Non sono di certo settimane positive per il mercato delle criptovalute, che sta registrando un tonfo inatteso. Basti pensare che Bitcoin, che è il token digitale più diffuso e importante in termini di capitalizzazione, ha perso oltre il 21% nell’ultimo mese ed è sceso ad una quotazione intorno agli 86.600 dollari di questo giovedì sera, ai minimi dall’aprile scorso. L’intero mercato delle crypto ha “bruciato” circa 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione in appena tre settimane.
Tonfo delle criptovalute inatteso, ma spiegabile con l’IA
Il tonfo delle criptovalute è arrivato inatteso, anche perché l’umore da mesi era positivo in scia alla regolamentazione delle “stablecoin” negli Stati Uniti. L’amministrazione Trump è quanto di più aperta ci sia nel mondo riguardo a questo nuovo asset finanziario. Quanto sta accadendo, tuttavia, è del tutto razionale. E’ da settimane che a Wall Street serpeggia il nervosismo. Gli investitori temono che i prezzi delle società legate all’Intelligenza Artificiale siano saliti eccessivamente e possano scoppiare. A tale riguardo, si parla apertamente di rischio bolla speculativa e si fanno confronti con gli avvenimenti di 25 anni fa, quando esplose la bolla delle dot-com.
Cosa c’entrano le criptovalute con il tonfo azionario? Essendo ancora percepito come asset rischioso, risentono negativamente della crescente avversione al rischio tra gli investitori. Dovete pensare che la sola NVIDIA ha perso 500 miliardi di dollari di capitalizzazione in borsa dai massimi toccati alla fine di ottobre. Anche se in termini percentuali parliamo di “solo” un 10%, sono numeri che fanno riflettere. Ed ecco che ieri si aspettavano con trepidazione i risultati del terzo trimestre del colosso californiano per capire se i timori del mercato fossero fondati o meno. Ricavi e utili sono stati superiori alle previsioni, con i primi saliti al record di 57 miliardi e i secondi che hanno sfiorato i 32 miliardi.
Dati su lavoro USA guastano la festa a Wall Street
Grazie a questa trimestrale a dir poco ottima, oggi le borse mondiali hanno ripreso fiato. Ci si aspettava che lo stesso avrebbero fatto le criptovalute, le quali al contrario proseguono nel tonfo. Come detto, Bitcoin è ai minimi da aprile, anche se questa mattina era salito fino a sfiorare i 93.000 dollari. Cos’è successo in queste ore? Da un lato il mercato ha tirato un sospiro di sollievo sul comparto IA, ma dall’altro sconta i dati sul lavoro negli Stati Uniti per il mese di settembre. Pubblicati con ritardo per via dello “shutdown”, i posti creati sono stati molto superiori alle attese (119.000 contro 51.000), anche se a fronte di un lieve aumento del tasso di disoccupazione al 4,4%.
Tanto è bastato agli investitori per ridurre le previsioni circa un nuovo taglio ai tassi di interesse da parte della Federal Reserve a dicembre. Il costo del denaro americano potrebbe restare invariato a fine anno, un fatto che non gioca a favore né di Wall Street, né di un asset come le criptovalute. Queste beneficiano dell’abbondante liquidità sui mercati finanziari e ogni volta che avanza la prospettiva che questa possa contrarsi o non aumentare, le quotazioni ne risentono. La stessa NVIDIA è passata dal guadagnare quasi il 6% nel pre-market al perdere il 2,50% a ridosso del finale di seduta. Anche l’IA ha bisogno di tassi bassi, in quanto è sostenuta dagli ingenti investimenti delle imprese.
Rendimenti in Giappone da record
In realtà, il tonfo delle criptovalute si deve anche al Giappone. Dobbiamo andare dall’altra parte del mondo per completare il quadro di quanto stia accadendo sui mercati in questa fase. I rendimenti sovrani a Tokyo sono saliti ai massimi storici per le scadenze ultra-lunghe. Il trentennale offre più del 3,35% e il bond a 40 anni quasi il 3,75%. Non va meglio con scadenze più corte come il decennale, che rende oltre l’1,80% contro poco più dell’1% di un anno fa. Il boom è conseguenza della politica fiscale espansiva annunciata dalla nuova premier Sanae Takaichi. Un piano di 21.300 miliardi di yen (circa 114 miliardi di euro), che obera un bilancio gravato già da un debito pubblico al 250% del PIL.
I rendimenti del Giappone hanno un impatto negativo sulle borse mondiali per diverse ragioni. La prima è che devia i capitali dal comparto azionario a quello obbligazionario, stimolando al rialzo i rendimenti su tutti gli altri mercati sovrani. La seconda è più complessa. Nel mondo sono state aperte numerosissime posizioni grazie alla liquidità presa in prestito in Giappone a basso costo. Ora che i rendimenti nipponici sono in netta risalita, la restituzione di tali prestiti diventa più onerosa. Le posizioni che avevano sfruttato il “carry trade“ vengono chiuse e a farne le spese sono in misura pronunciata le azioni dell’IA, che negli ultimi anni hanno beneficiato dei flussi di capitali dal Sol Levante. Con il tempo, questo trend potrà sostenere lo yen, altra ragione per uscire dal mercato azionario americano ed europeo e convertire i capitali nella valuta nipponica.
L’impatto c’è anche sulle criptovalute, perché alti rendimenti ne generano il tonfo dei prezzi. Per quale ragione? Trattandosi di un asset concorrente, i bond sottraggono capitali e fanno venire meno il rischio che l’inflazione futura possa finire fuori controllo. Uno dei motivi per cui molti decidono di investire in Bitcoin e altri token risiede proprio nel timore che le banche centrali possano perdere il controllo della stabilità dei prezzi. Le probabilità sono tanto più alte, quanto più bassi sono i tassi di interesse e i rendimenti di mercato. C’è anche l’idea che il rialzo dei rendimenti a lungo termine possa dissuadere i governi dal procrastinare politiche fiscali lassiste. Se così fosse, le criptovalute perderebbero un po’ di appeal con il ritorno ad una condotta più disciplina nella gestione dei conti pubblici.
Tonfo delle criptovalute alle spalle con lassismo fiscale e alta inflazione
La situazione potrebbe evolversi nei prossimi mesi in direzione prettamente favorevole alle criptovalute. Data l’elevata impopolarità di molti dei principali governi nel mondo, difficilmente essi possono permettersi di tagliare la spesa pubblica e/o aumentare le entrate. Così come difficilmente potranno tornare sui loro annunci di riarmo, data la delicata congiuntura geopolitica. Ne conseguirebbe una fase di estremo disordine fiscale, per evitare la quale le banche centrali tollererebbero tassi d’inflazione più alti. In uno scenario del genere, non solo le criptovalute si lascerebbero alle spalle il tonfo di queste settimane, ma tenderebbero verso nuovi massimi. In effetti, il boom dei rendimenti riflette anche timori sull’inflazione.