Nuovo record per l’oro ed è fuga da Londra per paura di Trump

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La quotazione dell’oro ha superato nella seduta odierna la soglia dei 2.180 dollari per oncia, segnando l’ennesimo record assoluto degli ultimi mesi. Nel corso del 2024 sono stati ben 24 i massimi storici abbattuti uno dopo l’altro. In media, il prezzo è stato di 2.663 dollari, in crescita su base annuale del 23% dai 2.386 dollari medi del 2023. Già da inizio anno il metallo è lievitato fino a ridosso del 10%, tra l’altro a fronte di un dollaro sostanzialmente stabile contro le altre principali valute mondiali rispetto ai livelli di apertura del 2025. In genere, l’oro è correlato negativamente al biglietto verde. Quando questo sale, l’acquisto del bene rifugio per eccellenza si fa più oneroso per il mercato extra-USA e la domanda si riduce, impattando negativamente sul prezzo. Viceversa, quando il cambio scende.

Banche centrali sempre a caccia di oro

La forza dell’oro sta nella sua solida domanda, particolarmente delle banche centrali. Anche nel 2024 hanno effettuato richieste per oltre 1.000 tonnellate. Per l’esattezza, queste sono ammontate a 1.044,6 tonnellate, in lieve calo dalle 1.050,8 tonnellate dell’anno precedente. La domanda per scopi produttivi è rimasta anch’essa elevata a 2.003,5 tonnellate dalle 2.191 del 2023. I consumi di gioielleria sono scesi da 2.110,6 a 1.877,1 tonnellate. Qui, si è fatto sentire molto l’impatto dei prezzi alti. Le famiglie in giro per il mondo hanno ridotto gli acquisti. Infine, la domanda di oro per gli investimenti è salita da 945,5 a 1.179,5 tonnellate. In totale, la domanda è salita da 4.492,5 a 4.553,7 tonnellate.

Perché tutta questa fame di oro? Di sicuro c’è che il metallo sta svolgendo il ruolo storico che gli è stato assegnato dal comune sentire e, a tratti nella storia, dai governi: la difesa del potere di acquisto contro l’inflazione. I prezzi al consumo stanno crescendo a ritmi molto inferiori rispetto alla media del 2022 e 2023, ma nell’autunno scorso si è registrata un’accelerazione contestualmente al taglio dei tassi di interesse. E’ stato paradossale quanto accaduto negli Stati Uniti, dove la Federal Reserve nel settembre scorso iniziava a ridurre il costo del denaro con un annuncio dello 0,50%. Avrebbe fatto lo stesso a inizio novembre, subito dopo le elezioni americane, e a dicembre poco prima di Natale. In tutto, una riduzione dell’1%.

Tassi reali in calo

Tuttavia, mentre i tassi sono scesi, l’inflazione americana è risalita, allontanandosi dal target del 2% fissato dall’istituto. Qualcosa di simile è avvenuto in Europa, dove i tassi stanno scendendo e l’inflazione risale sopra il 2%. Cionondimeno, la Banca Centrale Europea non ne vuole sentire di arrestare l’allentamento monetario, anche perché l’economia nell’Area Euro è malconcia. In poche parole, sta succedendo che i tassi reali stiano diminuendo e questo è un bene per l’oro, che tende ad apprezzarsi quando subisce minore concorrenza da asset che staccano cedole, vale a dire le obbligazioni.

I disordini geopolitici c’entrano anche con i record di questi anni. C’è sempre la guerra in corso tra Russia e Ucraina, mentre il cessate il fuoco tra Israele e Hamas non ha fermato quest’altra guerra in Medio Oriente. E ora ci sono i dazi che l’amministrazione Trump minaccia contro tutte le principali economie mondiali, a partire da Canada, Messico e Cina. Verso i primi due c’è stata una sospensione di un mese, il tempo di trattare sui due temi che stanno principalmente a cuore al presidente americano: la lotta all’immigrazione clandestina e al traffico di droga dall’estero, tra cui della potentissima fentanyl. A seguire sarà il turno dell’Unione Europea.

