Fino a dove si spingerà la BCE nel tagliare i tassi di interesse?

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Sarà una settimana importante sui mercati quella prossima. Giovedì 17 ottobre la Banca Centrale Europea (BCE) dovrebbe tagliare i tassi di interesse. Lo ha segnalato in più occasioni nelle ultime settimane. Il governatore francese François Villeroy de Galhau, componente del Consiglio dei Governatori ed esponente di spicco del board, essendo a capo della seconda banca centrale nazionale più importante nell’unione monetaria, ha espresso sostegno sul terzo abbassamento del costo del denaro. Ha anche fatto presente che ve ne saranno di altri nei mesi successivi.

Tassi di interesse BCE tagliati già due volte

La BCE ha già tagliato due volte i tassi di interesse. La prima è stata a giugno, alla vigilia delle elezioni europee. La seconda a settembre. In entrambe le occasioni, lo ha fatto per lo 0,25%. A settembre, però, i tassi di riferimento sono stati abbassati dello 0,60%. Erano al 4,25% e sono stati portati al 3,65%. Ma si è trattato di un cambiamento atteso nella struttura dei tassi. In pratica, Francoforte aveva avvertito che avrebbe ridotto il differenziale tra tassi di riferimento e tassi sui depositi bancari (dallo 0,50% allo 0,15%), al fine di migliorare l’efficacia della politica monetaria.

Perché la BCE può e vuole tagliare i tassi di interesse? E fino a dove si spingerà? Nel luglio del 2022 fu costretta ad alzarli per la prima volta dopo undici anni. L’inflazione nell’Eurozona sta salendo ben sopra il 2%, che è ufficialmente il tasso-obiettivo nel medio termine. Nell’autunno di due anni fa sarebbe arrivata al 10,6%, trainata dal boom dei costi energetici a causa principalmente della guerra tra Russia e Ucraina.

I tassi sono uno strumento a disposizione delle banche centrali per mantenere la stabilità dei prezzi al consumo. Quando salgono, la propensione al consumo delle famiglie si riduce, in quanto esse trovano più conveniente risparmiare. E le imprese sono disincentivate ad investire, visto che prendere denaro in prestito costa di più. Viceversa, quando i tassi scendono. Nel primo caso, si finisce per deprimere la domanda interna e ciò frena la crescita dei prezzi. Nel secondo, si dà impulso all’economia e, quindi, anche agli stessi prezzi, oltre agli asset finanziari. Aumenta anche la tendenza a comprare Bitcoin, grazie alla riduzione del rischio percepito.

Rischio recessione e inflazione sotto 2%

A settembre di quest’anno l’inflazione nell’area è scesa all’1,8%, sotto l’obiettivo del 2% per la prima volta dalla metà del 2021. Questo ha convinto la BCE a ridurre i tassi di interesse per una terza volta in anticipo rispetto alla sua tabella di marcia. Le previsioni di analisti e mercati erano per un intervento solamente a dicembre. Invece, l’economia tedesca è in recessione e anche in Francia le cose non vanno granché bene. In Italia, la crescita sarà inferiore all’1% stimato dal governo per quest’anno. S’intravede persino il rischio opposto che una crisi spinga i prezzi verso il basso, provocando la deflazione.

Previsioni del mercato tramite curva “forward”

Dando per scontato che il costo del denaro scenderà nei prossimi giorni, siamo in grado di farci un’idea fondata sull’andamento futuro dei tassi di interesse fissati dalla BCE? La risposta è affermativa. Avete mai sentito parlare di curva “forward”? E’ una linea che mette insieme l’esito dei contratti futures lungo un dato orizzonte temporale. Nello specifico, facciamo riferimento all’Euribor a 3 mesi. Esso è un tasso che molte famiglie conosceranno di sicuro, in quanto vi sono agganciati generalmente i mutui a tasso variabile. Quello che i più probabilmente non sanno è che riflette il costo dei prestiti di denaro tra banche europee e il suo valore viene aggiornato quotidianamente.

L’Euribor a 3 mesi riflette anche l’andamento del tasso sui depositi bancari, sceso a settembre al 3,50%. In pratica, la BCE remunera le banche commerciali dell’Eurozona che depositano liquidità in eccesso presso di essa. Fino al 2022, però, per anni non soltanto non le remunerava affatto, ma imponeva persino tassi negativi, in modo che gli istituti fossero incentivati a far circolare la liquidità nell’economia reale attraverso i prestiti a famiglie e imprese. I mercati riescono a prevedere (o perlomeno ci provano) l’andamento dell’Euribor a 3 mesi nei mesi e anni futuri grazie ai contratti futures. Essi prevedono la fissazione di un dato prezzo a una data scadenza tra due parti. Quanto agli altri due tassi, quelli di riferimento riguardano i prestiti concessi alle banche commerciali; di rifinanziamento marginale si riferiscono, invece, ai prestiti in situazioni di emergenza per le banche si trovano a corto di liquidità. Infatti, questi ultimi vengono fissati al livello più alto tra i tre, attualmente al 3,90%.

Minimo atteso per fine 2025

Grazie alla suddetta curva “forward”, siamo in grado di capire quali siano le previsioni del mercato, che non necessariamente devono considerarsi esatte. Gli investitori possono sbagliarsi e, comunque, le condizioni macro cambiano spesso per eventi imprevisti. Ebbene, secondo la curva “forward” l’Euribor a 3 mesi, cioè anche il tasso sui depositi bancari, scenderà al 2,89% a dicembre dal 3,50% attuale. Ciò implica che la BCE abbasserebbe i tassi di interesse di mezzo punto percentuale da qui a due mesi, vale a dire dello 0,25% la prossima settimana e un altro 0,25% entro dicembre. Addirittura, scontano quasi al 50% la possibilità che vi sia un taglio più marcato per allora dello 0,50%.

Entro la fine del 2025 il costo del denaro è atteso all’1,81%. Rispetto alla situazione attuale significa prevedere un taglio dei tassi di interesse da parte della BCE di un ulteriore 1% nel corso del prossimo anno. Grosso modo, questo sarebbe il punto più basso che toccherà il costo del denaro. Fino a qualche settimana fa, il punto più basso era atteso per la primavera del 2026. Questa è la conferma che il mercato si attende una BCE più interventista nei prossimi mesi, a causa del peggioramento delle condizioni macroeconomiche nell’Eurozona.

Tassi di interesse BCE giù, sollievo per mutui

I titolari di mutui a tasso variabile possono sorridere. Anche se i tassi non torneranno ai livelli azzerati di un paio di anni fa, la loro corsa al ribasso sta accelerando e tra poco più di un anno sarebbero ai minimi. I risparmi saranno notevoli per i finanziamenti che dovranno ancora essere rimborsati per la gran parte del capitale. Lo stesso dicasi per le erogazioni dei futuri mutui a tasso fisso, le cui condizioni saranno più convenienti di quelle odierne. Ovviamente, i rischi rimangono in entrambe le direzioni. Se l’economia peggiorasse e l’inflazione proseguisse la discesa, la BCE potrebbe convincersi della necessità di tagliare i tassi di interesse ancora più drasticamente. Viceversa, se l’inflazione dovesse rimanere elevata o tornare a salire, magari a seguito delle tensioni geopolitiche in giro per il mondo, l’allentamento monetario potrebbe subire una battuta di arresto.

 

 

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