I prezzi sono scesi dai massimi che avevano raggiunto la scorsa settimana a più di 111.000 dollari, anche se restano prossimi ai record e in rialzo del 12% quest’anno. Bitcoin scambiava a poco meno di 105.000 dollari nella tarda serata di ieri. In questi giorni, due notizie positive per il mercato delle “criptovalute” sono arrivate dagli Stati Uniti, che sono diventati a tutti gli effetti la patria di questo business dopo anni di resistenze. GameStop ha annunciato l’acquisto di 4.710 Bitcoin per un valore di 513 milioni di dollari. Non è stato reso noto il periodo in cui è avvenuta l’operazione. Già a marzo la società aveva comunicato l’intenzione di trasformarsi in una sorta di tesoreria per token digitali. Un modo per diversificare il business, ad oggi concentrato nella vendita di videogiochi nei negozi fisici.
GameStop e Trump Media si buttano sui Bitcoin
GameStop fu al centro di forti attenzioni dei media agli inizi del 2021 per il cosiddetto fenomeno delle “meme stock“. Le sue azioni vennero prese di mira da parte di un folto gruppo di utenti che frequentavano il social Reddit. S’impennarono di prezzo in poche sedute da meno di 5 a un massimo di oltre 120 dollari. Gli scommettitori ribassisti finirono KO, costretti a ricoprirsi per limitare le perdite, innescando il fenomeno dello “short squeeze”.
Ma non è stata solo GameStop a svoltare con i Bitcoin. Trump Media and Technology Group ha raccolto 2,32 miliardi di dollari netti con cui ha fatto presente che intende comprare Bitcoin. Nel dettaglio, ha emesso 55.857.181 azioni al valore unitario di 25,72 dollari, incassando 1,44 miliardi lordi. E allo stesso tempo ha emesso un bond senior convertibile con cedola 0% e scadenza nel 2028 per il valore nominale di 1 miliardo e al prezzo di conversione di 34,72 dollari. La raccolta complessiva è stata di 2,44 miliardi.
Governo USA sempre più favorevole alle cripto
Questa seconda notizia ha destato scalpore, trattandosi di una società di proprietà dell’attuale presidente americano Donald Trump e che gestisce tra le altre cose il social Truth sul quale egli quotidianamente posta contenuti. L’operazione è stata vista come un possibile anticipo di quanto avverrà con il Tesoro degli Stati Uniti. La Casa Bianca emise mesi fa un ordine esecutivo con il quale autorizza la detenzione di riserve in svariate criptovalute, tra cui principalmente Bitcoin. In campagna elettorale aveva promesso di acquistare 1 milione di token entro 5 anni. Il decreto emanato non prevede nei fatti questo impegno, limitandosi perlopiù a garantire il mantenimento delle cripto possedute già dal governo federale a seguito di operazioni di sequestro.
Il mercato sta prendendo positivamente questi annunci, anche perché viene difficile da credere che la politica dell’amministrazione americana sarà in contrasto con gli interessi personali del presidente sui Bitcoin. Va detto, però, che proprio questo potenziale conflitto di interesse sta generando tensione al Congresso, chiamato ad approvare il Genius Act. Si tratta di una legislazione che nei fatti regolamenta e sdogana il business delle stablecoin, le cripto agganciate ad asset come oro, dollari e titoli del debito americani. Al Senato c’è stato il via libera bipartisan, grazie al voto favorevole di parte degli esponenti democratici.
Resistenze politiche ancora forti
Esistono, comunque, forti resistenze proprio a sinistra e sintetizzate nelle argomentazioni della senatrice Elisabeth Warren, secondo cui prima di dare un eventuale appoggio alle proposte di legge presentate dai repubblicani, bisogna accertarsi che il presidente e i suoi familiari non si avvantaggino da esse. Il mercato scommette su una liberalizzazione definitiva dopo che per anni sono stati posti i bastoni tra le ruote alle società che gravitano attorno a questo business relativamente recente. Un’aria completamente diversa si respira in Italia, dove il presidente della Consob, Paolo Savona, continua a mostrarsi fortemente contrario alla sola di legittimare le cripto. Ha appena bocciato certificati con i token digitali come sottostante e a garanzia dell’investimento.
Tensioni legate ai dazi
L’andamento dei Bitcoin sul mercato dipende molto dalle tensioni sui dazi, in questa fase. Infatti, il punto più basso di recente lo ha toccato agli inizi di aprile, quando l’amministrazione Trump annunciò dazi sulle importazioni di merci dal resto del mondo. Le quotazioni arrivarono a un minimo di 75.000 dollari. Da allora, hanno segnato un rialzo massimo fino a quasi il 50%. Il rimbalzo ha coinciso con l’allentamento delle tensioni. I dazi comportano due problemi principali per i token. Per prima cosa, creano un ambiente di avversione al rischio e favoriscono l’afflusso dei capitali verso beni rifugio come l’oro, a discapito di asset come Bitcoin e compagnia. Secondariamente, rendono più probabile il mantenimento dei tassi di interesse ai livelli attuali o un loro rialzo da parte della Federal Reserve, in quanto si traducono per i consumatori americani in aumenti dei costi alle importazioni.
E noi sappiamo benissimo che le cripto mostrano una performance negativa quando i tassi salgono, in quanto si giovano dell’aumento della liquidità sui mercati. Inoltre, subiscono come l’oro della concorrenza delle obbligazioni, in quanto asset alternativi che offrono agli investitori le cedole, cioè flussi di reddito costanti nel tempo. Investire in Bitcoin, invece, significa capitalizzare i guadagni solo dopo la rivendita. Potrebbero servire mesi o anni prima che ciò avvenga e nel frattempo si patiscono gli effetti negativi dell’inflazione.
Sogno Bitcoin svanisce in El Salvador
In controtendenza rispetto all’ottimismo crescente attorno a questi asset c’è paradossalmente El Salvador, lo stato dell’America Centrale che nel 2021 rese Bitcoin valuta legale. Unico caso al mondo ad oggi. Dopo avere dovuto fare un passo indietro proprio sull’obbligo di accettare la criptovaluta in pagamento tra privati e tra privati e stato in tema di imposte, proprio in questi giorni il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato il raggiungimento di un accordo con il presidente Nayib Bukele e il suo governo per lo sblocco di un prestito da 1,4 miliardi di dollari. In cambio, l’istituto ha chiesto e ottenuto l’assicurazione che non ci saranno più acquisti di Bitcoin da parte dello stato e che verrà chiuso Chivo, il wallet pubblico scaricato da milioni di cittadini per effettuare pagamenti e, soprattutto, ricevere le rimesse degli emigranti.
Bukele ha sfidato il Fondo Monetario, annunciando a sua volta subito dopo che gli acquisti quotidiani di Bitcoin tramite la banca centrale proseguiranno. Dichiarazioni che creano confusione, anche se sembra che l’esperimento avviato anni fa sia destinato a fallire per l’ostilità dell’istituto di Washington. Già da tempo non si parla più dell’emissione dei bond “vulcano”, che avrebbero dovuto finanziare la costruzione di Bitcoin City, una città dedita al business delle cripto e alla finanza in generale. Sarebbe stata una nuova forma di investimento garantita al mercato, ma che ha riscontrato la totale opposizione del Fondo.