Guadagnare Bitcoin: le opportunità del mining

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Guadagnare Bitcoin è come ovvio il sogno di molti, e il modo più naturale di farlo — escludendo logicamente il semplice comprare Bitcoin — è proprio grazie al mining: esso rappresenta il processo fondamentale che mantiene sicura e operativa la rete Bitcoin, consentendo la validazione e l’aggiunta di nuove transazioni alla blockchain.

Il mining è anche una vera e propria attività, che consente agli specifici nodi che la implementano di essere equamente retribuiti per il lavoro crittografico svolto, a fronte dell’investimento in termini di lavoro e di energia. Questo articolo esplora in dettaglio tutti gli aspetti del mining, dalla teoria alla pratica.

Guadagnare Bitcoin col mining: concetti generali

Il protocollo di Satoshi Nakamoto individua non a caso la metafora dei “minatori”, che allude piuttosto eloquentemente a un’attività “faticosa” — da cui il termine Proof of Work — nonché alla preziosità “aurea” del suo output. Il mining è infatti un processo computazionale che serve a due scopi principali: da un lato validare e confermare nuove transazioni sulla rete Bitcoin, attraverso la risoluzione del problema crittografico proposto transazione per transazione; dall’altro lato emettere nuovi bitcoin nel sistema secondo un programma prestabilito.

Più precisamente, il ruolo dei miner consiste nel fornire potenza computazionale al fine di svolgere tutte le seguenti operazioni: raggruppamento delle transazioni in blocchi concatenati, competizione per la risoluzione dei complessi calcoli matematici propedeutici a tale raggruppamento, aggiunta di nuovi blocchi in blockchain e ricezione delle ricompense in BTC che vanno a premiare le pratiche più efficaci ed efficienti.

Cos’è la Proof of Work?

In generale, il concetto di Proof of Work è ben precedente a Bitcoin, e allude a un procedimento che in ambito informatico e computazionale, ma soprattutto infotelematico per ovvie ragioni di necessaria validazione e riconoscimento, che punta a capire se l’entità che chiede accesso a un certo sistema abbia buone intenzioni, ovvero sia effettivamente chi afferma di essere.

Da questo punto di vista, l’esempio più noto a livello di comuni interazioni nel Web tra utenti e server è rappresentato da quei “giochini” che spesso vediamo poco prima di accedere a un certo sito. Si tratta di operazioni che ci vengono richieste, come interpretare una sequenza di immagini, scegliere quelle dove compare un certo oggetto o animale, o effettuare particolari puzzle, al fine di capire se siamo esseri umani oppure algoritmi automatici, potenzialmente malevoli.

Il ruolo del gioco o del puzzle di turno è quello di farci fare una cosa che, per quanto semplice, solo un essere umano può fare, comprendendo nell’intero processo anche valutazioni statistiche sui tempi di attesa, gli errori intermedi e altri tratti caratteristici che appunto, tramite un “lavoro”, provano la nostra identità.

Estendendo il concetto, la PoW può anche mettere in campo una procedura il cui incentivo economico sia comunque legato a una potenziale perdita, sempre economica, troppo ingente qualora l’origine dell’istanza sia malevola.

Anche in questo caso l’esempio è semplice: se per entrare in banca ed effettuare una rapina con un bottino pari a un milione di dollari un generico malintenzionato deve comunque spenderne due milioni, solo per acquistare la minima attrezzatura per effettuarla, e col rischio di essere anche preso dalla polizia, è evidente che l’intera faccenda non risulta conveniente.

Nel caso della PoW, la “spesa iniziale” ha a che fare con l’ingente potenza computazionale che il nodo deve impiegare per partecipare al gioco: un meccanismo partecipativo che diventa sensato solo se il nodo stesso — cioè il suo possessore — è animato dalla sincera volontà di essere retribuito nel tempo, ammortizzando appunto l’investimento iniziale.