Fuga da Londra per paura dei dazi

E proprio la minaccia dei dazi sta facendo defluire l’oro dalla Banca d’Inghilterra. Nei caveau della Old Lady si trovano 400.000 lingotti per un controvalore complessivo di 450 miliardi di dollari ai prezzi di mercato vigenti. Cosa ci fa tutto questo metallo a Londra? E’ custodito, spesso da lungo tempo, per conto principalmente delle altre banche centrali. La posizione geografica del Regno Unito, che staccato dal resto d’Europa, rende l’isola un luogo ideale in cui custodire i lingotti contro minacce di invasione straniera. Pensate all’Ucraina di oggi, occupata dalla Russia. Il problema si pose particolarmente dopo il 1945 in Europa per l’eventualità che le truppe sovietiche potessero occupare l’Occidente, mettendo le mani sulle sue riserve auree.

Fatto sta che negli ultimi 2 mesi sono stati disposti ritiri di oro dalla Banca d’Inghilterra per 12,2 milioni di once (circa 379,46 tonnellate) per spedirlo al COMEX di New York. Perché? Molti investitori temono che l’amministrazione Trump possa imporre dazi anche sull’oro e prima che ciò avvenga, si mettono al sicuro portandolo negli Stati Uniti. Qui, in ogni caso non verrebbe toccato. L’operazione ha portato a una vendita a sconto del metallo fino a 5 dollari l’oncia rispetto al prezzo spot. In genere, la differenza è di pochi centesimi. Il fatto è che nessuno sta portando altri lingotti a Londra e, anzi, molti stanno ritirando i lingotti. Operazione per niente semplice. I tempi minimi di attesa per eseguire l’ordine si sono allungati a 4 settimane, quando normalmente sono nell’ordine di qualche giorno o una settimana al massimo.

Gli stock di oro al COMEX sono aumentati così del 70% a 29,8 tonnellate, ai massimi da agosto del 2022. Il mercato è in difficoltà. I lingotti a Londra sono generalmente di 400 once, ma negli Stati Uniti devono arrivare nel formato a 100 once. Questo impone prima ai possessori di spostare il metallo in hub come la Svizzera, dove avvengono la raffinazione e la riduzione delle dimensioni standard. Insomma, costi necessari per evitare di incorrere nei dazi. Sempre ammesso che questi ci saranno. Finora Trump non ha mai menzionato il metallo tra i beni da sottoporre a una qualche forma di restrizione, anche se la paura monta. Nell’annunciare i dazi contro Messico e Canada, ad esempio, il greggio non è stato escluso dalla lista. Semmai, su quello canadese è stato imposto un dazio del 10% contro il 25% per il resto dei beni. Con ciò la Casa Bianca ha segnalato di non voler escludere grosso modo nulla dalla stangata.

Oro super, ma criptovalute giù

Il prezzo dell’oro non segna un nuovo massimo storico soltanto in dollari. Anche in euro non era mai stato così alto ad una quotazione superiore ai 2.750 per oncia, che equivale a circa 88,50 euro al grammo. Questo aspetto induce a rimanere cauti circa i futuri movimenti. Siamo sicuri che, in assenza di ulteriori tensioni geopolitiche o commerciali, il metallo resti così caro o possibilmente ingranerà la marcia indietro? Sta di fatto che l’incertezza sui tassi sta colpendo anche le criptovalute, che ormai vengono considerati asset alternativi al metallo e per alcuni il “nuovo oro” o “oro digitale”. Bitcoin è sceso sotto 100.000 dollari dopo avere toccato un massimo storico sopra 108.000 in concomitanza con l’insediamento di Trump. La prospettiva che la liquidità sul mercato resti limitata nel medio termine e la minore propensione al rischio stanno colpendone le quotazioni.

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