Riserve valutarie: cosa sono e perché si rivelano una guida importante per i mercati

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Il significato per molti, forse i più, rimane oscuro e, invece, la conoscenza delle riserve valutarie o riserve in valuta estera è fondamentale quando si opera sui mercati finanziari. Se siete piccoli investitori o anche solamente seguite le cronache finanziarie, avrete certamente dimestichezza con il concetto di default. Il termine indica quella condizione per la quale un governo, ma anche un’azienda privata o una banca, non ha più la possibilità di onorare i suoi debiti. Quando si verifica un evento creditizio di questo tipo, sono cavoli amari per i creditori. In genere, possono servire diversi anni per recuperare solamente una frazione del capitale investito.

Riserve valutarie, cosa sono

Ad ogni modo, uno stato non fallisce dall’oggi al domani. E questa è senz’altro la buona notizia, nel senso che esistono diversi indicatori che anticipano il probabile verificarsi di uno stress finanziario. Il più noto è forse il rapporto tra debito pubblico e Pil, che in Italia da decenni incute timori tra gli investitori, essendo molto più alto della media europea. In realtà, specialmente quando si ha a che fare con un’economia emergente, più che il rapporto in sé è più indicativo dello stato di salute delle finanze statali il dato sulle riserve valutarie.

Esse rappresentano la disponibilità di valuta estera da parte di una banca centrale. Si formano grazie agli attivi registrati dalla cosiddetta “bilancia dei pagamenti”. A sua volta, questa è composta dai saldi commerciali e dai saldi correnti. I primi rappresentano le esportazioni nette positive o negative di un’economia con il resto del mondo, mentre i secondi sono gli afflussi di capitali al netto dei deflussi. Sembrano concetti per specialisti in economia, ma adesso li spiegheremo in maniera semplice per renderne immediata la comprensione a tutti.

Esempio pratico di import/export

Immaginate di essere un’azienda italiana che esporta capi di abbigliamento negli Stati Uniti. Un grossista americano acquista la vostra merce per 150.000 euro ed effettua il pagamento con bonifico bancario. Cosa succede in concreto? L’acquirente si recherà presso la propria banca e le verserà la somma corrispondente ai 150.000 euro, tenuto conto del tasso di cambio. Supponendo che esso sia di 1,10, gli serviranno 165.000 dollari. A quel punto, la banca invierà al venditore italiano i 150.000 euro, che avrà chiesto e ottenuto dalla Federal Reserve, la banca centrale americana. In cambio, ovviamente, le avrà versato i suddetti 165.000 dollari.

Cosa succede sul piano macroeconomico? La Federal Reserve si ritroverà con minori euro in cassa. Le sue riserve valutarie sono diminuite. Al contrario, la Banca Centrale Europea (tramite Banca d’Italia) registrerà un ingresso positivo di 165.000 dollari. Infatti, il venditore a sua volta avrà dovuto scambiare in banca i dollari per ottenere gli euro, la valuta con cui effettua i pagamenti in patria. Le riserve valutarie nell’Eurozona risulteranno aumentate. Sarebbe accaduto il contrario nel caso in cui il venditore fosse stato americano e l’acquirente italiano. In generale, quindi, quando le esportazioni di un’economia superano le importazioni, la bilancia commerciale esita un saldo positivo e questo a sua volta accresce le riserve valutarie.

Movimenti finanziari

A completare il ragionamento ci sono i movimenti dei capitali. Se un investitore italiano/tedesco/francese/ecc. acquista azioni o obbligazioni americane (in dollari), si ha un deflusso finanziario dall’Eurozona agli Stati Uniti. In pratica, si riducono i dollari a disposizione presso le banche centrali nazionali facenti parte dell’Eurosistema. Viceversa, se fosse un investitore americano ad acquistare titoli finanziari in euro. Dunque, gli afflussi netti di capitali tendono ad aumentare le riserve valutarie. I deflussi netti le riducono. Il ragionamento non cambia nel caso delle rimesse di emigranti e immigrati. In questo caso, a spostarsi sono i redditi. Economie avanzate come l’Italia tendono a registrare cronici passivi per questa voce della bilancia dei pagamenti, in quanto il numero degli immigrati che vi lavorano superano quelli degli espatriati che mandano soldi a casa. Si tratta, comunque, di una voce generalmente marginale.

