L’oro ha stracciato le borse negli ultimi 25 anni, ecco come il metallo ha brillato in modo sorprendente

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C’è stato un periodo non troppo lontano, in cui sembrava che l’oro non fosse più meritevole di attenzioni. L’inflazione era stata domata dopo decenni difficili, mentre le tensioni geopolitiche svanivano con la disgregazione dell’impero comunista e i suoi stati-satellite. Lo stesso mercato segnalava tale sensazione, se è vero che per circa un ventennio il prezzo del metallo era rimasto sostanzialmente invariato. Al contrario, le borse mondiali spiccavano il volo sull’esempio di Wall Street. L’indice S&P 500 saliva del 160% tra gli inizi del 1981 e la fine del 1989, grosso modo coincidente con l’era reaganiana. Nello stesso periodo di tempo, l’oro perdeva un quarto del suo valore. Considerata l’inflazione negli Stati Uniti, un ipotetico investitore perse in quegli anni il 70% in termini reali investendo nel metallo.

Prezzo dell’oro piatto fino all’11 settembre

Si diffuse così l’idea che a proteggere i risparmi dall’inflazione sarebbero state le borse. Le azioni quasi per automatismo avrebbe moltiplicato il valore del capitale e magicamente offerto un rendimento reale sempre positivo. L’aria cambiò agli inizi del nuovo millennio, quando l’oro iniziò a risalire di prezzo. Il problema non era affatto l’inflazione, che al contrario continuava in media ad assestarsi su livelli sempre più bassi nel mondo, grazie all’apertura dei mercati e alla conseguente accresciuta concorrenza tra le imprese produttrici. Ma a far svanire il sogno della “fine della storia”, concetto espresso nel 1989 dal politologo Francis Fukuyama, furono gli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre del 2001. Il mondo libero scoprì per l’occasione che, caduto il comunismo, ci fosse un nuovo nemico da battere.

L’oro si era già avvicinato alla soglia dei 1.000 dollari l’oncia nei mesi precedenti al crac di Lehman Brothers del settembre 2008. Ma fu con l’esplosione della crisi finanziaria mondiale che spiccò definitivamente il volo. Già nel settembre del 2011 segnava il nuovo record storico intorno ai 1.920 dollari, salvo arretrare negli anni seguenti fino a un minimo di 1.060 dollari toccati nel dicembre del 2015. Cos’era accaduto? Le banche centrali si erano buttate a capofitto nei salvataggi degli istituti bancari e degli stessi governi, azzerando i tassi di interesse e iniettando liquidità sui mercati come mai prima nella storia. Si ebbe il timore che queste misure non convenzionali di politica monetaria avrebbero prima o poi portato ad una forte ripresa dell’inflazione. Non accadde, per cui il metallo si sarebbe sgonfiato per un po’ di tempo.

Cresce nel mondo la volontà di sganciarsi dal dollaro

In questi anni, le borse mondiali salgono e segnano sempre nuovi record. La maxi-liquidità andava a beneficio degli acquisti di azioni e obbligazioni, un fatto che si traduceva in rendimenti sempre più bassi e finanche negativi. Ecco che si posero le basi per una ripresa in grande stile dell’oro. Ad un certo punto, già prima del Covid, gli investitori non seppero più dove investire e temettero di restare intrappolati in una gigantesca bolla finanziaria. Tornarono a puntare sul metallo giallo, che effettivamente prima dei “lockdown” si era ripreso a circa 1.600 dollari. Ma è innegabile che il vero boom vi sia stato con la pandemia: tassi ancora più bassi, programmi monetari ultra-espansivi e rendimenti obbligazionari finanche negativi lungo diverse curve dei tassi.

