C’è stato l’ennesimo record per Bitcoin nella giornata di oggi dopo che la quotazione è schizzata fino a un massimo di 122.741 dollari. Nel corso delle ore successive, tuttavia, è scesa sotto i 120.000 dollari, pur restando ai massimi di sempre. Dall’inizio dell’anno la criptovaluta registra un guadagno del 28%, che in euro sfiora il 15% per effetto dell’indebolimento del dollaro. Su base annua raddoppia esattamente il suo valore. La capitalizzazione di mercato sale anch’essa a quasi 2.400 miliardi, valore che si ottiene moltiplicando il prezzo unitario per ognuno dei 19,89 milioni di token digitali finora “estratto”. Se allarghiamo lo sguardo a tutte le migliaia di criptovalute emesse, la capitalizzazione si aggira in queste ore a poco meno di 3.800 miliardi. Di fatto, parliamo del quinto asset più grande al mondo, quasi raggiungendo le azioni NVIDIA che nel corso della settimana passata in borsa hanno raggiunto complessivamente la soglia dei 4.000 miliardi.
I record di Bitcoin battono l’oro
Malgrado il nuovo record, Bitcoin continua a restare molto lontano dai valori dell’oro. Considerato tutto il metallo estratto dalla notte dei tempi ad oggi, questi presenta una capitalizzazione di quasi 23.000 miliardi, anche se il valore esatto è oggetto di stime differenti. Nulla ci vieta di affermare, comunque sia, che investire in Bitcoin si sia rivelato un grosso affare negli ultimi anni. In un solo quinquennio il valore del capitale si è moltiplicato (in dollari) per oltre 13 volte, pari a un rendimento annuo superiore al 67%. Nello stesso lasso di tempo l’oro, per quanto anch’esso abbia offerto un rendimento spettacolare, si è fermato a un più modesto 11,6% medio annuo.
I nuovi dazi riaccendono le tensioni sui mercati
Cerchiamo di capire quale sia stato l’ultimo motivo, in ordine di tempo, ad avere alimentato il record di Bitcoin delle scorse ore. Il boom di 15.000 dollari nel giro di neanche una settimana è stato scatenato dalla raffica dei nuovi dazi resi noti dal governo americano a decine di altri stati. Tra questi ci sono stati Canada e Unione Europea, che si sono ritrovate con tariffe innalzate rispettivamente al 35% e al 30%. Nel caso nostro, i dazi erano attesi al 20% nel peggiore dei casi. Alla vigilia dell’invio della lettera a Bruxelles, il presidente Donald Trump aveva fatto sapere che il negoziato con la controparte stesse andando bene.
Le nuove tariffe scatteranno dall’1 agosto, anche se fino ad allora ci sarà tempo per trattare ed evitare la stangata. I mercati non sono andati nel panico come ad aprile. Addirittura, a metà seduta gli indici azionari a Wall Street sono sulla parità, segno di un certo ottimismo attorno alle misure minacciate da Washington ai partner commerciali. L’ennesimo record di Bitcoin ha risentito proprio di questo aspetto. I dazi provocano inflazione, in quanto rendono più costose le importazioni dal resto del mondo. E hanno l’effetto collaterale di alimentare tutta una serie di barriere tariffarie e non, le quali nel tempo finiscono per accentuare i costi di produzione.
Congresso USA discute di criptovalute
Le criptovalute prosperano in un ambiente di prezzi al consumo instabili. Bitcoin nacque nel gennaio 2009 come invenzione del sedicente Satoshi Nakamoto contro le banche centrali, accusate di minacciare il potere di acquisto con l’azzeramento dei tassi e gli acquisti massicci di bond sui mercati all’indomani della Grande Crisi Mondiale. Quando c’è inflazione, asset tradizionali come le obbligazioni diventano meno appetibili, in quanto incapaci di generare reddito sufficiente per remunerare il capitale. Gli investitori corrono verso i “porti sicuri” come il dollaro e l’oro. Negli ultimi tempi, però, il primo sembra avere perso smalto sui timori legati ai dazi e all’erratica politica estera di Trump, oltre che al debito pubblico crescente e fuori controllo.
La settimana appena iniziata, inoltre, vedrà il Congresso americano impegnato a discutere la regolamentazione delle criptovalute. Il mercato ci conta molto, vedendovi la definitiva legittimazione di un asset fino a pochi mesi fa mal visto dalle istituzioni americane. Nei mesi scorsi il Senato aveva già dato il via libera al Genius Act, che fissa paletti per il riconoscimento delle “stablecoins”, crypto legate a un sottostante come il dollaro, una materia prima o altri token digitali. Da ricordare anche che Trump emise a inizio marzo un ordine esecutivo che parla di costituzione di una riserva federale di Bitcoin e altre criptovalute, anche se nei fatti il provvedimento deluse il mercato per la sua portata minima effettiva.
C’è attesa per il taglio dei tassi americani entro l’anno
C’è un altro fattore che gioca in favore dei nuovi record messi a segno da Bitcoin ed è la Federal Reserve. Come sappiamo, la banca centrale americana è da mesi sotto fortissima pressione della Casa Bianca per tagliare i tassi di interesse. Il mercato sconta due tagli dello 0,25% ciascuno entro l’anno. Un’ipotesi che traina le crypto, in quanto riproduce quell’ambiente favorevole agli investimenti di cui ha bisogno un asset ancora percepito come relativamente rischioso. E c’è un retropensiero in questa previsione, vale a dire che tassi in calo con i dazi in aumento finiranno per provocare un’ondata inflazionistica, almeno nella prima economia mondiale.
Bitcoin da record segno di sfiducia verso dollaro e debito USA
Infine, proprio il dollaro sta alimentando in questi mesi gli acquisti in Bitcoin. Già il solo fatto che si stia deprezzando, favorisce gli investimenti negli asset in esso denominati. Ma il vero punto è un altro: una fetta crescente di investitori teme che stia perdendo lo storico status di valuta di riserva. Per questo, cresce il numero anche di coloro che si stanno mettendo a caccia di alternative. L’oro è senz’altro una di queste e il mercato delle crypto ha improvvisamente acquisito appeal, ora che viene riconosciuto persino dal governo americano.
E anche le preoccupazioni attorno al debito americano favoriscono futuri record per Bitcoin. I titoli di stato americani non sono più così ricercati come fino a qualche mese fa. Lo abbiamo visto in aprile, in concomitanza all’annuncio dei dazi sulle merci straniere. Anziché salire, i prezzi dei bond USA sono scesi e i rendimenti esplosi. Sarebbe dovuto accadere il contrario nel bel mezzo delle tensioni commerciali e finanziarie. Evidentemente, alcune istituzioni centrali si sono sbarazzati dei titoli per la sfiducia verso il sistema politico ed economico americano, ma anche per lanciare un segnale a Washington e far capire di disporre di un’arma negoziale potenzialmente dannosa per gli USA. Ciò spiegherebbe l’aumento degli investimenti in Bitcoin, in particolare, nelle ultime settimane da parte degli investitori istituzionali. Probabile che molti di loro abbiano alleggerito le loro esposizioni verso il debito a stelle e strisce.