Come funziona nel dettaglio il processo di mining

Il mining si basa sul meccanismo di consenso Proof of Work, che richiede ai miner di: utilizzare appunto una dotazione hardware specializzata per risolvere problemi crittografici; trovare un “nonce” che, combinato con i dati forniti nel blocco, produca un hash con determinate caratteristiche che rendano il processo compatibile col protocollo, ossia con l’inserimento in blockchain; competere con altri miner in una “gara” computazionale.

Via via, l’architettura hardware necessaria per implementare il lavoro di miner ha avuto una sua evoluzione, con crescenti livelli di complessità: semplice CPU fino al 2010, GPU e FPGA fino a circa il 2013, ASIC dal 2013 ad oggi. Gli ASIC (Application-Specific Integrated Circuits) sono attualmente lo standard del settore, offrendo la massima efficienza energetica e potenza di calcolo.

Da notare quanto siano in fase di studio versioni ASIC sempre più “green” e compatibili con i più severi standard di efficientamento e basso impatto.

Come detto, si tratta di componenti hardware che non solo hanno un loro costo a monte, ma che necessariamente implicano una serie di accorgimenti operativi estremamente cruciali: consumo strettamente energetico (da valutare in relazione al fornitore scelto come partner), raffreddamento dell’intero impianto computazionale fisico e relativa manutenzione, costi di connettività alla rete, nonché, banale spazio fisico per collocare il tutto (quindi contrattualistiche di noleggio o acquisizione spazi, etc…).

Ulteriore variabile da considerare nel processo di mining è costituita dal prezzo stesso di Bitcoin, considerato come ovvio nelle sue giornaliere fluttuazioni.

La questione ambientale

Uno delle principali obiezioni che viene mossa contro il mining consiste nell’attribuirgli un consumo energetico così ingente da compromettere l’ambiente e influire negativamente su dinamiche quali il cambiamento climatico.

Tuttavia tale obiezione è sempre stata mossa da vcommentatori, gruppi finanziari e lobby di potere di per sé ostili al mondo crypto, in quanto, dati alla mano, l’intero ammontare del consumo energetico attribuibile alla rete Bitcoin resta di gran lunga inferiore rispetto al novero delle comuni attività planetarie in termini antropici e industriali, tra cui la stessa attività di stampa moneta delle banche centrali.

Da un punto di vista strettamente numerico, infatti, l’intero consumo energetico relativo al mining di Bitcoin nel 2023 si è attestato attorno alla metà di quanto consumato nella sola Italia.

Peraltro, ormai da svariati anni il mining, anche per ragioni di economia di scala ed efficientamento, sta convergendo rapidamente verso l’impiego di fonti di energia rinnovabili — eolico, idroelettrico, geotermico — collocate in precise zone del pianeta dove vere e proprie aziende si sono collocate, per dedicare tutti i loro sforzi solo a questa attività.

Questa tendenza sta da tempo producendo una notevole ottimizzazione, un recupero altrettanto efficace del calore residuo per usi alternativi e una localizzazione in aree dotate di surplus energetico.

Il futuro del mining

Da un punto di vista strettamente tecnologico, il mining è un’attività in rapidissimo sviluppo, che sta individuando precise direttrici di miglioramento, tra cui: hardware sempre più pregevole e potente,a parità di dispendio; integrazione sempre maggiore con le fonti rinnovabili di input energetico; nuove soluzioni di raffreddamento dei sistemi; grande decentralizzazione geografica.

Alla luce di queste considerazioni, degne di nota le soluzioni ibride, che parcellizzano l’impegno economico e logistico del mining sfruttando addirittura la token economy, di modo da consentire anche a chi non ha la disponibilità economica e materiale di accedere a questo settore di “partecipare pro quota” all’acquisto di cosiddetto hashrate (potenza di calcolo computazionale crittografico) per minare Bitcoin attraverso una proprietà condivisa delle macchine adibite a tale scopo.

Attraverso queste formule assolutamente innovative si rende dunque possibile un accesso a tale settore anche da parte di investitori del tutto privati, che possono partecipare dei guadagni in BTC senza dover esborsare patrimoni in infrastrutture fisiche, senza contare la pregressa necessità di esperienza e competenza tecnica in materia.

