto del tasso fisso, sarà A a dover versare a B un importo superiore. Pertanto, nel primo caso il beneficiario sarà A e nel secondo caso sarà B.

Esempio di contratto derivato

Facciamo un esempio pratico per capire meglio come funzioni uno swap sui tassi di interesse. Immaginiamo che A abbia contratto un debito a tasso variabile per l’importo di 10 milioni di euro e per la durata di 3 anni. Per ipotesi, il tasso dovuto al creditore (banca o obbligazionisti) sarà pari all’Euribor a 3 mesi più uno spread o margine dell’1%. Egli teme che i tassi di mercato possano salire nei mesi e anni successivi, un fatto che comporterebbe il sostenimento di un costo maggiore per onorare il debito. A quel punto, può decidere di effettuare uno “scambio” con B. Questi ha contratto un debito a tasso fisso del 3% annuale per l’importo sempre di 10 milioni di euro e per la durata di 3 anni. Al contrario della controparte, B teme che i tassi di mercato scendano e, quindi, di finire per pagare di più di quanto potrebbe.

Come abbiamo potuto fin qui verificare, i presupposti perché uno swap possa avvenire tra le due parti è che il capitale nozionale abbia il medesimo valore e il contratto sia di uguale durata. A questo punto, ipotizziamo che i pagamenti avvengano una volta all’anno per semplicità di calcolo. Con un Euribor a 3 mesi del 3%, B deve ad A un tasso finale del 4% (Euribor più spread dell’1%), cioè 400.000 euro in tutto. Allo stesso tempo A deve a B il 3%, cioè 300.000 euro. Poiché i flussi dei pagamenti avverranno al netto degli importi dovuti, sostanzialmente ci sarà solamente il versamento di 100.000 euro di B in favore di A (400.000 – 300.000).

Immaginiamo che al secondo anno l’Euribor scenda all’1,50%. Si sta verificando l’ipotesi temuta da B. Ecco che A sarà tenuta a pagare il 3%, cioè 300.000 euro. B dovrà il 2,50%, cioè 250.000 euro. A quel punto, ci sarà solamente un pagamento di 50.000 euro (300.000 – 250.000) di A in favore di B. Cos’è accaduto grazie allo swap? A, che si era indebitato a tasso variabile, ha protetto il suo capitale dall’aumento dei tassi. Viceversa, B ha protetto il suo capitale in fase di discesa dei tassi sotto il livello del fisso. Nel primo caso a risultare beneficiario netto è stato proprio A, nel secondo B. E’ chiaro cos’è accaduto: il debitore a tasso variabile (A) ha trasformato il suo debito a tasso fisso, mentre il debitore a tasso fisso ha trasformato il suo debito a tasso variabile.

Senso del contratto

A questo punto, vi starete chiedendo quale sia il senso di un contratto swap. Se un individuo o impresa teme i tassi variabili, non farebbe prima ad indebitarsi a tasso fisso? E se teme che i tassi scendano, perché non indebitarsi a tasso variabile? Le spiegazioni sono almeno due. La prima è che il timore non rappresenta una certezza. Posso trovare temporaneamente conveniente indebitarmi nell’una o nell’altra modalità, mentre non è detto che le condizioni di mercato restino per me vantaggiose per l’intera durata del contratto. Inoltre, non è sempre possibile accedere alle modalità di credito ritenute più convenienti. Se s’immagina che i tassi scendano e la banca o gli obbligazionisti (nel caso di emissioni di bond) non sembrano disposti a finanziarci a tasso variabile, siamo costretti a ripiegare sul fisso. E viceversa.

Altri tipi di contratti swap

Gli Interest Rate Swap non esauriscono i contratti derivati di questo tipo. Esistono anche i “currency swap”, che si distinguono dai primi per il fatto di prevedere sempre lo scambio di flussi di denaro in base a differenti tipologie di tassi, ma in relazione a capitali nozionali denominati in valute diverse. Ad esempio, A si è esposto in dollari e B in euro. Il primo è un investitore dell’Area Euro e teme che il dollaro possa rafforzarsi e il secondo americano e teme che sarà l’euro a rafforzarsi. Ci sono possibili varianti a questo contratto: i tassi concordati possono essere entrambi fissi o entrambi variabili o uno fisso e l’altro variabile. Quindi, a seconda della tipologia esiste il doppio rischio per le parti legato sia all’andamento dei tassi di interesse che ai tassi di cambio.

Fin qui abbiamo immaginato che gli swap siano contratti a scopo esclusivamente di “hedging”, cioè per proteggere i capitali dalle esposizioni sui mercati. Sempre più spesso, tuttavia, questi derivati sono considerati paradossalmente molto rischiosi, in quanto verrebbero stipulati al solo scopo di speculare sull’andamento dei tassi o dei cambi o anche dei prezzi delle materie prime sottostanti (commodity swap) o persino azioni (equity swap). Sarà interessante verificare nel prossimo futuro la diffusione di questi contratti in relazione alle “criptovalute“. In verità, l’una finalità non esclude necessariamente l’altra. Due parti possono concordare le condizioni per mettersi al riparo da uno dei suddetti rischi, ma allo stesso tempo cercare di speculare sulle variabili in gioco.

 

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