Treasury, il fondo di Polkadot spiegato facile. Stiamo parlando di una delle implementazioni più complesse e articolate dell’ecosistema a base DOT, ma anche più rilevanti nello scenario attuale del mondo blockchain, che però può essere ricondotto a concetti di base piuttosto comprensibili.
Come funziona Treasury di Polkadot?
Su che meccanismi si basa il modello funzionale di ciò che chiamiamo Treasury? Da un punto di vista neppure tanto metaforico, si tratta di un vero e proprio ecosistema che funziona come una sorta di nazione, in cui determinati introiti “comuni” sono, nel passaggio dal reale all’informatico, come ovvio gestiti da un sistema decentralizzato e mediato da smart contract.
Il tesoro di Polkadot, nello specifico, funziona proprio come una fonte di finanziamento per la community, ed è effettivamente quello che nel mondo reale si definirebbe un fondo comune, destinato a reinvestimento e attività particolari per far crescere tanto la community quanto il progetto in sé.
Nel caso di Polkadot, i DOT nel tesoro provengono naturalmente dalla rete, con una sorta di sistema che individua vari “capitoli interni di bilancio” che sia dal lato “difetto” che sul piano del funzionamento standard a regime del protocollo producono una sequenza costante di micro-guadagni che si accumulano, rendendosi disponibili successivamente. Parliamo di eventi che vanno dallo slashing alla banale fee di transazione, fino a commissioni su configurazioni di staking non ottimali che contribuiscono al tesoro.
I fondi detenuti nel tesoro possono essere spesi facendo una proposta di spesa, la cui supervisione è peraltro progressivamente passata da sistemi iniziali più blandamente centralizzati a processi del tutto affidati all’automatismo di consenso del protocollo in sé.
Come viene finanziato il tesoro?
Più analiticamente, da dove derivano i fondi del tesoro? Esistono specifici campi che l’ecosistema include nelle fonti di finanziamento, e che tratta in modalità diverse, ma tutte concorrenti a nutrire questo fondo.
Slashing e Treasury
La prima fonte deriva, un po’ come accadrebbe per le multe nel mondo reale, da questa forma di sanzione che interviene in sede di funzionamento del Proof of Stake sul quale l’intera architettura poggia. Quando un validatore viene sanzionato (slashed) per qualsiasi motivo conforme alle regole del protocollo, l’importo sanzionato viene inviato al tesoro, peraltro con una mini-ricompensa che va all’entità (un altro validatore) che ha segnalato l’evento.
Commissioni di transazione e Treasury
Più comunemente e ovviamente, per inviare qualsiasi transazione alla rete tutti devono pagare una commissione. Questa commissione di transazione funge da incentivo per il validatore a puntare i propri token e convalidare le transazioni. Pertanto, per ogni blocco estratto e aggiunto alla catena, una volta inviata la porzione premio all’autore del blocco, una parte delle commissioni di transazione di ciascun blocco va al tesoro.
Inefficienza di staking e Treasury
Polkadot è un token con dato inflazionistico controllato. L’inflazione è progettata per essere del 10% nel primo anno, e il rapporto di staking ideale è fissato al 50%, ovvero metà di tutti i token dovrebbero essere bloccati nello staking.
Qualsiasi deviazione da questo rapporto farà sì che una quantità proporzionale dell’inflazione vada proprio al tesoro. In sostanza, se il 50% di tutti i token viene messo in staking, allora il 100% dell’inflazione va ai validator come ricompensa.
Da notare, sempre sulla scia della metafora proposta, come il sistema somigli molto a prassi di “fine tuning” applicate alle variabili macroeconomiche di una nazione, comprensiva di incentivi alle buone prassi.
Se la quantità di token messi in staking scende al di sotto del tasso ideale (50%), allora le ricompense di staking per i nominatori aumentano. Al contrario, se sale, le ricompense di staking diminuisiscono. Questo è il risultato del cambiamento nella percentuale di ricompense di staking che vanno al tesoro.
Parathread e Treasury
I parathread sono un’idea per consentire alle parachain di partecipare temporaneamente, blocco per blocco, alla sicurezza di Polkadot senza bisogno di affittare uno slot dedicato per parachain. Questo viene fatto condividendo economicamente la scarsa risorsa di uno slot parachain tra diverse risorse in competizione (parathread).