Debito estero

Ora che abbiamo chiaro il concetto di riserve valutarie, a cosa ci serve? Un’economia intrattiene relazioni finanziarie con il resto del mondo. Nel caso delle economie emergenti, imprese, banche e governi sono costretti spesso a indebitarsi in valuta estera. Non dispongono di un mercato interno dei risparmi sufficientemente grande per finanziare le loro passività e i creditori stranieri non si fidano di essere ripagati in valute considerate deboli e volatili. Ecco perché si parla di debito estero. Esso equivale a tutti i finanziamenti contratti da un sistema Paese in valuta estera. Quando diventa preoccupante? Quando le sue scadenze a breve termine (entro i dodici mesi) superano nettamente le riserve valutarie. Significa che la quantità di valuta estera disponibile risulta insufficiente per fronteggiare i pagamenti.

In casi del genere, si suole anche affermare che si rischia la crisi della bilancia dei pagamenti. E’ un segnale allarmante per gli investitori. Il rischio di default sale e non riguarda solamente i titolari di crediti, tra cui titoli di stato e obbligazioni societarie. Anche gli investitori sul mercato azionario e in attività reali hanno di cosa preoccuparsi. In effetti, quando le riserve valutarie scarseggiano, la banca centrale è costretta prima o poi ad effettuare una svalutazione del cambio. Il valore di tutti i beni e titoli posseduti in valuta locale si riduce e in previsione di ciò si registra una fuga dei capitali, che ne anticipa il tracollo.

Riserve valutarie non solo liquide

Perché riserve valutarie scarse costringono alla svalutazione del cambio? E’ il modo più immediato che si ha per cercare di risollevare le esportazioni e contenere le importazioni. La speranza è che la bilancia commerciale migliori nel giro di pochi mesi. Infatti, merci e servizi locali costano di meno per i consumatori stranieri, mentre merci e servizi all’estero costano di più per i consumatori domestici. Inoltre, quando il cambio scende è più conveniente per gli investitori stranieri acquistare asset e ciò attira i capitali. Tende così a migliorare anche il saldo corrente. Tra le altre possibili azioni più draconiane rientrano l’imposizione di controlli sui capitali e il blocco delle importazioni. Trattasi di misure estreme, che alcune economie si trovano a dover introdurre in casi di estrema severità della crisi per evitare il prosciugamento totale delle riserve.

Dobbiamo sapere anche che le riserve valutarie non sono solamente disponibilità liquide in senso stretto. Una banca centrale ha la convenienza a impiegare la liquidità in asset finanziari fruttiferi, principalmente titoli di stato. E’ così, ad esempio, che negli ultimi decenni la Cina ha registrato ingenti surplus commerciali grazie a mercati di sbocco come Stati Uniti ed Europa. In cambio, ne ha acquistato titoli del debito, soprattutto americani, ricevendo in cambio un certo rendimento. Infine, tra gli investimenti possibili e più diffusi vi sono quelli in oro (riserve auree). Il metallo serve sia a conservare valore nel tempo, sia a segnalare ai mercati di essere affidabili. In futuro non possiamo escludere impieghi in criptovalute, come da anni fa la banca centrale di El Salvador, unico stato al mondo ad avere reso Bitcoin valuta legale. Ovviamente, una gestione attenta deve sempre calibrare gli impieghi con il fabbisogno ordinario di liquidità per evitare una crisi dei pagamenti anche solo temporanea, ma che intaccherebbe la fiducia del mercato.

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