Tassi in Turchia in calo, ma è arrivato il momento di investire?

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Il 26 dicembre scorso è arrivato il primo taglio dei tassi di interesse in Turchia dopo quasi due anni. La banca centrale ha annunciato la riduzione del costo del denaro dal 50% al 47,50%. Gli analisti si aspettavano un calo inferiore. L’istituto guidato dal governatore Fatih Karahan ha avvertito che la politica di allentamento monetario potrà anche essere sospesa nei mesi successivi. Molto dipenderà dall’andamento dell’inflazione, che nel mese di dicembre è scesa al 44,38%, il livello più basso registrato sin dal mese di giugno del 2023, cioè da 18 mesi.

Tassi in Turchia in calo

I tassi in Turchia restano tra i più alti al mondo e si confermano positivi in termini reali, vale a dire legandoli all’inflazione corrente. La mossa è servita alla banca centrale per segnalare fiducia al mercato circa il raggiungimento della stabilità dei prezzi, che è intesa qui come una crescita tendenziale dei prezzi del 5% più un margine di tolleranza in alto e in basso del 2%. E risponde alla richiesta del presidente Erdogan di ottenere un costo del denaro più basso per sostenere l’economia.

L’inflazione era salita fino a un massimo superiore all’85% nell’ottobre del 2022. I tassi in Turchia erano scesi fino ai primi mesi del 2023, quando avvenne la svolta di politica economica con la vittoria di Erdogan alle elezioni presidenziali e legislative di maggio. Le sostituzioni alla banca centrale e al ministero delle Finanze ebbero l’obiettivo di riacquistare la fiducia del mercato dopo anni di politiche non ortodosse sul piano fiscale e monetario. I tassi sono stati aumentati in meno di un anno dall’8,5% al 50%. E nel frattempo la lira turca è stata svalutata per adeguarla alle reali condizioni del mercato valutario dopo essere stata impropriamente difesa per un lungo periodo, finendo per acuire gli squilibri macroeconomici.

Lira turca reduce da un 2024 positivo

E il 2024 è stato un anno stranamente positivo per la lira turca. Ha perso contro il dollaro “solamente” il 16%. Può sembrare tantissimo, ma dobbiamo tenere in considerazione che il cambio ha segnato un tracollo superiore all’83% negli ultimi cinque anni. Il punto è che l’inflazione nell’anno passato è stata molto più alta rispetto all’indebolimento del cambio. In termini reali è come se la lira a fine 2024 si fosse apprezzata di quasi il 30%. Questa può essere una buona notizia per i consumatori turchi, in quanto sostiene il loro potere di acquisto quando importano beni e servizi dall’estero. Ma è una cattiva notizia per l’insieme dell’economia, poiché un cambio più forte tende a colpire le esportazioni e a favorire le importazioni.

Dati macroeconomici in chiaroscuro

La Turchia ha già un disavanzo commerciale cronico e che nel 2024 si è attestato al 6,1% del Pil, qualcosa come 82,16 miliardi di dollari. Anche le partite correnti sono negative: -3,1% del Pil è il dato atteso per l’anno passato. Un cambio che continuasse a rafforzarsi avrebbe effetti ancora più negativi sui saldi correnti e finirebbe per provocare una crisi finanziaria, attraverso il calo delle riserve valutarie. Ma perché la lira si sta indebolendo poco? La banca centrale controlla il cambio contro le valute straniere e sta evitando che si deprezzi a ritmi veloci e inattesi. Questa strategia sta servendo in questi mesi a ripristinare la fiducia del mercato, tanto è vero che nei cinque mesi allo scorso ottobre le partite correnti hanno registrato saldi sempre positivi. Questo è il segno che l’afflusso dei capitali dall’estero abbia più che compensato le passività della bilancia commerciale.

Fattore Erdogan sotto le lenti

Ora che i tassi in Turchia sono tornati a scendere è arrivato il momento di investire in questo importante mercato emergente alle porte dell’Europa? La cautela resta d’obbligo. Anzitutto, perché Erdogan ci ha abituati a vari colpi di testa. Il presidente ha più volte esautorato i banchieri centrali negli anni scorsi, quando questi non hanno eseguito i suoi ordini e tagliato i tassi di interesse come preteso. Avrà imparato la lezione dopo la durissima crisi caratterizzata da inflazione alle stelle e crollo della lira? Più che altro non ci sono elezioni amministrative e politiche in programma nei prossimi anni e questo dovrebbe indurlo a mostrarsi più responsabile in politica economica, anche a costo di perdere qualche consenso nell’immediato.

A favorire la discesa dell’inflazione c’è anche il calo del deficit pubblico, che quest’anno scenderebbe al 3,1% del Pil dal 5,2% atteso per il 2024. Ma secondo le stime della stessa banca centrale l’inflazione resterà alta anche nei prossimi anni. E’ attesa al 21% a fine 2025 e al 12% a fine 2026. Cosa ci dicono questi numeri? La Turchia continuerà ad accumulare grossi differenziali d’inflazione con le altre principali economie mondiali e ciò si tradurrà in una lira ancora più debole. La politica monetaria non potrà essere allentata in maniera brusca da qui ai prossimi mesi. Anzi, i tassi in Turchia resteranno elevati nel medio termine e verosimilmente sempre sopra l’inflazione per segnalare agli investitori la volontà di abbattere quest’ultima.

Tassi in Turchia rimarranno alti nel medio termine

Tassi alti e indebolimento del cambio a ritmi prevedibili sono un invito neanche molto velato al carry trade, che consiste nel prendere a prestito denaro in economie in cui i tassi sono bassi e impiegarlo dove sono alti. Questa strategia ha funzionato nell’ultimo anno proprio grazie alla prevedibilità della politica economica di Ankara e ha attirato capitali dall’estero, come si evince dalle partite correnti. Ma ricordatevi che il cambio rappresenta un grosso rischio in questi casi. Se la valuta in cui investiamo si deprezza più velocemente delle nostre previsioni, gli asset posseduti potranno infliggerci perdite o offrire guadagni inferiori alle attese o a quelli che avremmo realizzato rimanendo sul mercato domestico.

In definitiva, il taglio dei tassi in Turchia non è stato prematuro, data la contestuale discesa dell’inflazione. E segnala una certa fiducia della banca centrale nel riuscire a centrare l’obiettivo della stabilità dei prezzi nel medio termine. Ma gli errori sono possibilmente dietro l’angolo, specialmente se le grandi banche centrali come la Federal Reserve fossero costrette a prendersi una pausa prima di continuare a tagliare i loro tassi. A quel punto, Ankara dovrebbe prestare molta attenzione a non esagerare con l’allentamento monetario, a meno che non fosse giustificato da una ulteriore e decisa contrazione dell’inflazione. Fino a quando questa resterà a livelli così alti, serve una dose di forte immaginazione per invitare a investire nuovamente in Turchia.

 

 

 

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