Chi è poco avvezzo agli investimenti di natura finanziaria, probabilmente non ha idea dell’esistenza delle obbligazioni senza cedola o sarà portato a credere che i titoli a breve termine come i Buoni Ordinari del Tesoro in Italia costituiscano un’eccezione. In questo articolo, apprenderemo che così non è e che, anzi, si tratta di uno strumento più diffuso di quanto immaginiamo.
Obbligazioni senza cedola eccezione alla regola
Le obbligazioni o bond sono titoli del debito emesse da una società privata, una banca, un’entità finanziaria o un ente pubblico come lo stato, un’istituzione sovranazionale o locale. Il loro funzionamento è semplice, almeno nell’ipotesi classica: il debitore si impegna a pagare al possessore un certo tasso periodico fino a una data scadenza, quando avverrà anche il rimborso del capitale. Possono esistere formule differenti di bond, come nel caso di assenza di una scadenza o di rimborso del capitale non in un’unica soluzione.
Il caso delle obbligazioni senza cedola rappresenta la classica eccezione alla regola. L’investitore non riceve alcun pagamento fino al giorno in cui l’emittente non gli rimborserà il capitale. Prima di stupirci, dobbiamo sapere che così avviene di norma per quelli che in Italia sono chiamati BOT, già citati all’inizio dell’articolo. Questi sono titoli della durata massima di 12 mesi, per cui non c’è alcuna necessità che l’investitore riceva una cedola, visto che otterrà il rimborso del capitale entro un lasso di tempo assai breve.
L’esempio estremo della Germania
Ma esistono sul mercato obbligazioni senza cedola anche con scadenze medio-lunghe, se non lunghissime. Fece scalpore nell’estate del 2019 quando la Germania riuscì ad emettere il Bund agosto 2050, cioè di durata iniziale pari a 31 anni e senza alcuna cedola. La sorpresa fu ancora più forte per via del prezzo di emissione: 103,61. In pratica, non solamente l’investitore non avrebbe ricevuto un solo euro di remunerazione per oltre tre decenni, ma alla scadenza avrebbe ottenuto un capitale nominale più basso di quanto speso per acquistare il titolo. In parole povere, il rendimento fu persino negativo.
Com’è possibile che vengano emesse obbligazioni senza cedola anche con scadenze lunghe? La ragione risiede nelle condizioni di mercato. I tassi salgono e scendono, così anche i prezzi dei bond. I rendimenti si muovono in direzione opposta a questi ultimi. Negli anni fino al 2022 in Europa e in Giappone il mercato visse una lunga stagione di rendimenti negativi. Le banche centrali avevano iniettato così tanta liquidità e azzerato i tassi al punto che si erano ribaltate le relazioni tra creditore e debitore: il primo finiva per pagare il secondo prestandogli denaro sottocosto. I rendimenti negativi riguardarono inizialmente le scadenze medio-brevi, poi quelle medie, successivamente quelle medio-lunghe e, infine, lambirono anche quelle molto lunghe. Un’anomalia che sostenne l’attecchimento delle “criptovalute” quale alternativa ad asset considerati palesemente oggetto di bolla speculativa.
Emissioni rare con alti tassi e inflazione
In condizioni di mercato di questo genere, l’emittente può trovarsi in grado di collocare obbligazioni senza cedola anche con scadenze lunghe, riuscendo in ogni caso ad incassare un importo non lontano dal valore nominale del bond. E questo è certamente favorevole al debitore, che non solo non verserà interessi per tutta la durata del titolo, ma alla scadenza non dovrà rimborsare neanche più di tanto di quanto aveva incassato all’atto dell’emissione.
Tuttavia, le obbligazioni senza cedola non hanno vita facile in periodi di alta inflazione e tassi. Infatti, quando il denaro perde velocemente potere di acquisto, l’investitore non è disponibile a rinunciare al flusso di reddito che gli garantirebbe un investimento obbligazionario. Per gli emittenti diventa più complicato chiedere capitali senza la corresponsione periodica degli interessi, a maggior ragione se si tratta di lunghe scadenze. Il prezzo di emissione risulterebbe così basso da dissuadere il debitore dal procedere con l’emissione. Guarda caso, la loro emissione è più frequente in periodi di bassa inflazione, quando anche i tassi di mercato sono contenuti.
