Travel rule e crypto: il suo impatto sulle transazioni. La componente normativa nazionale nell’uso pratico delle criptovalute come mezzo di pagamento.
Negli ultimi anni il mondo delle criptovalute ha visto una crescita esponenziale in termini di utenza di base, uso pratico e investimento, attirando l’attenzione non solo di investitori e innovatori, ma anche di regolatori internazionali che hanno via via adattato questo nuovo campo finanziario alle normative vigenti nelle singole realtà territoriali e statuali.
Tra le normative che stanno plasmando il settore, la Travel Rule rappresenta un elemento cruciale, con implicazioni significative per le transazioni e per gli operatori del mercato. Ma cos’è esattamente la Travel Rule, e come influisce sul panorama delle criptovalute? In questo articolo esploreremo il tema nel dettaglio.
Travel Rule: definizione e origini
La Travel Rule nasce nel ben più vasto contesto della regolamentazione antiriciclaggio (AML, Anti-Money Laundering) ed è stata introdotta per la prima volta negli Stati Uniti dalla Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN) nel 1996, come parte integrante del Bank Secrecy Act. Successivamente, è stata adottata a livello globale dal Financial Action Task Force (FATF o GAFI), l’organismo intergovernativo che stabilisce standard per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (CFT, Combating the Financing of Terrorism).
In sintesi, la Travel Rule è una procedura che richiede che le istituzioni finanziarie trasmettano determinate informazioni personali relative ai mittenti e ai destinatari di una transazione quando questa supera una certa soglia (ad esempio, 1.000 dollari negli Stati Uniti). Queste informazioni includono dati abbastanza definiti e di carattere essenzialmente anagrafico, nome mittente, nome destinatario, indirizzi fisici di domicilio e residenza, numeri di relativi conti e identificativo della transazione stessa.
Originariamente pensata per le banche e i trasferimenti di denaro tradizionali, la regola è stata però estesa alle criptovalute nel 2019, quando il FATF ha aggiornato le sue raccomandazioni per includere i Virtual Asset Service Providers (VASP), come exchange, wallet custodiali e altre piattaforme che gestiscono asset digitali.
Come ovvio per chiunque conosca le crypto, l’applicazione di tale regola al campo decentralizzato pone qualche problematica aggiuntiva, basti pensare alla sola inesistenza di una corrispondenza biunivoca tra un wallet manovrato attraverso meccanismi non custodial e l’identità effettiva di chi lo sta manovrando, possedendo evidentemente una chiave privata che di fatto consente di disporre dei fondi attraverso una stringa alfanumerica che nulla riporta in termini di identità fisica di chicchessia.
Applicazione in ambito crypto
Nel mondo delle criptovalute, l’implementazione della Travel Rule rappresenta una sfida unica, data appunto la natura pseudonima e decentralizzata di molte blockchain. A differenza dei sistemi bancari tradizionali, dove le identità dei clienti sono già note alle istituzioni, le transazioni in criptovalute spesso coinvolgono indirizzi alfanumerici che non rivelano direttamente l’identità dell’utente, se non attraverso una pubblica dichiarazione che comunque può essere anche aggirata o manipolata.
Secondo le linee guida del FATF, i VASP devono:
Identificare i propri clienti attraverso processi di Know Your Customer (KYC);
Raccogliere e condividere i dati del mittente e del destinatario con il VASP controparte in una transazione;
Conservare questi dati per un periodo minimo (di solito cinque anni) e renderli disponibili alle autorità su richiesta.
Ad esempio, se un utente trasferisce Bitcoin da un exchange come A ad un altro exchange B, entrambi gli exchange devono scambiarsi le informazioni personali dell’utente, garantendo che la transazione sia tracciabile. Questo vale solo per transazioni tra VASP regolamentati, non per trasferimenti verso wallet personali non custodiali (almeno per ora, anche se per le transazioni “miste”, ossia da custodial a non custodial e viceversa, molti exchange già chiedono di fornire informazioni in materia, logicamente su base autodichiarativa).
