Gli appassionati di “criptovalute” conoscono da anni l’esperimento che lo stato di El Salvador sta portando avanti con Bitcoin e che ad oggi non ha eguali nel mondo. Tutto inizia con l’elezione nel 2019 di Nayib Bukele, il presidente millenial classe 1981. Si rivela subito essere una rottura con l’andazzo politico e istituzionale. Dichiara guerra alla criminalità organizzata e il Paese nel giro di appena qualche anno passa dall’essere tra i più violenti al mondo e insicuri per via dell’alto tasso di omicidi al più sicuro della regione. Ma il suo nome rimarrà pressoché sconosciuto all’estero fino alla primavera del 2021, quando annuncia un piano a dir poco ambizioso e rivoluzionario: rendere Bitcoin valuta legale.
El Salvador tira dritto contro tutti
Le critiche furono subito immediate e forti nella comunità internazionale. El Salvador presenta una grave situazione finanziaria e nel Fondo Monetario Internazionale (FMI) si percepisce il rischio che la piccola economia nazionale, al tempo inferiore a una trentina di miliardi di dollari, possa esporsi alla volatilità del mondo crypto. L’istituto con sede a Washington non è un fan di questi nuovi asset, anzi ne denuncia il grado di rischio. E minaccia subito di non erogare il prestito necessario al Paese dell’America Centrale per mettersi in salvo.
Bukele va avanti lo stesso. Dal settembre del 2021 rende effettivamente Bitcoin valuta legale. Tutti i cittadini e le imprese sono tenuti ad accettarlo in pagamento, anche se non esiste l’obbligo di pagare attraverso il token digitale. Viene anche creato un portafoglio pubblico di nome Chivo e per diffonderne l’adozione vengono offerti gratis a ciascun utente 30 dollari in Bitcoin. La mossa funziona: entro un mese dal lancio, la metà della popolazione lo aveva scaricato. I dati più recenti, invece, allora riportavano che solamente il 29% della popolazione avesse un conto bancario.
Perché la scommessa su Bitcoin
Perché El Salvador si vota ai Bitcoin? Ci sono almeno due cose da sapere su questo piccolo stato centroamericano. La prima è che dagli inizi del millennio ha rinunciato ad avere una propria moneta, al fine di tenere bassa l’inflazione e attirare capitali dall’estero. Adotta il dollaro sia per i pagamenti interni che per gli scambi con l’estero. Questa situazione ha contribuito notevolmente a stabilizzare l’economia, ma allo stesso tempo l’ha resa poco competitiva. E la crescita economica ne ha risentito.
L’altro problema a cui Bukele ha cercato di rimediare riguarda proprio l’alto numero di persone sprovviste di un conto in banca. Perché è importante? Dovete sapere che le rimesse degli emigranti qui valgono circa un quinto del PIL. Ma le famiglie più povere non hanno neanche la possibilità di accedere a un conto corrente e devono affidarsi ai circuiti di pagamento internazionali. Il rovescio della medaglia sta nel fatto che le commissioni imposte siano state in passato mediamente molto alte, anche pari al 10% rispetto al valore della transazione. E dati i numeri in gioco, si trattava di un’enorme quantità di ricchezza sprecata, che rimaneva all’estero e che vanificava parte degli sforzi degli emigranti per mantenere le famiglie in patria.
Grazie a Bitcoin, questo problema è stato parzialmente risolto. E’ vero che l’adozione per i pagamenti è stata molto bassa, tant’è che molti parlano di flop dell’iniziativa, ma allo stesso tempo le società finanziarie hanno tagliato le commissioni per evitare la concorrenza delle crypto. E molti ricevono pagamenti dall’estero grazie a Chivo, anche se successivamente convertono il valore in dollari per provvedere all’acquisto di beni e servizi. Bukele ha dimostrato con i fatti che i token digitali siano in grado di piegare la finanza tradizionale, che specialmente in economie povere spadroneggia e sembra imbattibile.
Portafoglio crypto alla banca centrale
Ma non si è fermato a questo. Sin dal 2021 ha autorizzato la banca centrale ad acquistare 1 Bitcoin al giorno e di approfittare dei ribassi momentanei del mercato per costituire una riserva nazionale, esattamente come ha promesso adesso di fare il presidente eletto Donald Trump per gli Stati Uniti. Ai primi di dicembre di quest’anno, il presidente ha mostrato soddisfatto i risultati: a fronte di circa 6.000 Bitcoin in portafoglio, acquistati per quasi 270 milioni di dollari, il loro valore di mercato si aggirava intorno ai 600 milioni. Il profitto potenziale era, dunque, di 333 milioni.
Il sogno di Bitcoin City
Certo, i numeri vanno letti in maniera pragmatica. Se anche El Salvador rivendesse tutti i Bitcoin finora acquistati ai prezzi di mercato, guadagnerebbe una cifra pari all’1% del PIL. Non è poco, ma nemmeno riuscirebbe a risolvere il problema del debito pubblico, salito all’85% del PIL. Ma ancora non vi abbiamo parlato di un altro progetto di Bukele legato alle crypto e rimasto inattuato, essendo stato rinviato di semestre in semestre dal 2021. Si tratta di emettere quelli che sono stati definiti “Bitcoin bond” o anche “bond vulcano”. Dieci titoli di stato in dieci anni, al ritmo di uno all’anno e ciascuno per un valore di 1 miliardo di dollari. Gli obbligazionisti alla scadenza dei dieci anni verrebbero per metà rimborsati in contanti e per l’altra metà attingendo ai guadagni realizzati dai Bitcoin sul mercato successivamente al quinto anno.
Questo piano, che vale quasi un terzo del PIL, punta a finanziare la costruzione di Bitcoin City, una città alle pendici del vulcano attivo Conchagua, nel Nord-Est di El Salvador. Sfruttando la sua energia geotermica a basso costo, sarebbe un luogo ideale per fare “mining”. La città diverrebbe una sorta di zona franca per gli affari, in cui non si pagherebbe praticamente tasse all’infuori dell’IVA. L’FMI si è opposto duramente a questa parte del piano, in maniera particolare. Teme che lo stato finisca per indebitarsi al punto da fallire. Ma il progetto è in parte decollato con l’attrazione dei capitali esteri da parte di colossi come Google, che qui di recente hanno aperto una sede per offrire servizi allo stesso governo.
El Salvador vicino all’accordo con l’FMI
El Salvador sta diventando un riferimento per tutto quel mondo basato sull’innovazione tecnologica. E sta trovando impulso dall’elezione sia di Trump negli USA che ancora prima di Javier Milei in Argentina, essendo anche quest’ultimo un fervido sostenitore delle crypto. Il rischio di default si è nel frattempo ridimensionato di molto. Ad esempio, il bond 2032 è salito di prezzo del 350% dai minimi dell’estate del 2022, mentre il bond 2050 ha registrato il +240%. Il governo è stato anche in grado di riacquistare parte del debito sul mercato, sfoltendo i pagamenti imminenti e riducendo il rischio di liquidità. E proprio in queste settimane l’aria sembra essere cambiata con l’FMI, il quale si appresterebbe a erogare al Paese 1,3 miliardi. Ma a una condizione: fare qualche passo indietro sul progetto iniziale. Sembrerebbe che la moneta di scambio sia stata l’eliminazione dell’obbligo per le imprese di accettare pagamenti in Bitcoin. Sarebbe una modifica più di forma che di sostanza, visto che i pagamenti attraverso le crypto restano molto sporadici all’interno del Paese.