Calcolo del rendimento
Attenzione, obbligazioni senza cedola non significa necessariamente che l’investitore non otterrà alcun rendimento. L’esempio tedesco di sopra è estremo, mentre la norma è che questi strumenti offrano una remunerazione, come del resto è naturale che sia. Semplicemente, il rendimento sarà dato esclusivamente dalla differenza tra il prezzo a cui il titolo verrà rimborsato alla scadenza e il prezzo a cui è avvenuto l’acquisto. Se l’investitore non ha problemi di liquidità e ritiene di poter fare a meno delle cedole anche per un periodo di tempo non breve, potrà incassare un rendimento grazie al fattore prezzo. E la sua pazienza tende ad essere premiata generalmente dall’emittente con il riconoscimento di un rendimento superiore a quanto sarebbe stato, a parità di durata, per un bond con cedole periodiche.
Poiché non esistono flussi di reddito da poter reinvestire fino alla scadenza, il calcolo del rendimento avviene con la regola dell’interesse composto. La formula è la seguente: (P1/P0)^1/n, dove P1 è il prezzo di rimborso (alla scadenza) o di rivendita, P0 è il prezzo di acquisto e “n” sta per numero di anni fino alla scadenza. Facciamo l’esempio di un titolo acquistato a 80 e che alla scadenza verrà, com’è ovvio, rimborsato a 100. La sua durata è esattamente di 10 anni. In formula: (100/80) ^1/10 = 1,25^0,1 = 1,022565. Questo significa che il rendimento medio annuale risulta del 2,2565%. Come vedete, non possiamo suddividere il rendimento complessivo del 25% per 10, perché ciò non terrebbe conto dell’assenza di flussi di reddito per l’intero periodo di tempo.
Vantaggi e svantaggi
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle obbligazioni senza cedola? Esse tendono ad amplificare i movimenti del mercato. E qua dobbiamo rifarci al concetto di “duration”, che indica la durata media dei flussi di reddito ponderata per i flussi scontati. All’atto pratico, essa ci fornisce la sensibilità del prezzo rispetto ad una variazione del sottostante rendimento e si esprime in anni. Ad esempio, se la duration di un titolo è di 7 anni, significa che la quotazione varia del 7% al variare del rendimento per l’1%. Essa è varia in funzione diretta rispetto alla durata temporale residua del titolo e inversa rispetto all’entità della cedola.
Nel caso delle obbligazioni senza cedola, la duration coincide con la durata residua del titolo. Poiché non c’è alcun flusso di reddito, la quotazione si muoverà molto velocemente al variare anche minimo del rendimento. E questo è un bene quando i tassi di mercato scendono, perché il titolo si apprezza di molto. Ma è un fatto negativo quando i tassi salgono, perché il deprezzamento è violento. Facendo riferimento al Bund 2050, la quotazione agli inizi del 2020 era ben sopra la pari ad un livello di oltre 115, mentre nell’ottobre del 2023 toccava i minimi a circa 44 centesimi. Un tracollo del 62% tra il minimo e il massimo. Ancora oggi è intorno a 50 centesimi, cioè viaggia a metà del valore nominale.
Obbligazioni senza cedola e peculiarità fiscale
Esiste, infine, una peculiarità nel calcolo della tassazione per quanto riguarda le obbligazioni senza cedola in Italia. L’imposta del 12,50% sui titoli di stato o del 26% per i corporate bond si applica alla differenza, come sempre, tra prezzo di rivendita o rimborso e prezzo di acquisto. Tuttavia, il legislatore ha deciso di operare una ulteriore distinzione tra prezzo di mercato e prezzo teorico nel caso di disinvestimento anticipato. Il secondo è quello che il titolo avrebbe nel caso in cui il rendimento fosse rimasto invariato rispetto all’emissione. Se il prezzo di mercato risulta superiore a quello teorico, l’aliquota che insiste sulla differenza darà vita a un’imposizione fiscale che non è compensabile con eventuali minusvalenze accusate su altri asset finanziari.