Fondo Monetario Internazionale, cos’è e quando eroga prestiti agli stati membri

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Sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale i leader di 44 stati si riunirono nel 1944 a Bretton Woods, nel New Hampshire, sottoscrivendo un accordo che vide la nascita di due organismi ancora oggi esistenti: il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Al primo venne affidato il compito di presiedere alla stabilità finanziaria del mondo occidentale, al secondo di offrire sostegno agli stati più poveri del pianeta.

Fondo Monetario, cos’è e cosa fa

Del Fondo Monetario fanno parte oggi 190 Paesi e, secondo una legge non scritta, il suo direttore generale deve essere sempre un europeo, mentre il presidente della Banca Mondiale deve essere uno statunitense. L’accordo regge ancora oggi, sebbene sia stato oggetto di forti critiche da parte dei cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e alleati negli ultimi anni. In effetti, esso riflette l’ordine mondiale post-bellico con la divisione del pianeta in blocchi geopolitici ben definiti. Da un certo punto di vista appare superato dal tempo.

Cosa fa nel concreto il Fondo Monetario? Esso fornisce supporto ai governi per la gestione della politica economica secondo criteri improntati al libero mercato, alla crescita e alla stabilità. In casi particolare, funge anche da prestatore di ultima istanza. Questo è un compito che si è andato definendo con precisione negli ultimi 40 anni. Il primo “salvataggio” avvenne nel 1982 in favore del Messico, il quale rischia una crisi finanziaria destabilizzante anche per i vicini Stati Uniti. Sarebbe sbagliato, però, immaginare che l’istituto sia una sorta di banca per stati in difficoltà. Anzi, molti membri lo accusano del contrario, vale a dire di essere di scarso sostegno a chi ha bisogno.

Assistenza finanziaria condizionata

Vediamo nei dettagli come funziona. Può capitare che uno stato non sia più in grado di rifinanziarsi sui mercati, avendo perso la fiducia degli investitori. In questo caso, i costi di indebitamento esplodono fino a privare un governo dell’accesso ai capitali privati. A quel punto, anche prima che scatti formalmente la procedura di default, il soggetto in difficoltà può chiedere aiuto al Fondo Monetario. Questi esamina la situazione e può decidere di offrirglielo o meno. La decisione avviene in base a un criterio-guida: la sostenibilità del debito nel medio-lungo termine. L’istituto presta denaro a uno stato, a condizione di ritenere che possa essere restituito e che serva a rendere il debito sostenibile in maniera definitiva.

Per questa ragione il Fondo Monetario richiede al governo di sottoscrivere un accordo che ha ad oggetto cinque condizioni imprescindibili. Essi sono solitamente sempre gli stessi e possono essere riassunti nei seguenti punti:

  1. Politica fiscale restrittiva
  2. Politica monetaria restrittiva
  3. Svalutazione del cambio
  4. Liberalizzazione commerciale
  5. Liberalizzazione finanziaria

Queste condizioni sono definite dai detrattori “Washington Consensus”, letteralmente “il consenso di Washington”, sottintendendo che la vera guida del Fondo Monetario sia il governo americano. E questi, così come l’istituto, ha sede a Washington. In sostanza, l’erogazione dei prestiti avviene a patto di impegnarsi a ridurre il deficit pubblico, aumentando le entrate e/o tagliando la spesa pubblica. E’ richiesta di solito una stretta sui tassi di interesse per combattere l’inflazione, così come la svalutazione del cambio nel caso in cui questi sia fisso e si riveli sopravvalutato per i fondamentali macroeconomici. Inoltre, il governo deve impegnarsi ad aprire il proprio mercato sul piano commerciale e finanziario, così da abbattere le inefficienze in fase di produzione e di allocazione dei capitali, grazie rispettivamente alla concorrenza esterna e alla libera circolazione.

Critiche al menù di politica economica

L’idea di fondo è che questo “menù” di politica economica riesca a far attecchire lo sviluppo, fungendo da garanzia di solvibilità per il debito pubblico. Ma il Fondo Monetario richiede quasi sempre il previo coinvolgimento dei creditori privati nelle perdite. Non eroga il prestito fino a quando gli investitori in possesso dei titoli del debito o di altre forme di credito verso lo stato in crisi fiscale non accettino una rinegoziazione dei loro crediti. Per evitare che lo stato sotto assistenza finanziaria non adempia alle promesse dopo avere sottoscritto l’accordo, l’erogazione del prestito avviene a rate e sulla base di un cronoprogramma ben definito. Ciascuna di esse viene erogato solo dopo che gli impegni assunti per la rata precedente siano stati rispettati.