Qualche dato economico di sfondo (e aggiornamenti)

A novembre 2023, l’hashrate di Bitcoin ha raggiunto un picco storico di oltre 500 EH/s (exahash al secondo), dimostrando la crescente potenza di calcolo dedicata al mining.

Nonostante le fluttuazioni del prezzo del Bitcoin, i miner hanno dimostrato resilienza finanziaria. A novembre 2023, i ricavi dei miner hanno raggiunto gli 861 milioni di dollari, con un potenziale di superare i guadagni di ottobre.

Il valore giornaliero di un PH/s (petahash al secondo) ha raggiunto un picco di 96,36 dollari il 16 novembre 2023, evidenziando la redditività del mining in quel periodo.

Dopo poco meno di un anno, e in seguito al punto di dimezzamento di Bitcoin (halving), l’industria del mining di Bitcoin sta ulteriormente rimodellando il settore.

A livello di attori chiave, Riot Platforms è in forte crescita (+45% di produzione di BTC a luglio), seguita da Bitfarms (+34%). Riot Platforms starebbe anche considerando l’acquisizione di Bitfarms. Le aziende americane cercano di mantenere la competitività di fronte alla crescente pressione di produttori “low cost” stranieri.

Marathon Digital rimane il più grande miner per capitalizzazione, con una crescita del 17% a luglio. Core Scientific, Iris Energy e Cipher sono in leggero calo. CleanSpark e TeraWulf crescono di circa il 10%.

In generale, dal 2023 ad oggi, il settore si presenta in fase di consolidamento, con aziende che cercano di aumentare la produzione e acquisire concorrenti per rimanere competitive in un mercato sempre più sfidante.

La notizia del momento è che addirittura il colosso delle telecomunicazioni Deutsche Telekom prevede di avventurarsi nel mining di Bitcoin…

Il più grande fornitore di connettività in Europa ha infatti annunciato un nuovo progetto di mining che utilizza l’energia in eccesso proveniente da fonti rinnovabili che altrimenti rimarrebbe inutilizzata, il tutto per stabilizzare l’intero sistema elettrico.

Il progetto, chiamato “Digital Monetary Photosynthesis,” è sviluppato dalla controllata MMS di Deutsche Telekom in collaborazione con Bankhaus Metzler. Un’ulteriore prova dell’interesse mondiale per questa tecnologia e per le sue positive conseguenze in ambito sia economico che strutturale.

Conclusioni

Il mining Bitcoin è il cuore del funzionamento dell’intero protocollo, nonché del sistema ideato da Satoshi Nakamoto per rivoluzionare il mondo monetario.

L’attività di mining è diventata nel tempo sempre più complessa dal punto di vista infrastrutturale, andando necessariamente a concentrare, per ragioni meramente economiche, nelle mani di poche entità nodali la parte più ingente del lavoro computazionale dietro il funzionamento della rete.

Tuttavia, tale aumento di complessità è anche andato a convergere verso soluzioni sempre più “green” e amiche dell’ambiente, con soluzioni intimamente legate all’impiego e all’ottimizzazione di risorse rinnovabili e fonti energetiche alternative.

Attraverso strumenti di tokenizzazione, è possibile oggi, anche per l’utente medio o neofita, l’acquisto di un certo ammontare di potenza di calcolo per minare Bitcoin, demandando a terze parti lo svolgimento del lavoro effettivo di mining, e godendo del solo introito netto in termini di BTC prodotti in remunerazione, distribuiti pro quota a seconda dei token in portafoglio (meccanismo a sua volta reso possibile da soluzioni mediate dagli smart contract, altro grande versante applicativo crypto).

Per avere informazioni dettagliate sul progetto di mining via Hash Power Token (BHP) segui i webinar settimanali. Ogni lunedì i nostri esperti ti accompagneranno con approfondimenti, tutorial e spiegazioni.

Quella del mining, intesa come attività ad alta tecnologia e diretta connessione con la rivoluzione operata da Bitcoin nel campo dell’economia monetaria di tutto il mondo, si pone oggi come uno dei settori in più rapida ascesa, e porge numerose opportunità ad alto contenuto innovativo.

Filippo Albertin

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