A differenza del 2008-’09, la crisi questa volta aveva provocato un aumento dei prezzi al consumo. Lo spettro del decennio precedente si era finalmente materializzato. I tassi d’inflazione esplodevano un po’ ovunque ai massimi dagli anni Ottanta e spesso in doppia cifra. Come se non bastasse, la Russia invade l’Ucraina nel febbraio del 2022. Nell’ottobre dell’anno seguente sarebbe scoppiata anche la guerra tra Israele e Hamas. Entrambi i conflitti sono ancora in corso. L’Occidente commina nel frattempo pesanti sanzioni finanziarie contro Mosca e la Cina, che non ha più le dimensioni economiche marginali di qualche decennio addietro, orchestra a modo suo una sorta di “dedollarizzazione” della finanza globale. Ad oggi l’esperimento non ha funzionato, ma ha spinto semmai le banche centrali ad accumulare oro tra le riserve per sganciarsi dall’eccessiva dipendenza verso il dollaro, così come anche per diversificare gli investimenti.

Il debito Usa inizia a fare paura

In effetti, oltre alla geopolitica esiste più di una ragione economica per allentare gli acquisti di Treasuries, i titoli di stato americani. Il debito Usa cresce a ritmi poco sostenibili e non esiste alcun piano bipartisan per tendere a una situazione di maggiore prudenza fiscale. I deficit trilionari lasciano temere una corsa sfrenata del rapporto debito/Pil. Le banche centrali stanno cercando riparo nell’oro contro i possibili effetti collaterali di questo trend negativo. Ed ecco, come dicevamo all’inizio, che le quotazioni stanno toccando record sempre più alti. Oggi, hanno superato i 2.660 dollari l’oncia. In venticinque anni, hanno registrato una performance straordinariamente positiva: +815%. Nello stesso periodo, l’indice S&P 500 ha guadagnato “solo” il 350%.

Rendimento superiore alle borse

Su base annua ci troviamo dinnanzi a un rendimento lordo del 9,25% contro il 6,20% del mercato azionario. Entrambi i valori sono espressi in dollari Usa. Ma la sostanza cambia poco. L’oro ha surclassato le borse mondiali in termini di guadagni nell’ultimo quarto di secolo. Ha più che protetto i capitali dall’inflazione. Facendo riferimento alla prima economia mondiale, il rendimento lordo reale è stato nell’ordine del 730%. A chi ha puntato sull’asset in svariate economie emergenti è andata di gran lunga meglio. Prendete la Turchia. Se un cittadino avesse investito dieci anni fa 100.000 lire locali, avrebbe acquistato 36,66 once. Oggi, varrebbero 97.515 dollari, che al cambio attuale farebbero intorno a 3,33 milioni di lire. Il suo investimento si sarebbe moltiplicato per 33,3 volte. Nel frattempo, i prezzi al consumo sono aumentati di 10,30 volte. In termini reali, un rendimento annuale lordo del 37%.

Oro investimento di lungo periodo

Ora vi sarete fatti un’idea più completa delle ragioni per cui l’oro abbia brillato e continui a brillare così tanto. E’ una “moneta” riconosciuta in ogni parte del mondo e da millenni. Se anche il dollaro fosse reso indisponibile per i pagamenti, come accaduto di recente alla Russia estromessa dallo Swift, ci sarà sempre la possibilità di accedere a beni e servizi quando si è in possesso del classico bene rifugio. Ma sarebbe sbagliato comprare oro per investire nel breve periodo. E’ nel lungo periodo che tende ad esibire performance positive e questo frena molti piccoli risparmiatori dal prenderlo spesso in seria considerazione. In effetti, si è costretti a tenerlo in portafoglio (se fisico, in una cassaforte o caveau bancario) senza ricevere alcun reddito fino al giorno della rivendita. Non tutti possono permettersi di privarsi della liquidità per anni e anni, tra l’altro non incassando nel frattempo alcuna cedola. Resta, infine, il problema di dove metterlo al sicuro e dei costi connessi alla sua detenzione (il servizio di custodia in banca non è gratuito).

 

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