La scalata di MPS a Mediobanca partirà il 14 luglio e l’obiettivo minimo scende al 35% del capitale

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Dopo avere ottenuto le autorizzazioni dalla Vigilanza della Banca Centrale Europea e nei giorni successivi di Consob e Antitrust, MPS (Monte Paschi di Siena) ha fatto sapere che la “scalata” a Mediobanca avrà inizio da lunedì 14 luglio per concludersi all’8 settembre prossimo, salvo che l’operazione venga conclusa in anticipo. L’Offerta Pubblica di Scambio prevede l’emissione di 2,533 azioni proprie per ogni azione portata in adesione da parte degli azionisti di Mediobanca. E la notizia che tanto il mercato aspettava di conoscere riguardava la soglia minima del capitale, centrata la quale l’operazione sarà considerata formalmente con esito positivo. Era stata fissata al 66,67% con la comunicazione iniziale, mentre la scorsa settimana è scesa al 35%.

Scalata a MPS anche solo col 35%

Questo vuol dire che la scalata di MPS sarà effettiva al raggiungimento del 35% delle azioni di Mediobanca portate in adesioni. Un obiettivo non complicato da raggiungere, visto che i soci Delfin (19,81%), Francesco Gaetano Caltagirone (9,98%) e le casse di previdenza private Enpals ed Enasarco (5%) avrebbero già complessivamente attorno a tale quota. I primi due sono anche soci di MPS, cioè della stessa banca che punta a conquistare il controllo di Piazzetta Cuccia. Enasarco, invece, ha comunicato nei giorni scorsi di avere azzerato la propria quota nell’istituto toscano.

Sconto sceso al 6%

Venerdì 4 luglio le azioni MPS hanno chiuso a un prezzo di borsa di 6,91 euro e le azioni Mediobanca a 18,61 euro. Facendo un rapido calcolo otteniamo che la scalata di MPS avverrebbe a sconto del 6% rispetto alle valutazioni del mercato. Infatti, il primo titolo moltiplicato per 2,533 (il tasso del concambio) esita un prezzo di 17,50 euro, che è del 6% inferiore ai 18,61 euro del secondo. In sostanza, per pareggiare le valutazioni del mercato MPS dovrebbe sborsare altri circa 920 milioni di euro. Avrebbe vari modi per farlo: offrendo una somma in contanti oltre al concambio, migliorare il concambio o fare l’una e l’altra cosa.

Accordo di consultazione in frantumi

Dicevamo che a MPS basterà conquistare il 35% per considerare la scalata avvenuta con successo. Perché questa percentuale? A parte per quanto sopra notato, c’è da dire che la Banca Centrale Europea nelle scorse settimane aveva avallato un’altra scalata italiana richiedendo il raggiungimento di tale soglia. Parliamo dell’offerta di BPER nei riguardi della Popolare di Sondrio. Ma il fatto che basti così poco non significa che l’istituto guidato da Luigi Lovaglio possa considerarsi eventualmente soddisfatto. Infatti, a parte che quella soglia svelerebbe adesioni quasi nulle da parte degli altri soci non direttamente coinvolti nell’operazione, esistono anche considerazioni di carattere economico e di governance di cui tenere conto.

Nel dare il via libera, Francoforte ha richiesto a Siena di comunicare l’effettiva detenzione del controllo o meno di Mediobanca, nel caso in cui la scalata avvenisse con adesioni inferiori al 50% più un’azione. Nel comunicato di pochi giorni fa, però, MPS ha giustificato questo obiettivo minimo notando che la composizione del capitale di Piazzetta Cuccia le consentirebbe ugualmente di ottenere il controllo. E qui bisogna fare riferimento anche a quanto sta avvenendo proprio in questi giorni. Fino ad oggi la banca milanese è stata supportata da un nucleo di azionisti ruotante attorno al patto di consultazione, un accordo che ha riunito l’11,61% del capitale. Tuttavia, esso è sceso già a una quota complessiva del 7,88%.