Impatto nel settore
L’introduzione della Travel Rule ha generato un mix di opportunità e minacce per il settore delle criptovalute. Se è vero infatti che tale regola limita come ovvio un certo anonimato spesso e volentieri invocato dai seguaci “puristi” della cryptosfera, è anche vero che un progressivo fenomeno di sdoganamento del mondo crypto sta vedendo nella regolamentazione un tassello importante per diffondere presso un più vasto pubblico questi nuovi metodi di pagamento, con accettazione crescente da parte di legislazioni un tempo estremamente refrattarie in materia.
La conformità alla Travel Rule rassicura infatti governi e istituzioni finanziarie, favorendo l’ingresso di grandi player nel mercato delle criptovalute, e aumentando di conseguenza gli investimenti nel settore. Questo potrebbe accelerare l’adozione mainstream, sia pure a costo di una perdita parziale dell’anonimato che molti utenti apprezzano.
Sfide, costi, privacy
Implementare la Travel Rule richiede infrastrutture complesse. I VASP devono sviluppare sistemi interoperabili per condividere dati in modo sicuro e standardizzato. Soluzioni come il Travel Rule Protocol (TRP) o iniziative di aziende come CipherTrace e Chainalysis stanno emergendo per affrontare questo problema, ma i costi di adeguamento possono essere proibitivi per operatori più piccoli.
La raccolta e la condivisione di dati personali contrastano con i principi di privacy che hanno reso le criptovalute popolari. Gli utenti che utilizzano exchange regolamentati perdono parte del loro anonimato, spingendo alcuni a preferire wallet non custodiali o piattaforme decentralizzate (DeFi), che al momento sfuggono a queste normative. Con tutta probabilità, dunque, essendo che in ogni caso — giova ricordarlo — la privacy resta comunque un diritto che tutte le costituzioni occidentali e le regole ad esse connesse garantiscono per ogni cittadino, il futuro vedrà una dialettica sempre più fitta tra regolamentazione e anonimato, fino a determinare prassi miste in grado di tutelare entrambi gli ambiti.
Si parlerà quindi sempre di più di una tutela differenziata a seconda della cifra in oggetto, con un’attenzione certamente maggiore per le grandi operazioni di acquisto OTC, e meno per i comuni invii a wallet non custodial entro quote ragionevoli di denaro.
Mercato e frammentazione
Non tutti i paesi hanno adottato la Travel Rule nello stesso modo o con la stessa tempistica. Questa mancanza di uniformità crea complicazioni per le transazioni transfrontaliere e potrebbe favorire la concentrazione di attività in giurisdizioni con regolamentazioni più lasse.
La Travel Rule è solo l’inizio di un processo di regolamentazione più ampio nel settore delle criptovalute. Con il crescente interesse per le valute digitali delle banche centrali (CBDC) e l’espansione della DeFi, i regolatori potrebbero cercare di estendere ulteriormente queste norme. Tuttavia, la comunità crypto sta rispondendo con innovazioni tecnologiche, come soluzioni di crittografia a conoscenza zero (zero-knowledge proofs), che potrebbero molto efficacemente consentire la conformità senza sacrificare del tutto la privacy.
Conclusioni
In definitiva, la Travel Rule rappresenta un punto di svolta per le transazioni in criptovalute, bilanciando la necessità di sicurezza e trasparenza con le peculiarità di un settore nato per essere libero da intermediari.
Per i VASP, adeguarsi è una questione di sopravvivenza; per gli utenti, è invece una scelta tra convenienza e anonimato. Una cosa è certa: il dialogo tra regolatori e innovatori sarà sempre più cruciale per definire il futuro di questo ecosistema in continua evoluzione, e andrà a definire regole, compromessi, prassi comuni e disciplinari in grado di accontentare tutti sulla base di una trasformazione globale che non può assolutamente essere fermata. Parliamo della rivoluzione sottesa dalla blockchain e da tutte le sue applicazioni sia tecniche che finanziarie.
Filippo Albertin