Nell’ampia categoria degli strumenti derivati troviamo anche i futures. Si tratta di contratti dal funzionamento simile alle opzioni, ma che si differenziano per un aspetto dirimente: acquistandoli, una parte si obbliga verso l’altra a regolare lo scambio relativamente all’asset sottostante. In pratica, essi fissano un prezzo futuro (da cui il nome) a cui un bene o titolo sarà scambiato a una data prestabilita e ad un dato luogo. L’esecuzione del contratto avviene con la consegna fisica del titolo o del bene.
Caratteristiche dei futures
Come avrete capito, la differenza sostanziale con le opzioni call e put risiede nel fatto che qui le parti si obbligano a contrarre. Non esiste, pertanto, il pagamento di alcun premio da versare alla parte obbligata a contrarre, dato che ci si assume l’obbligo e non la facoltà di farlo. I futures possono avere come asset sottostanti titoli finanziari (azioni, obbligazioni, valute, tassi di interesse e ora anche criptovalute) e beni fisici anche noti come materie prime o “commodities” (petrolio, oro, caffè, cacao, gas, ecc.).
In pratica, ogni giorno sentiamo parlare di futures senza neanche che ce ne accorgiamo. Quando leggiamo o ascoltiamo le quotazioni del petrolio o dell’oro, non stiamo altro che avendo un esempio pratico di questi contratti. Il riferimento, specie per il primo, è quasi sempre al prezzo negoziato per il mese successivo (o due mesi più tardi, scattata la metà del mese corrente) e non al prezzo spot. Quest’ultimo è quello che si paga per la consegna immediata, per cui si tratta del prezzo “corrente” di un asset.
Contratti standardizzati
La caratteristica fondamentale delle materie prime negoziate tramite futures è la loro fungibilità. Esse hanno qualità grosso modo uguali, essendo per esempio indifferente l’acquisto di un grammo di oro specifico al posto di un altro o di un barile di greggio o l’altro. Per quanto riguarda i contratti, sono fortemente standardizzati, nel senso che prevedono clausole sempre uguali per tutti e non soggette alle negoziazioni tra le singole parti. Se vuoi comprare un future sul Brent, che è il greggio di riferimento per le negoziazioni nel Nord Europa, devi sapere che esso farà riferimento a 1.000 barili. Per gli scambi di oro, invece, il contratto prevede un sottostante di 100 once troy. Le unità di misura risalgono spesso ai secoli passati e molte alla cultura anglosassone. Ad esempio, un barile equivale a 158,99 litri e un’oncia troy a circa 31,10 grammi. Per convenzione si usano in tutto il mondo sui mercati.
Grazie a questa caratteristica e al fatto che sono scambiati sui mercati regolamentati, le transazioni sono definite da un elevato grado di liquidità. E questo è positivo per gli investitori, in quanto consente loro di vendere e comprare in tempi veloci e con differenze minime rispetto ai valori di riferimento del mercato.
Ragioni per investire in questi strumenti
E per quale motivo si acquistano o vendono futures? Per prima cosa, essi rappresentano un modo per proteggersi dal rischio di volatilità dei prezzi. Se compro 1.000 barili di Brent a 75 dollari ciascuno per una consegna a 30 giorni, sto mettendomi al riparo dal rischio che la quotazione nelle settimane successive salga, infliggendomi un aumento dei costi di produzione. I contratti futures sono disponibili anche per scadenze più lontane, persino di anni. Chiaramente, man mano che le date di regolazione degli scambi sono più in là, la liquidità del mercato si riduce. Questo ne aumenta la volatilità. Viceversa, chi vende un future cerca riparo dal rischio opposto, ovvero che la quotazione di mercato scenda entro la scadenza prefissata.
In realtà, molte transazioni hanno una motivazione di natura speculativa. Si comprano e vendono futures nella speranza di ricavare valore dalla differenza tra il prezzo spot e il prezzo concordato. Esempio: compro 1.000 barili di Brent a 75 dollari con consegna a 30 giorni e alla scadenza la quotazione di mercato è di 80 dollari. Di fatto, ho acquistato per 5.000 dollari complessivi in meno. Posso compiere due operazioni alternative: rivendere i barili immediatamente sul mercato per lucrare sulla differenza di prezzo o rivendere il future a terzi poco prima che scada e naturalmente a prezzi approssimativi a quelli di mercato, in modo da evitare la consegna fisica. Se sono un investitore speculativo, opterò certamente per questa seconda ipotesi. Immaginatevi se dovessi accollarmi la consegna di 1.000 barili di petrolio. Li metterei per caso in garage?
Cattive sorprese sempre possibili
Per effetto di questo rischio – se non trovassi un acquirente prima della scadenza, avrei il problema non di poco conto della consegna – nell’aprile del 2020 accadde qualcosa si assolutamente anomalo e forse irripetibile. Il prezzo del petrolio crollò fino a circa -20 dollari al barile. In pratica, chi lo acquistò, non solo non pagò ad un certo punto nulla, ma venne pagato per accollarsi la consegna. Ci troviamo in pienissima pandemia. I “lockdown” nel mondo avevano fatto crollare i livelli di produzione e dei consumi, energetici compresi. Il petrolio crollò di prezzo, ma la tragedia si consumò a ridosso della scadenza dei futures: poiché nessuno voleva effettivamente farsi consegnare i barili, per disperazione si iniziarono ad accettare prezzi sempre più bassi fino a ché questi non scesero sottozero pochissimo prima che i contratti espirassero.
Questo caso è un esempio forse senza eguali di quanto i futures possano riservare cattive sorprese persino agli investitori più navigati, figuriamoci al piccolo trader. Sono strumenti apparentemente semplici da capire, ma il cui funzionamento è meno immediato di quanto pensiamo. Hanno l’indubbio merito di proteggere dai rischi, come dimostra un altro caso riguardante sempre il petrolio. Alla metà del decennio passato, le quotazioni internazionali registrarono un tonfo per svariate ragioni, tra cui la crisi dell’economia europea. Le compagnie petrolifere vissero un periodo difficile, ma non quelle americane. Nel complesso, per i due terzi si erano “assicurate” la vendita delle estrazioni a prezzi ben più alti di quelli di mercato grazie proprio ai futures di medio-lungo periodo.
Futures come operazioni di arbitraggio
Un altro merito di questi contratti consiste nel consentire operazioni di arbitraggio tra i prezzi. Il termine è usato spesso come sinonimo di speculazione, ma le finalità ufficialmente sono differenti, sebbene alla fin fine parliamo di cose abbastanza simili. Si tratta dell’annullamento tendenziale delle differenze di prezzo di un bene venduto su mercati diversi. Ad esempio, se una materia prima in Europa fosse venduta a 100 dollari e in Asia a 70 dollari, prima o poi il mercato sposta la sua domanda dalla prima alla seconda, mentre possibilmente l’offerta seguirà la direzione opposta. Si arriverà anche grazie ai futures a prezzi, se non perfettamente uguali (incidono costi di trasporto, ecc.), comunque molto meno divergenti. E nel frattempo gli investitori avranno potuto lucrare da tale gap finendo per colmarlo.