Le catene che altrimenti non sarebbero in grado di acquisire uno slot parachain completo o non lo trovano economicamente sensato, possono partecipare alla sicurezza condivisa di Polkadot, sebbene con una commissione associata per ogni blocco eseguito. Anche in questo caso una parte di questa offerta va al validatore che accetta il blocco e la restante parte va al tesoro.
Chi può ricevere finanziamenti dal tesoro?
Chiunque voglia contribuire attivamente allo sviluppo dell’ecosistema Polkadot può richiedere fondi dal tesoro creando una proposta. Le proposte possono riguardare la distribuzione dell’infrastruttura, le operazioni di sicurezza della rete, le disposizioni dell’ecosistema, lo sviluppo e miglioramento del software, ma anche le non meno importanti attività di marketing e gli eventi della comunità a scopo didattico, divulgativo e di sensibilizzazione.
Oltre ai finanziamenti proposti, il tesoro supporterà anche gli sforzi della comunità come la traduzione di documenti, la creazione di contenuti relativi a Polkadot, video educativi e il supporto generale alla comunità.
A titolo di puro esempio non esaustivo, le proposte possono consistere in:
- distribuzione e funzionamento continuo dell’infrastruttura; operazioni di sicurezza della rete (servizi di monitoraggio, audit continui e affini);
- disposizioni dell’ecosistema, ovvero, in linea col concetto cardine di interoperabilità, collaborazioni con reti amiche; attività di marketing, pubblicità, funzionalità a pagamento, partnership strategiche;
- eventi della comunità, cene, incontri, seminari, meeting, giornate di formazione e presentazione progetti;
- sviluppo del software, dei wallet, dell’integrazione tra wallet, e simili.
Il caso degli 87 milioni tra 2023 e 2024
Ha fatto abbastanza parlare di sé, con conseguenti critiche e allarmi da parte della relativa comunità, come ovvio dal lato token holder, la recente fuoriuscita dal novero della Treasury di una cifra piuttosto notevole di DOT — ben 87 milioni — per spese che sono state (dettaglio paradossalmente ancora più macroscopico, almeno a detta dei detrattori) devolute per una grossa percentuale al puro marketing.
In termini tradotti da crypto a dollari, l’aumento relativo alla suddetta voce di spesa è stato di oltre il 300%, ovvero da un’uscita di circa 7,7 milioni di dollari nel 2023 ad una di ben 37 milioni di dollari nella prima parte del 2024.
In seguito ad approfondimenti, interviste e richieste varie giunte da portatori di interessi e organi d’informazione economico-finanziaria specializzati in cryptosfera, si è evidenziata la destinazione specifica dei fondi: in sostanza, sponsorizzazioni tramite influencer, agenzie di marketing e testimonial (tra cui quelli all’internno di un prestigioso club sportivo), conferenze e meeting di presentazione progetti, tra cui la partecipazione al prestigioso Decoded (Cina), che da sola ha impiegato ben 560.000 dollari.
L’obiezione, prima di ottenere i dati di cui sopra, ha generato anche qualche spontaneo dubbio, tuttavia piuttosto ingiustificato per le ragioni che poco più avanti andremo a sintetizzare, circa una possibile “fuga di capitali” dovuta a istanze giunte a destinazione lungo la filiera dei filtri di governance con finalità malevole, o comunque equivoche e degne di approfondimento ex post.
Tuttavia l’intera questione, se letta come vedremo in modo lucido e soprattutto contestualizzato, lascia il tempo che trova sulla base di una considerazione di fondo: l’intera impalcatura della piattaforma di OpenGov non è sorta di colpo, ma ha impiegato parecchio tempo di gestazione e implementazione su più fasi, che necessariamente ha fagocitato risorse di mero sviluppo con una velocità che oggi non è più paragonabile a quella degli esordi.
Parallelamente, l’intero sistema che vede l’allocazione di risorse via Treasury attraverso il funzionamento del protocollo Polkadot si avvale di sistemi di filtraggio delle istanze “referendarie” tra i più raffinati e selettivi, che non solo prevedono passi successivi assolutamente costosi — per non dire improponibili — per qualunque istanza intenda presentare modifiche o decisioni avverse e malevole, ma anche nei confronti di quegli accadimenti al limite derivanti dal puro errore.
