Il concetto può apparire inizialmente complicato, mentre è vero il contrario. E’ importante conoscere l’effetto leva se si vuole operare sui mercati finanziari, anche se non è detto che bisogna farne uso. Anzi, come vedremo, non è consigliabile a tutti. Intendiamo la capacità di esporsi su un asset finanziario per un controvalore anche notevolmente superiore alla somma sborsata. In inglese, è noto con il termine di “leverage”.
Cos’è l’effetto leva
Uno dei primissimi problemi che si ha quando si vuole investire su un asset, come un’azione, un’obbligazione o le “criptovalute“, è la carenza di capitali a disposizione. Ed è tanto più vero quanto più si desidera costruire un portafoglio d’investimento diversificato, puntando su più titoli e asset class. L’effetto leva ci viene in soccorso. Come? Noi anticipiamo solo una quota dell’investimento e il resto lo versa un broker, cioè chi fa da intermediario. E’ evidente che non lo farà gratuitamente, ma dietro il pagamento di una commissione.
Esempio di investimento
Facciamo un esempio pratico. Voglio acquistare azioni di una società per un controvalore di 50.000 euro, ma ho a disposizione liquidità per 30.000 euro e che vorrei impiegare per l’acquisto di un paniere di asset. A questo punto, sfrutto l’effetto leva per ridurre il versamento. Supponiamo che un broker mi consenta di investire con leva finanziaria di 1:5. Significa che dovrò versare appena un quinto del capitale. Nel mio caso, saranno 10.000 euro. Questo mi libera liquidità da dedicare ad altri investimenti.
L’aspetto importante dell’effetto leva consiste nell’offrire la possibilità anche ai piccoli investitori di operare sui mercati finanziari, pur dotati di risorse relativamente scarse. Ciò aumenta il grado di liquidità degli scambi, diffondendo un capitalismo di stampo popolare. Questa è senza dubbio la parte più favorevole del discorso. Ma non è tutto. Grazie alla leva, i guadagni possono essere di gran lunga superiori a quelli che avrei ottenuto investendo in maniera più tradizionale. Nell’esempio di cui sopra, ammettiamo che il prezzo dell’azione salga del 10%. Il valore del mio investimento passa da 50.000 a 55.000 euro. Il mio margine di guadagno sarà di 5.000 euro, che è pari al 50% del mio versamento.
Non solo alti guadagni, anche perdite amplificate
Se avessi dovuto investire per l’intera somma, avrei guadagnato 5.000 euro su 50.000 euro, per cui avrei maturato un profitto del 10%. Tuttavia, l’altra faccia della moneta consiste nel fatto che anche le perdite risultano amplificate. Sempre nell’esempio appena esposto, se il prezzo dell’azione scendesse del 10%, accuserei una perdita del 50% (5.000 su 10.000 euro). Aspetto da non sottovalutare: con l’effetto leva le perdite possono superare di gran lunga la somma impiegata. E questo non è sempre chiaro a chi usa questo metodo per investire. Siamo abituati a pensare, infatti, che le perdite non possano superare il 100% del capitale. Unica eccezione si ha nel caso di vendite allo scoperto. Il punto è capire che il nostro capitale non è limitato all’importo versato, ma all’intera esposizione.
Sempre con riferimento ai suddetti numeri, se per un qualsiasi motivo le azioni crollassero dell’80%, la mia perdita sarebbe di 40.000 euro (50.000 x 0,80), quattro volte superiore ai 10.000 euro sborsati. Per questa ragione l’effetto leva non è consigliabile a coloro che sono avversi al rischio. Si tratta di un modo per massimizzare i guadagni con pochi mezzi, ma nel caso in cui il mercato prendesse una direzione a noi indesiderata, accuseremmo potenzialmente perdite molto superiori all’esborso effettuato.
Tutela con stop-loss
C’è un modo per limitare i danni: impostare uno stop-loss ragionevole. Ad esempio, se facciamo trading online (ma anche tramite broker fisico), possiamo fissare il prezzo minimo che accettiamo l’asset possa registrare (prezzo massimo nel caso di vendite allo scoperto). Appena il prezzo-limite viene raggiunto, automaticamente l’asset viene venduto (o comprato). In questo modo, eviteremo di subire perdite eccessive. Sempre facendo riferimento all’esempio di cui sopra, possiamo immaginare di impostare una perdita massima del 20%, pari a 10.000 euro. In questo modo, non perderemmo di sicuro più di quanto abbiamo speso per l’acquisto del titolo azionario.
Margin call
Quando si opera con l’effetto leva, c’è anche il rischio di essere richiamati dal broker per rimpinguare il margine iniziale. In gergo, l’operazione si definisce “margin call”. Se il broker fissa al 20% il margine minimo che dobbiamo mantenere rispetto all’investimento, significa che questo non potrà scendere al di sotto dei 10.000 euro nell’esempio fin qui riportato. Immaginiamo che le azioni perdano il 30%. Il valore dell’investimento crolla a 35.000 euro, per cui il capitale accusa una perdita di 15.000 euro. Poiché il nostro margine del 20% vale adesso 7.000 euro (20% su 35.000 euro), esso risulta sceso al di sotto della somma iniziale e saremo chiamati a rimpinguarlo.
Cosa accade se l’investitore non volesse o potesse rispondere alla richiesta del broker? Questi è costretto a chiudere la posizione non appena i termini per la “margin call” sono scaduti. Ovviamente, ciò infliggerà una perdita, in quanto l’azione è stata venduta a un prezzo inferiore rispetto a quello dell’investimento.
Effetto leva, paradossi e limiti
E’ bene che l’investitore sia a conoscenza di questi tecnicismi, perché molte situazioni negative si vengono a creare a causa della mancata conoscenza sull’esatto funzionamento di uno schema con effetto leva. Un aspetto di cui tenere conto sono anche le commissioni dovute all’intermediario, che deprimono il guadagno o amplificano i costi nel caso di perdite. Va da sé che più è alta la leva e maggiore il rischio che ci si assume. Ad esempio, in un caso di leva 1:20, stiamo versando appena un ventesimo del capitale verso il quale ci esponiamo. Da un lato realizzeremmo guadagni enormi nel caso in cui il mercato si muovesse nella direzione giusta, ma dall’altro sosterremmo perdite elevatissime se qualcosa andasse storto.
E per quanto detto sulla “margin call”, il rischio è di dover attingere alla liquidità se i prezzi si muovessero contro. Un fatto paradossale, se vogliamo. Abbiamo iniziato con il dire che l’effetto leva serve proprio per contenere l’esborso quando investiamo, ma ci potremmo ritrovare nella condizione di dover mettere subito mano al portafoglio per ricostituire il margine depositato. Dunque, non è neanche così vero che possiamo a cuor leggero operare così per distribuire la nostra liquidità su numerosi asset con pochi mezzi a disposizione. Bisogna sempre avere da parte risorse per il caso in cui subissimo perdite, a meno di impostare “stop-loss” a tutela proprio dei margini. Ma in quel caso esiste il rischio di risultare eccessivamente inflessibili, tali da dover chiudere in rosso le posizioni accese non appena queste girassero in negativo. E non sarebbe una buona strategia d’investimento, specie in fasi di elevata volatilità, in cui i prezzi possono muoversi in breve tempo al ribasso per più che recuperare subito dopo.