Le politiche del Fondo Monetario sono spesso criticate anche pesantemente, specie dalle opinioni pubbliche degli stati sottoposti alla sua assistenza. Molti ne criticano le conseguenze sociali e l’impatto negativo che hanno sulla stabilità politica, dato il malcontento a cui spingono, specialmente nel breve periodo. Tuttavia, non è possibile a priori sostenere che tali critiche siano corrette o meno. Esistono casi di successo, come nei casi degli stati dell’Europa dell’Est dopo la caduta del comunismo. Essi si sono riconvertiti all’economia di mercato e le loro economie hanno in alcuni casi quasi raggiunto il livello medio di benessere delle altre economie avanzate.

Il Fondo Monetario è intervenuto anche durante la pandemia con un sostegno generalizzato in favore degli stati membri. Ha aumentato il valore dei Diritti Speciali di Prelievo degli stati, al fine di consentire a quelli più vulnerabili da un punto di vista finanziario di ottenere risorse automaticamente senza neanche passare per la richiesta di aiuto. La misura ha funzionato parzialmente, offrendo ossigeno a molte piccole economie, ma non ha potuto evitare che alcuni debiti sovrani andassero in crisi, in particolar modo in Africa e in Asia.

Casi problematici

Ci sono stati casi, invece, vistosamente fallimentari. Il più grave è forse l’Argentina. Da oltre 70 anni è sottoposto quasi costantemente ai salvataggi del Fondo Monetario senza risultati apprezzabili. Anzi, il governo di Buenos Aires è arrivato a dichiarare nel 2020 il suo nono default della storia e terzo in meno di 20 anni. Più che accusare l’istituto di avere propinato ricette sbagliate, però, bisogna ammettere che è stato l’assistito a non averne seguito le indicazioni. Il creditore è responsabile, semmai, di essersi ostinato per un periodo di tempo immensamente lungo nel voler salvare ad ogni costo l’economia sudamericana. Solamente tra il 2018 e il 2019, questa ha ricevuto 44 miliardi di dollari, l’importo più elevato mai sborsato dall’ente attraverso un unico salvataggio.

Il Fondo Monetario è stato coinvolto dal 2010 nei salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo, facendo parte della cosiddetta Troika insieme all’Unione Europea e alla Banca Centrale Europea. Sul piano politico le critiche contro il suo operato furono feroci, soprattutto ad Atene. Bisogna ammettere, però, che la posizione dell’istituto sia stata molto più realistica degli altri creditori. Tanto per fare un esempio, esso avvertì i governi europei di non calcare troppo la mano nel richiedere avanzi primari eccessivi, perché considerati politicamente non sostenibili. Alcuni governi di economie emergenti ebbero da ridire, invece, sull’esborso di denaro in favore di economie relativamente ricche, quando le richieste di alcune tra le più povere non trovano in certi casi accoglimento. La sfiducia verso la governance globale ha portato nel tempo al successo delle crypto come asset alternativo su cui puntare per liberarsi dal giogo dei debiti sovrani e delle banche centrali.

Prestiti del Fondo Monetario con gli interessi

I prestiti erogati dal Fondo Monetario vanno restituiti sempre con gli interessi. Pur essendo fissati sotto i livelli di mercato, non sono neanche così bassi, al fine di allontanare il rischio di azzardo morale, che si avrebbe se un soggetto approfittasse delle condizioni di favore concesse in alternativa a quelle di mercato, comportandosi appositamente male per ottenerle. L’impatto che un salvataggio ha sui mercati è sempre stabilizzante. In molti casi, la sola voce di un negoziato tra le parti riduce i costi di emissione del debito e allevia le difficoltà finanziarie a breve di uno stato. La sottoscrizione di un memorandum d’intesa è a volte sufficiente ad evitare il default, che si ha quando uno stato non onora una o più scadenze. E’ il caso più grave, perché porta alla perdita dell’accesso al mercato dei capitali e ad una grave crisi di tipo sia finanziaria che economica, nonché sociale e politica.

 

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