Oltre ai filtri delle cosiddette “origins”, cioè “categorie basiche di presentazione argomento referendario” che di per sé vengono incanalate in livelli di “pesatura” variabile a seconda dell’importanza e della pericolosità potenziale della proposta, non senza la previsione di una spesa anche ingente di DOT da parte del richiedente, sussiste infatti la possibilità di “riavvolgere il nastro” e di evitare anche in un secondo tempo i potenziali effetti negativi di una scelta erronea.
Queste opzioni sono interpretate da specifiche funzioni della governance, come per esempio la facoltà — sempre attraverso attivazione di procedura tramite origins — di cancellare un referendum (origin per referendum cancelling) in caso di sospetto o certezza di procedura erroneamente richiesta, oppure di annientarlo alla radice (origin per referendum killing) qualora sia più consistente o certa la fattispecie malevola.
La differenza è in termini di tempistica e di radicalità: il cancelling impiega tempi più brevi ed è una disattivazione della procedura senza particolari effetti retroattivi o sanzionatori, se non la cancellazione stessa col ripristino delle condizioni prereferendarie; il killing prevede un’eliminazione invece, come facilmente intuibile dal nome, più radicale, foriera di una sanzione in termini di spesa da parte del richiedente malevolo.
Tecnicismi a parte, queste procedure sono state sia pure sinteticamente descritte per ribadire due aspetti:
Il primo è che il dispendio di risorse in Treasury evidenziato dalla cronaca è assolutamente compatibile con la fase di odierno sviluppo e crescita prospettica dell’ecosistema Polkadot nella sua piattaforma OpenGov, che oggi ha banalmente più bisogno di promozione e diffusione che di ricerca e sviluppo.
l secondo ha a che fare con la probabilità quasi nulla di assistere a manomissioni del sopraccitato meccanismo, che risulta protetto da una miriade di ingranaggi algoritmici veramente ben studiati, che rendono errori e attacchi non solo più che sconvenienti, ma anche al limite reversibili senza conseguenze per l’ecosistema.
Ma non solo. L’incremento delle istanze orientate al cosiddetto outreach è per molti versi un’ulteriore conferma del fatto che il sistema viene considerato ormai estremamente maturo, e dunque molto più adatto per lanciare sul mercato sue proposte concrete a una vastissima gamma di utenti, sviluppatori, aziende, istituzioni, nonché grandi investitori. Da cui l’enorme investimento descritto.
Conclusioni
Alla luce di quanto detto sul sistema geniale ed efficiente con cui Polkadot si è ritagliata un primato nel campo delle soluzioni di governance decentralizzata, non è difficile prevedere per questo ecosistema un forte sviluppo applicativo, nonché un conseguente interesse da parte di sviluppatori e investitori.
Con le sue peculiarità connesse alla pervasiva filosofia di interoperabilità, a sua volta vivificata dalla possibilità di trattare dati anche non strettamente tokenizzati, ossia derivanti dalle più disparate fonti di dati “nude e crude” (raw), l’ecosistema a base DOT si pone come punto di riferimento e autentico gold standard per una miriade di potenziali applicativi.
Solo per citarne alcuni: dall’industria all’efficientamento del trading (si pensi ai titoli borsistici, agli indicatori di mercato e ai relativi indici), dalle telecomunicazioni ai meccanismi di automazione dei processi decisionali su base complessa, ivi compresi quelli che mettono in gioco l’interpolazione di dati potenzialmente filtrabile da protocolli di intelligenza artificiale (tutti quelli che abbiamo nominato, più i campi delle previsioni meteo, della previsione e gestione di fenomeni climatici o antropici di interesse collettivo), per non parlare delle ultime frontiere della robotica, del voto digitale, dei processi di riconoscimento e validazione, e via discorrendo.
Polkadot è dagli esordi stata definita come la più grande “autostrada agnostica di condivisione dati” del panorama blockchain e criptovalute, e le sue caratteristiche peculiari di scalabilità, interoperabilità e piena funzionalità in shared multichain, flessibilità e assenza — rispetto ai precedenti tentativi a vario titolo simili — di alcun hardfork per l’inclusione di aggiornamenti strutturali e novità, la rendono perfetta come ambiente in grado di accogliere e veicolare applicativi estremamente vari ed eterogenei, di cui abbiamo dato solo un rapido cenno.
Insomma, una tecnologia, quella orbitante attorno al grande progetto di base e alla piattaforma OpenGov, di cui parleremo sempre di più, descrivendo di volta in volta nuove conquiste e nuove innovazioni.
Filippo Albertin