C’è stato l’azzeramento del 3,49% di Mediolanum ad avere fatto molto rumore. E Beniamino Gavio, altro socio storico, ha di molto limato la sua partecipazione dallo 0,82% allo 0,50%. Nelle scorse settimane, poi, Vittoria Assicurazioni aveva comunicato l’uscita dal capitale con la vendita dell’intero 0,27% precedentemente detenuto. Aurelia ha venduto altresì lo 0,11%. Più la quota del patto si assottiglia e maggiori le chance di MPS di avere successo con la scalata. Tant’è che il titolo Mediobanca era sceso parecchio in borsa dopo l’addio di Mediolanum, mentre lo sconto si era dimezzato fino al 3,8% dall’8% precedente.

Crediti fiscali col 50%

Resta il fatto che a MPS servirà lo stesso massimizzare le adesioni. Lo ha nei fatti indicato essa stessa nel prospetto pubblicato dopo l’ok di Consob e Antitrust. Infatti, sotto il 50% non potrebbe avvalersi dei crediti fiscali per 1,2 miliardi di euro. Si chiamano “deferred tax assets”, in sigla DTA. Si tratta di crediti vantati con lo stato sulle perdite dichiarate nei bilanci passati. La banca ha bisogno che la base imponibile cresca per esercitare tali crediti, per cui l’integrazione con Mediobanca le consentirebbe proprio di pagare meno tasse e migliorare così la solidità del capitale. Affinché ciò sia possibile, però, risulta necessario perseguire il consolidamento fiscale, che si ha con il controllo di diritto, cioè conquistando la maggioranza assoluta del capitale azionario di Mediobanca.

Inoltre, la stessa MPS ha fatto presente che la scalata impatterebbe sul capitale in misura decrescente rispetto alle adesioni. In pratica, minori gli azionisti che aderiranno alla sua offerta e maggiore sarà il capitale “rosicchiato”. Le stesse sinergie vengono stimate dimezzate rispetto a quelle stimate nel caso in cui il capitale conquistato fosse inferiore al 50%. Mediobanca, attraverso il CEO Alberto Nagel, nutre ancora la legittima speranza che l’operazione non vada a buon fine. Se lo sconto restasse invariato, gli azionisti non avrebbero convenienza ad aderirvi. Certo, molto improbabile che MPS non riesca neanche a centrare l’obiettivo minimo del 35%. Vero è, comunque, che la certezza del controllo si avrebbe possedendo almeno il 40% del capitale.

Con scalata a MPS sventata operazione su Banca Generali?

Dal canto suo MPS è ottimista sul buon esito della scalata. Confida che lo sconto si riduca dopo che l’operazione sarà iniziata ufficialmente e gli azionisti di Mediobanca non avranno più grosse aspettative circa un possibile rilancio dell’offerta. Insomma, tra le due banche italiane sarà guerra di nervi fino all’ultimo giorno. Sarà interessante notare cosa faranno i due grandi soci di opposizione Delfin e Caltagirone. Aderiranno sin da subito per segnalare il buon esito dell’operazione e attirare altre adesioni tra i soci minori? Per frenare la fuga degli azionisti Nagel ha prospettato loro la distribuzione di 4,9 miliardi di euro in tre anni. Di questi, 4,5 miliardi saranno dividendi con un payout del 100% e altri 400 milioni frutto di buyback, cioè il riacquisto di azioni proprie.

E allora come mai Mediolanum ha ugualmente optato per sbarazzarsi dell’intera quota? Tra i grandi soci c’è imbarazzo per essere stati messi dinnanzi alla scelta se aderire o meno alla scalata di MPS, dietro la quale si cela il governo italiano. Questi detiene ancora l’11,73% della banca toscana e punta a spodestare il management di Mediobanca, che a sua volta controlla Generali con il 13,10%. L’obiettivo finale sarebbe di impedire che la compagnia porti all’estero parte dei risparmi italiani con la joint venture annunciata a gennaio con la francese Natixis. Nagel ha cercato di reagire a questo tentativo con il lancio di una scalata nei confronti di Banca Generali, offrendo agli azionisti di questa le azioni detenute nel Leone di Trieste. Operazione che molto probabilmente salterebbe se nelle prossime settimane Mediobanca cadrà nelle mani di MPS.

 

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